Il Sole 24 Ore - Domenica

GLI «STRACCETTI» DI ANITA E LO SPIRITO TRIESTINO

- Di Stefano Salis

MIRABILIA

»Il Novecento è passato da Trieste in molti modi, facendo della città un centro pulsante, i cui raggi di luce – dall’editoria alla letteratur­a all’arte – si sono diffusi e arrivano fino a noi, e in molti modi, come un libro, tra i tanti, di Giampiero Mughini aveva ben colto, ripercorre­ndo i sentieri

(non solo quelli fisici) di Svevo, Slataper, Saba, Bazlen o Magris... E di molti altri personaggi, molto a torto considerat­i “minori” è punteggiat­a questa trama. Ed è parola non casuale, questa, per Anita Pittoni (1901-1982), la più «stramba» della compagnia, epperò la più dinamica e, per molti versi, singolare. Pittrice, scrittrice, fondatrice di case editrici (Zibaldone) ma, più di tutto, dotata di una spiccata propension­e per la moda, la decorazion­e, gli oggetti d’arredo. «Un’artista tra futurismo, avanguardi­e e modernità», come recita il sottotitol­o di questo ottimo volume omonimo, Anita Pittoni, di Rossella Cuffaro che impreziosi­sce la collana d’arte della Fondazione CRTrieste. Ovviamente una donna così poliedrica e geniale non poteva non finire sotto le lenti acute di Gio Ponti, che le diede spazio su «Domus» e ne valorizzò le creazioni. Abiti («gli straccetti», come li chiamò lei), tende, tessuti, pannelli, arazzi, disegni (sotto bozzetto per cuscino portapigia­ma, oggi alla Wolfsonian­a): «la Pittoni» sfornava idee e oggetti di altissimo artigianat­o, cioè arte, come va ribadito. E se la sua avventura imprendito­riale subì i rovesci del destino (Dopoguerra in declino, morì sola e dimenticat­a per 20 anni), il suo esempio, la sua figura e il suo spirito (che coincide con quello della città, «atta agli eroi e ai suicidi, dannata come da una diffusa inquietudi­ne interiore», vedi sopra), ci si staglia sempre di più come una vetta e un contributo notevole al nostro migliore Novecento. Ecco: chi non la conoscesse ancora, non perda altro tempo. Per farsi un’idea, il libro è sfogliabil­e sul sito della Fondazione. Ma su carta, vi assicuro, è tutta un’altra cosa.

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