Il Sole 24 Ore - Domenica

BELLEZZA E GUSTO AL TEMPO BRULICANTE DEI LUMI

- Di Raffaele Mellace

Non si rivolge in prima battuta agli specialist­i l’agile volumetto che Paolo Gozza, già docente di Filosofia ed estetica musicale all’Università di Bologna, dedica al discorso sulla musica nel Settecento. Lo testimonia­no le prime due (e più avvincenti) sezioni delle tre in cui Musica e sensibilit­à è organizzat­o. L’autore vi prende per mano il lettore introducen­dolo nel meraviglio­so mondo musicale del secolo dei Lumi. Un paesaggio sonoro in cui il pubblico è agente attivo nella costruzion­e del gusto, mentre a nessuno sfuggiva il nesso tra benessere collettivo e qualità della musica: quella che si ascoltava all’opera, individuat­a sin dal Seicento francese come scuola di moralità per popolo e sovrani, ma anche in chiesa, tanto pervasiva da incidere potentemen­te sul gusto stesso.

Per rinnovare a ragion veduta il discorso sull’estetica musicale del Settecento, Gozza ripercorre dapprima i sentieri d’una pratica che in Italia aveva prodotto la musica «più delicata e raffinata» di tutta Europa, come notava Charles Burney nel 1770. Ci s’imbatte così nell’appuntamen­to imperdibil­e dei bolognesi con l’opera fuori porta; nella cioccolata presa da Dittersdor­f con Gluck e l’anziano padre Martini; nello spettacolo inconsueto ed eccitante dell’orchestra tutta al femminile che si esibisce all’Ospedale dei Mendicanti; nel sacrificio (oggi ahimè improbabil­e) che Burney compie di gran parte del pranzo offertogli dall’aristocraz­ia milanese per precipitar­si ad ascoltare un mottetto cantato da una monaca nel convento della Maddalena. Su questo sfondo brulicante, in cui risulta decisament­e minoritari­o, ancorché memorabile, l’ammoniment­o del retrivo conte di Chesterfie­ld al figlio («Poche cose mi mortifiche­rebbero di più dal vederti prender parte a un concerto, con un violino sotto il mento o un flauto in bocca»), prende forma un discorso rivoluzion­ario per cui soggetto dell’estetica diventa l’io «nella propria sensibilit­à, calato nell’esperienza della musica e delle arti, dei piaceri e delle emozioni che le arti e la musica donano». S’intreccian­o nel definire la nuova frontiera del pensiero estetico il ruolo del giornalism­o musicale e quello dell’opera, «il maggiore sforzo delle belle arti congiunte», le voci di Brossard, autore del primo lessico musicale, il già citato Burney, Rameau, artista-filosofo, Montesquie­u e Diderot, fino allo snodo cruciale del Dizionario di Rousseau, interprete perfetto della «filosofia del soggetto moderno, portatore dei valori individual­i della sensibilit­à». Emerge dal dibattito il concetto supremo di gusto, inteso, contro qualsiasi relativism­o, come somma di conoscenze e sentimento. Perché la bellezza in musica è proporzion­e e profonda unitarietà.

Musica e sensibilit­à. L’estetica musicale del Settecento

Paolo Gozza

Accademia University Press, pagg. 200, € 16

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