IL SICILIANO DI POPOLIZIO è ARTEFATTO E FUORI TEMPO
Si struttura tra un’oggettività di taglio realistico e un’idea di teatro greco, con un narratorecoro e l’ombra di un fato incombente, quella che resta comunque una delle opere cardine del teatro del Novecento, Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller, oggi riproposta da Massimo Popolizio regista e interprete. Ma è necessario chiedersi cosa riesca a raccontare oggi un testo che tanto clamore suscitò a metà del secolo scorso nelle varie riproposizioni, al cinema con Sidney Lumet e in teatro da Brook a Visconti. Si parla di immigrati, e certo è sempre più opportuno ripensare ai nostri nonni e bisnonni, poveri ed emarginati, nella Brooklyn degli anni Cinquanta, spesso sbarcati clandestinamente e con la giustizia alle calcagna. Ma certo oggi l’immigrazione è tutt’altro, non soltanto per le diverse coordinate geografiche ma per una ben differente dimensione di tragedia e di dolore.
Così il racconto di quella famiglia del nostro meridione, strappata per necessità alla sua terra e osservata nel difficile tentativo di radicamento in tutt’altro contesto sociale e di mentalità, sembra soltanto un lontano amarcord. Al centro c’è la gelosia di Eddie, il protagonista, il cui segreto trasporto per la nipote minorenne si trasforma in una rabbiosa possessività, con l’arrivo di un giovane parente intenzionato a sposare la ragazza, ma che, al machismo del capofamiglia, che appare come un omosessuale intenzionato a prender moglie soltanto per ottenere il visto di soggiorno. Popolizio non può certamente recuperare toni naturalistici o di intima commozione, ma questo gli consente di virare verso la sua abituale dimensione espressiva, ovvero quella di un grottesco esasperato fino al comico, con insistite sottolineature gestuali e verbali. Vorrebbe così evidenziare maggiormente il grumo passionale di quella vicenda, in una scena geometrica e incombente di Marco Rossi, con i costumi più piccolo borghesi che miseri di Gianluca Sbicca, e con quel suo gusto di matrice ronconiana. Lo spettacolo finisce però col cadere nel bozzetto d’ambiente, allontanandoci in modo ulteriore da quella dimensione storica e umana. E, anche in questo caso, il capocomico tocca soltanto le corde consuete di una sua gamma infinitamente più vasta, e i suoi attori, tutti solidi - dalla moglie di Valentina Sperlì all’avvocato narratore di Michele Nani, con il nuovo arrivato, Lorenzo Grilli e il fratello di Raffaele Esposito, la ragazza di Gaja Masciale, gli operai di Felice Montervino e Marco Parlà, gli agenti di Marco Mavaracchio, e Gabriele Brunelli -, lo seguono su questa linea senza riuscire a dare nuova forza al copione, per di più con le inflessioni di un finto dialetto siciliano artefatto e caricaturale.
Uno sguardo dal ponte
Arthur Miller
Regia di Massimo Popolizio Roma, Teatro Argentina Oggi ultima replica
Poi in tournée