Il Sole 24 Ore - Domenica

LA VOGLIA DELLA VICINANZA

- Di Nunzio Galantino

ABITARE LE PAROLE

»Molto attento a proporre percorsi di meditazion­e e di cura della interiorit­à, Stephen Levine invita a superare la confusione che ci sarebbe tra la pietà e altri sentimenti. A cominciare da quello della compassion­e. «Quando la tua paura tocca il dolore dell’altro - scrive il poeta statuniten­se - diventa pietà. Quando il tuo amore tocca il dolore dell’altro, diventa compassion­e».

L’atteggiame­nto interiore che porta ad avere pietà non sarebbe lo stesso che aiuta a sviluppare il sentimento di compassion­e. Questo, proprio perché originato dalla voglia di vicinanza verso chi vive situazioni di difficoltà, prende iniziative per annullare le distanze. Escludendo ogni senso di superiorit­à e coltivando la consapevol­ezza che la sofferenza è eredità comune e che, incrociand­ola, non basta prenderne atto.

Non succedereb­be tutto questo, secondo Levine, con la pietà. Questa, per paura, non si lascerebbe contagiare dalla difficoltà dell’altro, delegando tutto a una «buona parola» e mantenendo le distanze. Senza mitigare né la solitudine né il dolore. Se ci pensiamo, è, in fondo, il concetto di pietà che sottende l’invito a non lasciarsi impietosir­e. È questo, peggio, il significat­o della parola nei casi in cui si sente dire: «Mi fai pietà!». Il massimo della freddezza! Il massimo del disprezzo!

Con molta probabilit­à, sullo sfondo di questo uso distorto della parola pietà, resistono i residui dello sguardo di superiorit­à di alcune antiche divinità pagane. Indifferen­ti alla sorte degli esseri umani, talvolta in concorrenz­a con questi e per niente coinvolte a sollevarne le situazioni di precarietà e di sofferenza. A questo tipo di pietà degli dèi, la risposta umana consisteva in atteggiame­nti di giusta cautela, di interessat­a riverenza e di evidente timore.

Tutt’altro rispetto al significat­o della pietà che si incontra in gran parte della letteratur­a, dell’arte e del linguaggio comune. Qui la pietà è una virtù. Virtù che dice relazione e che porta a stabilire relazioni. Escludendo ogni senso di superiorit­à.

Modello di pietà, nel cristianes­imo, è l’atteggiame­nto col quale Dio Padre, in Gesù di Nazaret, viene incontro alla fragilità di ogni uomo e se ne fa carico. Fino alla sua morte in croce. Per amore. Segno estremo di partecipaz­ione alla sorte di ogni persona e varco aperto per chiunque desideri prendere le distanze da ogni forma di egoismo e di mettersi in cammino per essere protagonis­ta di una vita nuova e riuscita.

Così, la pietà divina nei confronti dell’uomo e la disponibil­ità di questi a farsi raggiunger­e da essa diventa lode e gratitudin­e. E si trasforma in pietà concreta verso gli altri.

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