LE AVVENTURE DI UN MERLUZZO
Già i vichinghi avevano imparato a conservare questo pesce abbondante e prolifico per avere cibo sufficiente durante le traversate Essiccato o salato, dall’Atlantico è arrivato in Europa, America e perfino in Africa
Quando parliamo dell’alimentazione in epoca pre-industriale, tendiamo a pensare che la maggior parte del cibo, se non tutta, fosse procacciata a corto raggio. Un chilometro zero forzato a causa delle difficoltà dei trasporti e della conservazione degli alimenti. A questo aggiungiamo che le società più antiche avevano un legame con il territorio più profondo e serrato di quello attuale e otteniamo un’idea un po’ stereotipata delle società che ci hanno preceduto. Ovviamente viaggiavano le merci rare e preziose: oro, gemme, libri, opere d’arte e, tra i cibi, le spezie, che hanno rappresentato una spinta senza pari nella scoperta di nuovi continenti. Ma ci sono anche casi di alimenti estremamente poveri che percorrevano migliaia di chilometri per arrivare sulle tavole di mezzo mondo. L’esempio più eclatante è quello del merluzzo che veniva pescato nelle acque gelide del Nord Atlantico e poi sottoposto a essiccatura o salatura per essere trasportato in tutta Europa, in America e perfino in Africa. Come sappiamo bene arrivava anche in Italia, dove le due qualità prendono il nome di baccalà e stoccafisso.
A differenza del pesce pescato nel Mediterraneo o lungo i corsi d’acqua dolce, il merluzzo poteva essere conservato per mesi e aveva un costo estremamente contenuto. Le condizioni di pesca disagevoli, il lavoro di salatura o essiccazione e i lunghi tragitti di trasporto, incidevano solo in parte sul prezzo finale che rimaneva alla portata di tutte le tasche. La causa era molto semplice: il merluzzo era estremala mente abbondante. Milioni di pesci in enormi banchi riempivano i mari dalle coste dell’Islanda fino alle sponde americane e canadesi e sembrava che la pesca miracolosa non dovesse mai cessare. «Se non intervenisse nessun incidente prima della schiusa delle uova, e ciascun uovo arrivasse all’età adulta, ci vorrebbero solo tre anni per riempire il mare, così che potreste attraversare a piedi asciutti l’Atlantico camminando sulle schiene dei merluzzi» scriveva così Alexander Dumas nel suo Grande dizionario della cucina nel 1873. Non aveva tutti i torti perché il merluzzo non è solo un pesce molto resistente che si nutre più o meno di ogni cosa, ma è anche eccezionalmente prolifico. Nessuno avrebbe mai immaginato che, dopo poco più di un secolo, le riserve si sarebbero quasi esaurite.
Quella della pesca al merluzzo è una parabola iniziata all’epoca delle saghe vichinghe, quando le imbarcazioni dalla prua affusolata si spingevano verso ponente alla ricerca di nuove terre da conquistare, e dei pescatori baschi che sulle stesse rotte andavano a caccia di balene. Per avere cibo sufficiente durante le traversate avevano imparato a conservare il merluzzo e ciò gli ha permesso di raggiungere le coste americane ben prima di Cristoforo Colombo.
A Terranova sono stati rinvenuti i resti del campo dei vichinghi, mentre i baschi usavano quelle coste per pescare tra gli enormi banchi di merluzzo che ne popolavano i mari. A differenza di Giovanni Caboto e di Jacques Cartier, che reclamarono quelle terre in nome della corona inglese e francese a cavallo tra il XV e XVI secolo, i baschi avevano tenuto segreta loro scoperta per non rivelare dove si trovava la loro inesauribile riserva di pesce.
Il richiamo delle acque al largo del Canada e del New England spostò il teatro principale della pesca al merluzzo, facendo la fortuna di città come Boston dove il merluzzo essiccato e salato veniva spedito sui mercati del vecchio mondo. È stato calcolato che alla metà del XVI secolo e per i due secoli successivi, quasi il 60% di tutto il pesce consumato in Europa era merluzzo. I carichi partivano da Boston in direzione di Bilbao per essere scambiati con prodotti europei, poi in direzione dei Caraibi dove le navi si rifornivano di zucchero, melassa e naturalmente il prezioso sale per conservare il merluzzo. In breve tempo le colonie americane accumularono ricchezze tali che le resero indipendenti dall’Inghilterra, primo e indispensabile presupposto per reclamare anche l’emancipazione politica. Senza ombra di dubbio si può affermare che una singola specie di pesce ha cambiato le sorti dell’America e del mondo come lo conosciamo oggi.
Mark Kurlansky ci offre l’occasione di scorrere le vicende umane dell’ultimo millennio dalla prospettiva di un pesce. Il racconto non si esaurisce nel lontano passato, ma arriva fino ai giorni nostri e al devastante impatto della pesca che sta esaurendo le riserve ittiche planetarie.
Merluzzo. Storia del pesce che ha cambiato il mondo
Mark Kurlansky
Nutrimenti, pagg. 432, € 18