VENEZIA? CIOCCOLATINI AL LIQUORE, CONCLAVI E PASSIONI
Dal castello di Schönbrunn – correva il 1809 – Napoleone decretò la fine del potere temporale dei papi. Il comandante della gendarmeria di Roma, Étienne Radet, ricevette l’ordine di recarsi al Quirinale e d’intimare al pontefice, allora Pio VII, la rinuncia alla sovranità territoriale. Nella notte tra il 5 e il 6 luglio i soldati francesi, forzate le porte, irruppero nelle stanze di sua santità. Al rifiuto del santo padre, seguì l’arresto. Fu posto dentro una carrozza e poté seguirlo il solo cardinale Bartolomeo Pacca. Arriverà a Grenoble, prigioniero, il 21 luglio.
Ci sono due particolari da aggiungere. Pio VII era stato eletto vicario di Cristo nell’unico conclave tenutosi a Venezia (1799-1800); inoltre gli armati che violarono le sue stanze, prima di condurlo sulla berlina con un tiro a quattro, rubarono caramelle e altri dolci da un cofanetto che il papa teneva a portata di mano. Era goloso. Quest’ultima vicenda si collega indirettamente a un’immagine di Truman Capote. In un articolo sull’«Observer» il 26 novembre 1961 scrisse: «Venezia è come mangiare tutta in una volta una scatola di cioccolatini al liquore».
Il conclave e i dolciumi si ritrovano idealmente pensando alla città lagunare; chi scrive li ha ricordati sfogliando il libro di Pieralvise Zorzi, patrizio veneto di “casa vecchia”. Il titolo? A Venezia lucean le stelle. L’opera è dedicata a numerosi personaggi (con le loro storie, una sorta di “romantica invasione”) che nel secolo XIX contribuirono a rendere definitivamente questa città un mito. Si va da Chateaubriand a Byron, da Stendhal a Wagner, da Melville a Dickens. Ma il primo turista di riguardo, per così dire, fu proprio Pio VII, al secolo Barnaba Chiaramonti. Nato a Cesena, si ritrovò pontefice, con voto unanime, il 14 marzo 1800 nella città di San Marco. Pieralvise Zorzi lo definisce «il papa turista», giacché ricorda – citando gli Annali di Fabio Mutinelli – che «negli ottantacinque dì nei quali fece dimora in Venezia» si diede un gran da fare visitando «pressoché tutte le chiese, i monisterii e i conventi della maravigliosa città». A essere precisi, occorre aggiungere un salto a Padova, dove gli donarono, tra le altre, una «reliquia insigne», cioè il fegato del beato Gregorio Barbarigo «in una teca di argento».
Infinite le storie evocate. Escono dai salotti, da calli e campielli, sostano nei caffè, ritraggono personaggi sino a D’Annunzio, «vero veneziano d’adozione», che chiude l’Ottocento. Poi ci sono gli amori, a cominciare da Liszt che giunge a Venezia nell’aprile del 1839 con la contessa Marie d’Agoult, che per lui ha abbandonato il marito. Non sarà il solo. Gli elenchi delle passioni, però, a Venezia non fanno notizia.
Pieralvise Zorzi
A Venezia lucean le stelle Neri Pozza, pagg. 448, € 28