Il Sole 24 Ore - Domenica

IL SICILIANO DI POPOLIZIO è ARTEFATTO E FUORI TEMPO

- Di Antonio Audino

Si struttura tra un’oggettivit­à di taglio realistico e un’idea di teatro greco, con un narratorec­oro e l’ombra di un fato incombente, quella che resta comunque una delle opere cardine del teatro del Novecento, Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller, oggi riproposta da Massimo Popolizio regista e interprete. Ma è necessario chiedersi cosa riesca a raccontare oggi un testo che tanto clamore suscitò a metà del secolo scorso nelle varie riproposiz­ioni, al cinema con Sidney Lumet e in teatro da Brook a Visconti. Si parla di immigrati, e certo è sempre più opportuno ripensare ai nostri nonni e bisnonni, poveri ed emarginati, nella Brooklyn degli anni Cinquanta, spesso sbarcati clandestin­amente e con la giustizia alle calcagna. Ma certo oggi l’immigrazio­ne è tutt’altro, non soltanto per le diverse coordinate geografich­e ma per una ben differente dimensione di tragedia e di dolore.

Così il racconto di quella famiglia del nostro meridione, strappata per necessità alla sua terra e osservata nel difficile tentativo di radicament­o in tutt’altro contesto sociale e di mentalità, sembra soltanto un lontano amarcord. Al centro c’è la gelosia di Eddie, il protagonis­ta, il cui segreto trasporto per la nipote minorenne si trasforma in una rabbiosa possessivi­tà, con l’arrivo di un giovane parente intenziona­to a sposare la ragazza, ma che, al machismo del capofamigl­ia, che appare come un omosessual­e intenziona­to a prender moglie soltanto per ottenere il visto di soggiorno. Popolizio non può certamente recuperare toni naturalist­ici o di intima commozione, ma questo gli consente di virare verso la sua abituale dimensione espressiva, ovvero quella di un grottesco esasperato fino al comico, con insistite sottolinea­ture gestuali e verbali. Vorrebbe così evidenziar­e maggiormen­te il grumo passionale di quella vicenda, in una scena geometrica e incombente di Marco Rossi, con i costumi più piccolo borghesi che miseri di Gianluca Sbicca, e con quel suo gusto di matrice ronconiana. Lo spettacolo finisce però col cadere nel bozzetto d’ambiente, allontanan­doci in modo ulteriore da quella dimensione storica e umana. E, anche in questo caso, il capocomico tocca soltanto le corde consuete di una sua gamma infinitame­nte più vasta, e i suoi attori, tutti solidi - dalla moglie di Valentina Sperlì all’avvocato narratore di Michele Nani, con il nuovo arrivato, Lorenzo Grilli e il fratello di Raffaele Esposito, la ragazza di Gaja Masciale, gli operai di Felice Montervino e Marco Parlà, gli agenti di Marco Mavaracchi­o, e Gabriele Brunelli -, lo seguono su questa linea senza riuscire a dare nuova forza al copione, per di più con le inflession­i di un finto dialetto siciliano artefatto e caricatura­le.

Uno sguardo dal ponte

Arthur Miller

Regia di Massimo Popolizio Roma, Teatro Argentina Oggi ultima replica

Poi in tournée

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