BELLEZZA E GUSTO AL TEMPO BRULICANTE DEI LUMI
Non si rivolge in prima battuta agli specialisti l’agile volumetto che Paolo Gozza, già docente di Filosofia ed estetica musicale all’Università di Bologna, dedica al discorso sulla musica nel Settecento. Lo testimoniano le prime due (e più avvincenti) sezioni delle tre in cui Musica e sensibilità è organizzato. L’autore vi prende per mano il lettore introducendolo nel meraviglioso mondo musicale del secolo dei Lumi. Un paesaggio sonoro in cui il pubblico è agente attivo nella costruzione del gusto, mentre a nessuno sfuggiva il nesso tra benessere collettivo e qualità della musica: quella che si ascoltava all’opera, individuata sin dal Seicento francese come scuola di moralità per popolo e sovrani, ma anche in chiesa, tanto pervasiva da incidere potentemente sul gusto stesso.
Per rinnovare a ragion veduta il discorso sull’estetica musicale del Settecento, Gozza ripercorre dapprima i sentieri d’una pratica che in Italia aveva prodotto la musica «più delicata e raffinata» di tutta Europa, come notava Charles Burney nel 1770. Ci s’imbatte così nell’appuntamento imperdibile dei bolognesi con l’opera fuori porta; nella cioccolata presa da Dittersdorf con Gluck e l’anziano padre Martini; nello spettacolo inconsueto ed eccitante dell’orchestra tutta al femminile che si esibisce all’Ospedale dei Mendicanti; nel sacrificio (oggi ahimè improbabile) che Burney compie di gran parte del pranzo offertogli dall’aristocrazia milanese per precipitarsi ad ascoltare un mottetto cantato da una monaca nel convento della Maddalena. Su questo sfondo brulicante, in cui risulta decisamente minoritario, ancorché memorabile, l’ammonimento del retrivo conte di Chesterfield al figlio («Poche cose mi mortificherebbero di più dal vederti prender parte a un concerto, con un violino sotto il mento o un flauto in bocca»), prende forma un discorso rivoluzionario per cui soggetto dell’estetica diventa l’io «nella propria sensibilità, calato nell’esperienza della musica e delle arti, dei piaceri e delle emozioni che le arti e la musica donano». S’intrecciano nel definire la nuova frontiera del pensiero estetico il ruolo del giornalismo musicale e quello dell’opera, «il maggiore sforzo delle belle arti congiunte», le voci di Brossard, autore del primo lessico musicale, il già citato Burney, Rameau, artista-filosofo, Montesquieu e Diderot, fino allo snodo cruciale del Dizionario di Rousseau, interprete perfetto della «filosofia del soggetto moderno, portatore dei valori individuali della sensibilità». Emerge dal dibattito il concetto supremo di gusto, inteso, contro qualsiasi relativismo, come somma di conoscenze e sentimento. Perché la bellezza in musica è proporzione e profonda unitarietà.
Musica e sensibilità. L’estetica musicale del Settecento
Paolo Gozza
Accademia University Press, pagg. 200, € 16