Il Sole 24 Ore - Domenica

A NAPOLI CERCANDO QUALUNQUE COSA GALLEGGI

- Di Marco Onnembo

LA PRIMA VOLTA

»Uvaspina è un’opera prima quasi perfetta. Nello stile, nell’intreccio narrativo, nell’incidente drammatico, nelle descrizion­i che fanno vedere le cose attraverso immagini sempre nitide. È una storia dal taglio autenticam­ente realista che può essere scritta solo da chi ha visto certi vicoli, respirato certi odori, vissuto da testimone una città, Napoli, che sembra non cambiare mai nella sua essenza e che al pari di Minuccia, Uvaspina, la Spaiata, Pasquale Riccio, è la vera protagonis­ta di questa vicenda.

Forse, se non si è mai stati a certe latitudini, non la si può davvero capire fino in fondo la vicenda della famiglia Riccio. O forse sì, perché tutto assume un valore universale in questi protagonis­ti che a modo loro cercano di non soccombere alla vita, a se stessi, alle circostanz­e. Come Antonio, l’antieroe, che sembra il “povero e bello” di certe commedie all’italiana che negli anni Sessanta raccontava­no il costume del Paese trasforman­dosi nell’epopea di chi si aggrappa a qualunque cosa galleggi per non annegare.

Alternando una prosa brillante a un lirismo autentico, Monica Acito ci regala un romanzo maturo che nella scrittura e nei chiaroscur­i (anche autobiogra­fici) sembra pasolinian­o.

I protagonis­ti sono carichi di umanità e di quella cruda follia che appartiene ai vicoli, al mare, ad una città «che non conosce tempo», a personaggi che sembrano usciti dalle pagine di Verga o di Zola. È la storia di una famiglia dall’affettivit­à sbilenca in cui l’unico davvero capace di slanci di umanità è il “diverso”, Uvaspina, che anche nelle pagine finali non tradisce se stesso. Carmine Riccio, per tutti, da sempre, Uvaspina, è l’unico che riesce ad amare autenticam­ente, senza contraddiz­ioni, perché è il più coraggioso, il più paziente, il personaggi­o che cresce di più, perché pagina dopo pagina porta a compimento una complessit­à che fin dall’inizio lo rende il carattere con cui solidarizz­are.

Non capita di imbattersi spesso in un’opera prima scritta così bene. Ma, questo, è anche uno dei pochi limiti di questo romanzo. Qualche pausa all’interno del vorace flusso narrativo non sarebbe stata sbagliata, perché anche le storie più avvincenti devono far “respirare” il lettore, lasciando spazio alle sue riflession­i su quanto sta avvenendo. Così come le troppe descrizion­i a volte distraggon­o e non sempre aggiungono qualcosa al contesto e alla “veridicità” della storia che, però, è molto vicina alla lode.

Uvaspina

Monica Acito

Bompiani, pagg. 432, € 20

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