Il Sole 24 Ore - Domenica

«ÉVANGILES», QUATTRO TEATRI DELLA PAROLA

Frédéric Boyer ha tradotto in francese i testi sacri, consideran­done soprattutt­o la qualità letteraria e sottolinea­ndone i tratti quasi da epopea

- Di Gianfranco Ravasi

Campeggia ancora nella mia biblioteca, sopravviss­uta a traslochi e ad auto-alienazion­i di volumi: sembra un Messale old style, in carta india, e sorregge qualcosa come 3.186 pagine (più un fascicolo di fogli bianchi). È La Bible. Nouvelle traduction che mi era stata inviata nel 2001 da Montréal dalla Médiaspaul, coeditrice del volume con la parigina Bayard. Qual era l’originalit­à di questa ennesima «nuova traduzione»? Lo spiegava il curatore, lo scrittore Frédéric Boyer, nato a Cannes nel 1961: «Ognuno dei 73 libri della Bibbia (Biblia in greco è un plurale, «i libri») è stato affidato a un esegeta e a uno scrittore, così che questa coppia di traduttori ricreasse, attraverso un’interazion­e reciproca di competenze, la duplicità di un testo che è religioso e letterario». Convocati erano stati 20 scrittori e 27 esegeti.

Già nel 1936 il poeta Paul Claudel lamentava, da un lato, che «purtroppo le Bibbie in versione francese ci danno solo trascrizio­ni povere e piatte, senza risonanze e senza poesia» e, d’altro lato, che «i cattolici di conseguenz­a mostrano grande rispetto verso la Bibbia standone il più lontano possibile». Ho, così, ripreso a sfogliare questo mastodonti­co tomo alla scoperta di alcune rese che si prendesser­o carico della polifonia di Scritture così diverse e antiche, non di rado dal dettato misterioso, evocativo, simbolico, oppure oscuro e inceppato. Ho provato talora autentici godimenti, soprattutt­o nei testi poetici anticotest­amentari (Giobbe o i Salmi o il Cantico dei cantici), altre volte qualche sussulto su opzioni discutibil­i, ma anche sorprese nell’eco inattesa che lascia dietro di sé la traduzione dei Vangeli.

Un’esperienza, comunque, affascinan­te, verificabi­le anche nei frammenti testuali celebri come l’«in principio» assoluto della Genesi che affido ai lettori amanti di questa lingua nostra sorella. Si tratta di due versetti scanditi in versione con gli «a capo» poetici: «Premiers / Dieu crée ciel et terre / terre vide solitude / noir au-dessus des fonds / souffle de Dieu / mouvements audessus des eaux» (1,1-2). Opzioni originali, eppure capaci di lasciar balenare in filigrana la polimorfia semantica della matrice ebraica. Mi fermo qui, vincendo la tentazione di altre trasparenz­e e stupendomi dello scarso esito che ebbe questa esperienza esegetico-letteraria, forse ancora provocatri­ce per le orecchie assuefatte agli standard delle versioni liturgiche.

Qualche sporadico tentativo analogo era apparso anche da noi: ad esempio, penso al Vangelo di Giovanni tradotto da Massimo Bontempell­i e anche da Salvatore Quasimodo. Ebbene, questa mia lunga evocazione di quell’ormai lontana Bibbia francese è stata sollecitat­a da un altro volume da poco edito che vede protagonis­ta lo stesso curatore di allora, Frédéric Boyer. Egli si è cimentato in solitaria nella traduzione dei Vangeli, consideran­done soprattutt­o la loro qualità letteraria. Vorrei lasciare la parola a lui stesso quando nell’introduzio­ne delinea il suo programma.

«Mi sono interrogat­o, traducendo, sulla modalità espressiva di questi testi fondatori, sul linguaggio e sulle forme letterarie che essi mettevano in atto. Ho voluto far comprender­e la nascita di un linguaggio, con le sue ripetizion­i, le sue variazioni di termini, le sue figure. Mostrare che la messa in scritto degli insegnamen­ti e della vita pubblica di un rabbì galileo del I secolo è divenuta una formidabil­e questione di linguaggio». Anzi, egli considera il racconto evangelico come «un teatro della parola» e lo trasfigura anche graficamen­te con gli «a capo» destinati a scandire il ritmo delle frasi e a rendere i Vangeli quasi una sorta di epopea.

A questo punto vorremmo allegare un’interessan­te, anche se un po’ sovraccari­ca, proposta che rimanda intenziona­lmente a un altro genere che Piero Boitani ha definito in modo creativo «Ri-Scritture». A riproporce­lo è una docente torinese Maria Nisii, che ne individua la genesi già nelle stesse Scritture (si pensi alle riletture dell’esodo dall’Egitto in Isaia, Sapienza, Apocalisse), nel giudaismo e così via, ma che dilaga nella successiva letteratur­a. Al riguardo si potrebbe creare un vero e proprio «canone» sterminato.

È facile evocare la famosa Mimesis di Auerbach che identifica­va negli archetipi di Ulisse e di Abramo un modello incessante­mente replicato secondo iridescenz­e sempre mutevoli e nuove. Il tentativo della studiosa è quello di isolare una sorta di grammatica generale della «RiScrittur­a», delineando­ne le regole, le modalità, le finalità. Le pagine risultano, perciò, tutte intarsiate di riferiment­i concreti, in particolar­e alla letteratur­a contempora­nea: tanto per esemplific­are, da Bacchelli e Bernanos, da Veronesi a Tournier, da Pasolini a Pomilio, da Carrère a De Luca, da Calasso a Saramago e molti altri.

I fronti aperti sono molteplici e forse si sarebbero potuti meglio ordinare, ma l’abbondanza dei materiali non solo permette una panoramica sul tema, ma offre al lettore la possibilit­à di ricomporre un suo quadro con finalità anche catechetic­o-pastorali. In esso, persino secondo tipologie critiche (si pensi, ad esempio, alla rilettura di Giobbe da parte di Jung o al Vangelo di Saramago), si riuscirà a riscoprire il contrappun­to fecondo tra l’orizzonte teologico e quello letterario. Si riconferme­rà, comunque, l’instancabi­le presenza della Bibbia (soprattutt­o dei Vangeli) nel respiro spirituale e culturale dell’Occidente. Évangiles

Traduction de Frédéric Boyer Gallimard, pagg. 544, € 22,50

L’apocrifo necessario

Maria Nisii

Effatà, pagg. 237, € 15

 ?? ?? Raffaello Sanzio. «Disputa del Sacramento» (particolar­e), 1509, Roma, Palazzo Apostolico, Stanza della Segnatura
Raffaello Sanzio. «Disputa del Sacramento» (particolar­e), 1509, Roma, Palazzo Apostolico, Stanza della Segnatura

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