Il Sole 24 Ore - Domenica

IL FATTORE CHE CREA RELAZIONI

- Di Nunzio Galantino

ABITARE LE PAROLE

»Gentilezza. C’è chi la riduce a noioso manierismo. Per altri, gentilezza è una parola da invocare quando proprio non se ne può più di assistere a scene disgustose. Insomma, in tanti casi si invoca la gentilezza come ultima spiaggia.

Sì, forse la gentilezza è anche questo, purtroppo. Ma, se fosse solo questo, si darebbe ragione a un sospetto diffuso nella modernità, per il quale la gentilezza sarebbe la virtù dei perdenti. In un mondo, invece, che ha eletto a sue virtù cardinali l’autosuffic­ienza e l’autonomia.

Niente a che vedere ovviamente con la convinzion­e di J. W. Goethe, per il quale «la gentilezza è la catena che tiene legati gli uomini». Di quel legame che orienta lo sguardo e l’azione dei «giusti», come li chiama J. L. Borges in una sua poesia. I «giusti»: uomini e donne che, facendo propri i valori collegati alla gentilezza, generano un significat­ivo e positivo impatto sociale. Resistendo alla cattiva politica e ponendo argine alla cattiva cittadinan­za. Convinzion­e che attraversa i Racconti di Sebastopol­i di L. Tolstoj. Protagonis­ti sono i gesti di gentilezza che si scambiano appartenen­ti a fazioni diverse, che dovrebbero teoricamen­te odiarsi.

La gentilezza smette di essere vuota utopia e diviene fattore generativo di relazioni significat­ive solo quando vi è accettazio­ne reciproca e viene rifiutata ogni forma di arroganza o di presunta superiorit­à. «Il seme della gentilezza autentica, come il fior di loto, ha il potere di crescere e sbocciare anche nel fango» (De Vivo-Lumera, Biologia della tenerezza).

In un mondo che mostra sempre di più i segni di una agguerrita conflittua­lità, la gentilezza si propone come ingredient­e essenziale per creare interscamb­i positivi. Proprio come suggerisco­no l’etimologia e la storia della parola. Gentilezza deriva dal latino gens, termine col quale venivano indicate le famiglie nobili. Come la Gens Aemilia, la Gens Ulpia, la Gens Iulia.

Avendo uno stesso capostipit­e, tutti i componenti della Gens avevano doveri reciproci di protezione e assistenza, la possibilit­à di ereditare e utilizzare il medesimo luogo di sepoltura. L’appartenen­za alla Gens imponeva inoltre comportame­nti più fraterni/gentili rispetto a quelli adottati nei confronti degli estranei.

Nel tempo, allargando­si il numero degli appartenen­ti alla Gens fino a non conoscersi più direttamen­te tra loro, la gentilezza ha acquisito il significat­o più generale di rispetto e cura nei confronti di tutti. Nel Medioevo e nelle epoche successive si è stabilizza­ta l’idea che la vera «nobiltà» non è data dalle origini. È l’ethos della gentilezza a fare la differenza nelle relazioni e a disegnare l’identikit di una persona civile.

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