RITROVARE Sé STESSI AL DI Là DELLA MALATTIA
L’accompagnamento cui allude il titolo del libro appena uscito in traduzione italiana di René de Ceccatty non è il semplice accompagnarsi a qualcuno né un normale fare compagnia: è la condivisione dell’ultimo percorso prima dell’ultimo addio, alla frontiera che separa i vivi dai morti. Un tema che la recente pandemia ha reso di drammatica attualità perché spesso questa condivisione non è stata possibile né consentita per l’isolamento dei malati gravi negli ospedali. Ma il libro del romanziere e saggista francese è stato scritto trent’anni fa e si riferisce a un’altra malattia che allora fu vissuta come una pietrificante maledizione, l’Aids. Niente di inventato nella storia che racconta De Ceccatty, tutto dolorosamente vero e narrato come una sorta di diario a posteriori, il resoconto necessario di una esperienza impossibile da archiviare.
L’autore accompagna un amico malato e solo – il suo compagno è morto da poco – in quattro complicati ricoveri negli ospedali parigini. Sono ricoveri complicati per alcune ragioni speciali: la novità all’epoca della malattia, per cui non si trovavano cure adeguate, e il disagio, a volte un imbarazzo aggressivo, per il legame (spesso ma non sempre) del morbo con il sesso. Ma complicato anche per ragioni tutt’altro che speciali: la lotta, quella del malato, per non perdere l’identità personale nel momento in cui la sua persona è ridotta soltanto a un corpo da tenere in vita, un corpo diventato una zona di combattimento. Il tema centrale di questo magnetico racconto è proprio questo: non la vita che se ne va ma la battaglia, combattuta con disperazione o con violenza, per trattenere il sigillo della persona.
È lo stesso malato, anch’egli scrittore – Gilles Barbedette, un giovane uomo di talento e successo – a chiedere all’amico, come lui militante negli anni 80 per la lotta dei gay in un giornale fondato da Michel Foucault, di testimoniare con le armi della letteratura la sua estrema esperienza. «Gilles mi aveva chiesto di descrivere la sua lotta per mantenere la sua identità in circostanze in cui tutto (la malattia ovviamente, ma anche l’ospedale) cospira per farla scomparire e per ridurre l’essere umano a una macchina difettosa e nient’altro».
De Ceccatty registra con fedeltà e anche durezza il repertorio del dolore che la situazione allestisce: pazienza e impazienza del malato, gentilezza o brutalità di chi l’assiste professionalmente, smarrimento dell’accompagnatore. Spiega l’autore nella postfazione all’edizione italiana che il libro, in tutti i Paesi in cui è stato tradotto, ha richiamato accanto all’attenzione del mondo letterario quella di medici e infermieri. È anche del loro dolore che il libro parla, trovando parole per dirlo al di fuori della scienza e delle sue tecniche, le parole della letteratura «che rivela la realtà e la prolunga».
René De Ceccatty L’accompagnamento Traduzione di Giuseppe Pintus InSchibboleth, pagg. 138, € 15