LO «SPIRITO» DI EISNER CHE ARRIVA FINO A NOI
MIRABILIA
»Si sa che Sua Onniscienza Umberto Eco amava molto, e a ragione, Milton Caniff (1907-88). Gli ha dedicato saggi, studi e ritorni. Ha individuato, nelle sue tavole, nelle sue storie, la nascita di un linguaggio autonomo, quello dei comics, e i vessilli di un americanismo culturale mai più tradito. Nell’Olimpo dei fumettisti sono poche le divinità che dialogano alla pari e ci guardano dall’alto. Con Caniff, certamente Kirby e Will Eisner (1917-2005). Per quest’ultimo, Eco si scomodò per un denso saggio preposto al di lui Complotto, dove inquadrava la vicenda culturale di un falso come quello dei Protocolli di Sion. Eisner è ora il protagonista di una mostra molto bella (peccato però l’allestimento lasco, diciamo così, con i cartelli appiccicati male) al meritorio Paff di Pordenone fino a fine febbraio, ma con probabile proroga: sono 180 opere originali, dalle tavole di «The Spirit» ai capolavori della maturità (uno per tutti: Contratto con Dio). Le tavole e le sequenze («arte sequenziale» arriverà a definire Eisner il suo operato) viste finalmente da vicino nella loro materialità primordiale, segni, cancellature, neri, destano meraviglia. Chine e matite e colori di precisione stentorea, una dinamicità e un cambio di registri narrativi strepitosi, una maestria del tratto che avrà mille imitatori (avete mai visto Alan Ford? Ecco, ora sapete da dove viene, dritto dritto). E non solo nel fumetto: vedi Eisner e capisci perché Orson Welles lo ammirava e ne trasse ispirazione. Atmosfere, slang, personaggi, risate e durezze della vita: in «The Spirit» (Eisner fu costretto dell’editore a mettere al suo “supereroe” una mascherina, che disegnò appositamente ridicola, come si vede sotto) c’è la nascita di un mondo nuovo. Il fumetto, e poi la graphic novel (sempre copyright di Eisner), rivoluzionarono lo scenario culturale del Novecento. E grazie a loro (e a Eco) abbiamo imparato a non vergognarci di amarli. O, quanto meno, a capire la loro innegabile grandezza.