GLI «STRACCETTI» DI ANITA E LO SPIRITO TRIESTINO
MIRABILIA
»Il Novecento è passato da Trieste in molti modi, facendo della città un centro pulsante, i cui raggi di luce – dall’editoria alla letteratura all’arte – si sono diffusi e arrivano fino a noi, e in molti modi, come un libro, tra i tanti, di Giampiero Mughini aveva ben colto, ripercorrendo i sentieri
(non solo quelli fisici) di Svevo, Slataper, Saba, Bazlen o Magris... E di molti altri personaggi, molto a torto considerati “minori” è punteggiata questa trama. Ed è parola non casuale, questa, per Anita Pittoni (1901-1982), la più «stramba» della compagnia, epperò la più dinamica e, per molti versi, singolare. Pittrice, scrittrice, fondatrice di case editrici (Zibaldone) ma, più di tutto, dotata di una spiccata propensione per la moda, la decorazione, gli oggetti d’arredo. «Un’artista tra futurismo, avanguardie e modernità», come recita il sottotitolo di questo ottimo volume omonimo, Anita Pittoni, di Rossella Cuffaro che impreziosisce la collana d’arte della Fondazione CRTrieste. Ovviamente una donna così poliedrica e geniale non poteva non finire sotto le lenti acute di Gio Ponti, che le diede spazio su «Domus» e ne valorizzò le creazioni. Abiti («gli straccetti», come li chiamò lei), tende, tessuti, pannelli, arazzi, disegni (sotto bozzetto per cuscino portapigiama, oggi alla Wolfsoniana): «la Pittoni» sfornava idee e oggetti di altissimo artigianato, cioè arte, come va ribadito. E se la sua avventura imprenditoriale subì i rovesci del destino (Dopoguerra in declino, morì sola e dimenticata per 20 anni), il suo esempio, la sua figura e il suo spirito (che coincide con quello della città, «atta agli eroi e ai suicidi, dannata come da una diffusa inquietudine interiore», vedi sopra), ci si staglia sempre di più come una vetta e un contributo notevole al nostro migliore Novecento. Ecco: chi non la conoscesse ancora, non perda altro tempo. Per farsi un’idea, il libro è sfogliabile sul sito della Fondazione. Ma su carta, vi assicuro, è tutta un’altra cosa.