UN BENESSERE ACCESO DAI LUMI
Nel Settecento Napoli, come Parigi, partecipò al dibattito europeo per la costruzione della modernità cambiando i modelli del vivere civile con un nuovo progetto di futuro per la collettività
Nel panorama plumbeo dell’attuale vita civile, discettare di «felicità pubblica» potrebbe apparire un’eresia. Eppure da quando Bob Kennedy ha ricordato che il prodotto interno lordo (Pil) non è uno strumento adeguato per misurare il benessere dell’umanità, la discussione sul tasso di «felicità interna lorda» (Fil), espressione coniata negli anni 1970 dal re del Butan, Jigme Singye Wangchuck, e la definizione dei suoi parametri (qualità dell’aria, salute dei cittadini, istruzione, ricchezza dei rapporti sociali) sono entrate nel dibattito politico ed economico, coinvolgendo economisti come Joseph Stiglitz, Amartya Sen e JeanPaul Fitoussi.
Si moltiplicano oggi i tentativi per misurare la «felicità pubblica», anche grazie all’impegno di Papa Francesco che lo scorso 25 settembre ad Assisi ha chiuso il raduno giovanile Economia di Francesco sostenendo che bisogna «mettere in discussione il modello di sviluppo», per superare «il paradigma economico del Novecento» che ha «depredato le risorse naturali e la terra».
Alle origini della rinnovata ricerca di un benessere pubblico si trova una storia italiana, meglio napoletana. Nella seconda metà del Settecento Napoli condivise con la Parigi illuministica «la rivalutazione di un pensiero filosofico dell’utile civile, il pensiero proprio di una filosofia che sia, come afferma Genovesi nel Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze, (1753), «tutta cose», concretamente all’opera in vista della felicità del genere umano e della giustizia sociale», scrive Paolo Quintili. Nel volume Napoli capitale dei Lumi Quintili descrive le affinità elettive tra Parigi e Napoli soffermandosi sul «trio filosofico napoletano» composto da Antonio Genovesi, Ferdinando Galiani e Denis Diderot. Tanto l’abate Galiani era parigino, ambasciatore del Regno di Napoli nella capitale francese e autore dei Dialoghi sul commercio dei grani, pubblicati nel 1769 in francese, quanto Diderot era vicino alla Napoli di Galiani e di Genovesi, come dimostra il dibattito fra Diderot e Galiani, che ispirò direttamente le idee politiche ed economiche dei philosophes, fornendo argomenti non marginali per le scelte politiche assunte nel 1789 dall’Assemblea costituente francese.
A Napoli fu affrontato per la prima volta il tema della «felicità pubblica» con l’abate Genovesi, che si pose – soprattutto nelle sue Lezioni di commercio o sia di economia civile (1765) – il problema della diffusione nella società civile della «pubblica felicità», intesa come condivisione con tutti del proprio benessere. In una lettera, Genovesi scriveva: «sto ora a far imprimere le mie Lezioni di commercio in due tometti. Raccomando l’opera alla Divina Provvidenza. Io sono oramai vecchio, né spero o pretendo nulla più dalla terra. Il mio fine sarebbe di vedere se potessi lasciare i miei Italiani un poco più illuminati che non gli ho trovati venendovi, e anche un poco meglio affetti alla virtù, la quale sola può essere la vera madre d’ogni bene. È inutile di pensare ad arte, commercio, a governo, se non si pensa di riformar la morale. Finché gli uomini troveranno il lor conto ad essere birbi, non bisogna aspettar gran cosa dalle fatiche metodiche». A Napoli sorse nel 1750 la prima cattedra di economia politica (originariamente denominata di «commercio e meccanica»), affidata a Genovesi, che pose con forza la questione «morale», senza la quale non si può «pensare ad arte, commercio, a governo».
Antonio Coratti, Dionysis Dronos, Quintili, Valentina Sperotto e il curatore Antonio Cecere, disegnano il quadro di una Napoli illuminista, che, al passo con Parigi,
Londra ed Edimburgo, si interroga sulle condizioni economiche, sociali e politiche che configurino lo spazio civile della modernità. A Napoli si traggono i migliori frutti dell’insegnamento di Giambattista Vico, che nella Scienza Nuova aveva trasformato la fisica sperimentale di Francis Bacon in una philosophia civilior, estendendone il progetto «all’universo delle città e alla scorsa di tutti i tempi», come dimostra Coratti nel suo contributo.
Sul tema dell’economia civile si misura anche l’originalità del pensiero di Genovesi nel contesto europeo, tra Locke, Hume, Montesquieu e Rousseau. Genovesi – lo mostra Valentina Sperotto – è convinto che «la misura del progresso» sia fornita «dall’evoluzione culturale e dal miglioramento economico della società nel suo complesso, non solo di un’élite» e che di conseguenza risultino centrali «le virtù civili», «fiducia, mutuo vantaggio, felicità, legate al commercio quale elemento di soluzione del potenziale conflitto tra interessi collettivi e interessi degli individui».
Un illuminismo, quello napoletano, che ebbe anche – lo scrive Drosos – efficaci irradiamenti nella cultura greca e nel mondo ortodosso, come avviene per il saggio Della moneta (1750) di Galiani. Ma che soprattutto si inserisce a pieno titolo nella discussione e nella lotta politica risorgimentale con il «paradigma repubblicano» di Mario Pagano, depositato nel Progetto di Costituzione della Repubblica (proposto in appendice), elaborato nei cinque mesi e venti giorni della Repubblica Napoletana e perito insieme al suo autore, che salì il patibolo il 29 ottobre in piazza del Carmine.
Pur nella precarietà del momento, «Pagano aveva concepito una filosofia politica tagliata sopra le osservazioni delle necessità reali del popolo meridionale», un paradigma che rimane «materiale essenziale per una riflessione ancora valida per l’eterna Repubblica delle lettere», come aveva già visto Antonio Gramsci, che considerò i filosofi napoletani «realisti alla Machiavelli» e promotori di un progetto di riforma radicale nello spirito della morale e dei princìpi della felicità del popolo, che presenta un grande rilievo nella prospettiva di «una nuova e solidaristica capacità di sfidare il capitalismo oggi imperante».
L’aspirazione a una «felicità pubblica» convalida ancora oggi il motto aristotelico secondo il quale «nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, anche se fosse provvisto in abbondanza di tutti gli altri beni».
ANTONIO GENOVESI FU IL PRIMO AD AFFRONTARE IL TEMA DELLA DIFFUSIONE DI UNA PUBBLICA FELICITà
Napoli capitale dei lumi. Scienza, economia e politica A cura di Antonio Cecere Castelvecchi, pagg. 200, € 22