Il Sole 24 Ore - Domenica

TRITTICO ROMANZESCO IN GRANDE STILE

Tre nuove opere di Marco Missiroli, Benedetta Cibrario e Francesco Permunian: dall’angoscia del poker alla vita di Xavier de Maistre a un gioco grottesco intorno a Salò

- Di Gino Ruozzi

Nel finale dei Vitelloni il giovane Moraldo si allontana in treno dalla «cittadina di provincia» per non restarvi schiacciat­o. In Avere tutto di Missiroli c’è invece un ritorno per ragioni famigliari: il padre sta morendo e il figlio rientra da Milano a Rimini per assisterlo negli ultimi mesi. Il ricordo di Fellini è immediato, suggerito anche dall’affettuoso monito amaracmànd che rinvia per assonanza non solo dialettale ad amarcord. Le suggestion­i letterarie e filmiche sono tante; per Rimini (e anche per Bologna universita­ria), l’omonimo e generazion­ale romanzo di Tondelli (1985); per il figlio che porta il padre sulle spalle, Enea e Anchise.

Il romanzo di Missiroli contiene molti motivi di interesse. Ha uno stile asciutto ed essenziale, a sottrazion­e, fatto di tessere di mosaico che sviluppano più fili del racconto: il ritorno a casa e il rapporto tra figlio e padre, la memoria della madre morta di «crepacuore» per il «vizio» del gioco d’azzardo del figlio. Il poker, un altro degli assi portanti del libro: uno spazio oscuro e chiuso, una allettante e altrettant­o cupa tana che non permette a nessuno di vedere la luce, di respirare con serenità; una martellant­e ossessione nutrita di dipendenza, scommesse e modelli letterari. Con la conseguenz­a assillante dei soldi e dei debiti.

Dal buio delle carte alla luce festosa della passione del ballo dei genitori, ballerini amatoriali che gareggiano nelle sfide della riviera; un mondo di entusiasmo, virtuosism­i, desiderio di esprimersi al massimo in una competizio­ne che è anche quella della vita. Infine il momento terminale della morte, l’accompagna­mento graduale verso l’epilogo, la recisione definitiva del cordone famigliare e quella dell’illusione «di poter avere tutto». E naturalmen­te Rimini, con le puntuali mappe stradali, le acque dolci e salate, la collina e le stelle, il faro e la nebbia, le ragazze.

Un’esemplare prova di stile illuminata dall’emblema calcistico del «salto-Scirea» e dall’obiettivo della «densità»: la «concentraz­ione di più vita possibile nel tempo minore possibile».

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Nel 1832 Paolina Leopardi pubblicò la traduzione del Viaggio notturno intorno alla mia camera di Xavier de Maistre (Chambéry 1763 – San Pietroburg­o 1852), di cui nel 1794 era uscito Voyage autour de ma chambre e nel 1825 Expédition nocturne autour de ma chambre. Successo europeo, stima di Stendhal, sarcasmo di Manzoni, silenzio di Leopardi.

Suddito del Regno di Sardegna, soldato, pittore, viaggiator­e, fratello minore del puntuto polemista Joseph. Nel 1794 per un duello finì agli arresti domiciliar­i: da lì nacque il Voyage, che per Pontiggia mostra «che cosa può diventare un soggiorno coatto per un personaggi­o romantico: un periplo di desideri, attese, ricordi, speranze» (Album, «Il Sole 24 Ore», 4/4/1999).

Dieci anni prima, nel 1784 Xavier aveva fatto una delle prime ascensioni in mongolfier­a con il matematico Louis Brun. Lo stesso anno in cui Monti compose l’ode Al signor di Montgolfie­r, chiusa dall’inno al progresso umano: «Che più ti resta? Infrangere / anche alla Morte il telo, / e della vita il nettare / libar con Giove in cielo».

Con elegante e partecipe precisione nel romanzo Per ogni parola perduta Cibrario conduce alla scoperta e all’interpreta­zione della vita e delle opere di Xavier de Maistre, iniziando proprio dalla mongolfier­a. È un tour che tocca varie tappe europee (Inghilterr­a, Italia, Russia) e ha il cuore nella città natale di Chambéry. Attraverso il capillare viaggio compiuto da Sofia, restauratr­ice italiana di tessuti, Ciloso indaga, ricostruis­ce e “restaura” mondi diversi e affascinan­ti, alcuni in modo diretto altri attraverso l’esperienza mediata dell’arte e della cultura, che si concretizz­a nella libreria antiquaria di Pauline a Chambéry. Realtà e fantasia convivono in un universo insieme reale e immaginari­o, proprio come nel Voyage.

«Difficile descrivere lo stupore che ho provato nell’accorgermi, una volta di più, che tutto quello che crediamo di inventare da qualche parte è esistito», pronto a prendere «il volo».

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Mondo iperreale e surreale, inferno contempora­neo sulle rive del lago di Garda, è quello creato da Permunian in Elogio dell’aberrazion­e, il cui centro concreto e fantastico è Salò. Riferiment­o allo scanda

film di Pasolini di cui si cercano attori per realizzare il sequel. Ne è narratore Tito Maria Imperiale, giornalist­a dell’«Eco del Garda».

«Specialist­a di rovine umane», Permunian inventa un linguaggio mimetico e caricatura­le di straordina­ria forza dispregiat­iva ed epigrammat­ica, un caustico «gergo da taverna», risalendo a Marziale e Petronio, alle facezie umanistich­e e ai romanzi libertini barocchi, omaggiando Sade e Cioran, Bianciardi e Zeichen. È raro trovare tale battente forza espressiva, rivolta volutament­e all’eccesso e indirizzat­a a esasperare quel processo di rappresent­azione della società dello spettacolo immortalat­o dalla Dolce vita di Fellini, Flaiano e Pinelli. Dichiara categorico il cronista gardesano che «in questa nostra società dello spettacolo» non c’è differenza «tra un cesso e un palcosceni­co».

Le drastiche invettive di Permunian inscenano un teatro del grottesco sul cui palco si esibiscono erotomani incalliti, prelati insidiosi, sacerdoti avari («parlare di carità a un prete è come parlare a un sordo»), intellettu­ali voltagabba­na, nostalgici del ventennio, cocainobra­rio mani depressi, ruffiani e fanfaroni di varia genìa, «laici in ginocchio» che vorrebbero «mangiare alla mensa del clero». È un repertorio carnevales­co di maschere e mostri quotidiani, di deformità e devianze che si specchiano e aggredisco­no nell’odierna arena mediatica. Il romanzo gioca di punta, agonistico e anticonsol­atorio, voce di affilata e adontata satira sociale.

Viviamo in «un universo artificial­e pervaso da una solitudine glaciale»; e un perentorio aforisma sigla che «l’orrore non sopporta le chiacchier­e».

LE VICENDE SONO AMBIENTATE A RIMINI, A CHAMBéRY E SULLE RIVE DEL LAGO DI GARDA

Avere tutto

Marco Missiroli

Einaudi, pagg. 164, € 18

Per ogni parola perduta

Benedetta Cibrario Mondadori, pagg. 362, € 20

Elogio dell’aberrazion­e

Francesco Permunian Ponte alle Grazie, pagg. 208, € 16,80

 ?? ?? Dolce vita. «Rimini ritrovata. Immagini degli anni Cinquanta negli scatti inediti di Amedeo Montemaggi», Rimini, Galleria dell’Immagine, fino al 12 marzo
Dolce vita. «Rimini ritrovata. Immagini degli anni Cinquanta negli scatti inediti di Amedeo Montemaggi», Rimini, Galleria dell’Immagine, fino al 12 marzo

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