IL SILENZIO CONDANNA LA VITTIMA
RIFLESSI NEL GRANDE SCHERMO
»Quando un essere umano diventa vittima? Quando, avendo subito un torto, si rivolge a un giudice che non lo ascolta, essendo lo stesso che gli ha inflitto il torto. Vittima è chi non può dire, chi è ridotto al silenzio. Di questo racconta Argentina, 1985 (Argentina, Gran Bretagna e Usa, 2022, 140’). Con i cosceneggiatori Mariano Llinás e Martín Mauregui, Santiago Mitre torna all’Argentina di quarant’anni fa. Siamo all’inizio del 1983. Jorge Rafael Videla, Emilio Eduardo Massera e altri sette comandanti delle juntas golpiste dovrebbero essere processati dalla corte marziale militare, che però rifiuta di farlo. Al suo posto, il nuovo presidente democratico Raúl Alfonsín istituisce per decreto una corte di sei giudici ordinari. La pubblica accusa viene affidata a Julio César Strassera (Ricardo Darín), affiancato dal giovane Luis Moreno-Ocampo (Peter Lanzani). Non è un eroe, il procuratore Strassera. Teme per la vita dei suoi familiari, e per la sua. Sa che gli si chiede quasi l’impossibile, forse contando sul suo fallimento. Per l’opinione diffusa – per quella di chi conta, a partire dai militari – i golpisti sono salvatori della patria, costretti a intervenire con la violenza per opporsi ai Montoneros. Che speranza hanno le decine di migliaia di uomini, donne e bambini – torturati, uccisi, fatti sparire – di uscire da un silenzio durato per sette lunghi anni?
Con l’onestà e l’intelligenza di un funzionario – così ama definirsi, orgoglioso –, e con l’aiuto di Moreno-Ocampo, oltre che di un gruppo di avvocati giovanissimi, Strassera raccoglie in tutto il Paese le prove dell’orrore. E al fondo dell’orrore ci porta la regìa. Non lo fa con le molte immagini raccapriccianti che avrebbe potuto usare, ma dando voce alle vittime, mostrandole agli argentini – anche a quelli che contano – mentre dicono di sé ai loro giudici, che il “funzionario” obbliga all’ascolto. Racconta dell’Argentina di quarant’anni fa, Santiago Mitre. Ed è come se raccontasse dell’orrore di ogni altra vittima, tra le innumerevoli che i loro stessi “giudici” hanno condannato al silenzio dal Novecento a oggi.