A NAPOLI CERCANDO QUALUNQUE COSA GALLEGGI
LA PRIMA VOLTA
»Uvaspina è un’opera prima quasi perfetta. Nello stile, nell’intreccio narrativo, nell’incidente drammatico, nelle descrizioni che fanno vedere le cose attraverso immagini sempre nitide. È una storia dal taglio autenticamente realista che può essere scritta solo da chi ha visto certi vicoli, respirato certi odori, vissuto da testimone una città, Napoli, che sembra non cambiare mai nella sua essenza e che al pari di Minuccia, Uvaspina, la Spaiata, Pasquale Riccio, è la vera protagonista di questa vicenda.
Forse, se non si è mai stati a certe latitudini, non la si può davvero capire fino in fondo la vicenda della famiglia Riccio. O forse sì, perché tutto assume un valore universale in questi protagonisti che a modo loro cercano di non soccombere alla vita, a se stessi, alle circostanze. Come Antonio, l’antieroe, che sembra il “povero e bello” di certe commedie all’italiana che negli anni Sessanta raccontavano il costume del Paese trasformandosi nell’epopea di chi si aggrappa a qualunque cosa galleggi per non annegare.
Alternando una prosa brillante a un lirismo autentico, Monica Acito ci regala un romanzo maturo che nella scrittura e nei chiaroscuri (anche autobiografici) sembra pasoliniano.
I protagonisti sono carichi di umanità e di quella cruda follia che appartiene ai vicoli, al mare, ad una città «che non conosce tempo», a personaggi che sembrano usciti dalle pagine di Verga o di Zola. È la storia di una famiglia dall’affettività sbilenca in cui l’unico davvero capace di slanci di umanità è il “diverso”, Uvaspina, che anche nelle pagine finali non tradisce se stesso. Carmine Riccio, per tutti, da sempre, Uvaspina, è l’unico che riesce ad amare autenticamente, senza contraddizioni, perché è il più coraggioso, il più paziente, il personaggio che cresce di più, perché pagina dopo pagina porta a compimento una complessità che fin dall’inizio lo rende il carattere con cui solidarizzare.
Non capita di imbattersi spesso in un’opera prima scritta così bene. Ma, questo, è anche uno dei pochi limiti di questo romanzo. Qualche pausa all’interno del vorace flusso narrativo non sarebbe stata sbagliata, perché anche le storie più avvincenti devono far “respirare” il lettore, lasciando spazio alle sue riflessioni su quanto sta avvenendo. Così come le troppe descrizioni a volte distraggono e non sempre aggiungono qualcosa al contesto e alla “veridicità” della storia che, però, è molto vicina alla lode.
Uvaspina
Monica Acito
Bompiani, pagg. 432, € 20