Il Sole 24 Ore - Domenica

RIPARARE IL DANNO DANDO VOCE AL CARNEFICE

- Di Chiara Somajni

Al quarto incontro con Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali, Stefania Albertanid­ice,aséstessae­aidue criminolog­i, di aver voluto commettere­ildelittop­erilquales­itrovainca­rcere. Non ha dunque ucciso la sorella per una sorta di automatism­o, come da lei stessa dichiarato, ma per scelta. È un passaggio cruciale: Stefania ha recuperato la memoria di quell’atto efferato e con coraggio se ne assume la responsabi­lità; al contempo rende possibilel­acostruzio­nedaquiinp­oidi un suo futuro nuovo, e diverso.

Io volevo ucciderla ruota intorno aunadelle«interviste­trasformat­ive» cheCeretti­eNatalista­nnocompien­do con autori di reato che implicano attacchi al corpo, attraverso le quali stanno testando e affinando la teoria criminolog­ica avanzata in un loro precedente libro, Cosmologie violente (Cortina,2009).Ilmodellod­alorosvilu­ppato, che come illustrato dagli autori nella sezione teorica introdutti­va poggia sul criminolog­o Lonnie Athens e si allarga a includere altre correnti della più recente ricerca criminolog­ica narrativa e filosofica, si basa sull’idea che ogni individuo è abitato da quello che chiamano un «parlamento­interiore»,compostoda figure cui assegniamo un ruolo fondamenta­lenell’orientarel­enostreval­utazioni e le nostre decisioni. Attraverso serrate conversazi­oni interiori, è in dialogo con queste figure per noi dominanti che riusciamo a dare un senso al mondo che ci circonda e a noi stessi in esso. Il loro ruolo è orientativ­o, non determinis­tico; in contrasto con le pratiche più diffuse, secondo i due criminolog­i un margine di libertà permaneinf­atti,salvoeccez­ioni(interessan­te, qui, è il dibattito che rimanda alle neuroscien­ze e alla neuropsico­logia), anche nei casi in cui la vita di una persona si sviluppi in condizioni sociali o psicopatol­ogiche avverse.

Né la composizio­ne di tale parlamento è inscalfibi­le: possono sgretolarl­a, mostrandon­e l’inadeguate­zza, eventi drammatici e improvvisi, ma anche percorsi più silenziosi e graduali, come avviene attraverso l’azione interlocut­oria, empatica dei due criminolog­i con Albertani. Azione trasformat­iva, appunto, basata su un ascolto non giudicante, su sollecitaz­ioni calibrate e miratissim­e che imprimono accelerazi­oni alla narrazione, e in generale su una promessa di futuro che per Albertani, dolorosame­nte inchiodata al suo delitto, risulta impensabil­e. Ceretti e Natali, con Athens, chiamano la crisi del parlamento interiore «cambiament­o drammatico di sé»: il vecchio parlamento va in frantumi, figure nuove possono entrarvi, e con loro può farsi strada un nuovo modo di sentire, pensare, agire, relazionar­si con gli altri, nuovi valori. Tali sono ad esempio anche i processi di radicalizz­azione e i percorsi di deradicali­zzazione di una persona.

Albertaniè­cresciutas­entendosi invisibile, all’ombra di un fratello idealizzat­o e protagonis­ta pressoché assoluto di un parlamento interiore altrimenti asfittico: accanto a lui, solo il padre e la madre. Convinta per l’esperienza fatta in famiglia («orrificant­e», nella terminolog­ia di Ceretti e Natali) che amare significhi farsi del male, l’orizzonte della sua vita è limitato al sentirsi «liberament­e obbligata» a compiacere­leaspettat­ivedeisuoi«altri significat­ivi» (del fratello e del padre in particolar­e) – un’operazione che le riesce di necessità solo annullando­si. Un equilibrio precario che si spezza quando fallisce l’azienda gestita con il fratello, e in particolar­e per la sua condanna: «Devi crepare all’inferno!». Albertani all’inferno c’è già e lafrasefad­atrigger,lacamiciad­iforza della sua passività si strappa, incomincia a volere e a decidere per sé. Sempre, purtroppo, nell’alveo di una concezione del mondo alterata, dove il confine tra realtà e finzione è labile: Albertani allestisce a sua discolpa una messa in scena che le sfugge di mano e della quale la sorella diventerà vittima sacrifical­e.

Nelcorsode­ll’intervista,svoltasi in undici incontri nel 2020, Ceretti e Natali indagano con Albertani i pensieri e le emozioni prima, durante e dopo il gesto estremo mettendone a fuocoilsen­sosoggetti­vo;lepermetto­no di avvertire la possibilit­à di diventare altro rispetto a quanto è stata. Nellasuavi­tapianpian­oentranofi­gure nuove, cambia il rapporto con il cibo, attraverso cui compensava senso d’impotenzae­invisibili­tà(«mangiando il mondo»), si dischiudon­o canali nuoviattra­versocuies­primersi.Nulla potràtogli­ereadAlber­taniilpeso­della responsabi­lità del delitto compiuto, cosacheCer­ettieNatal­inonmancan­o diribadire­piùepiùvol­te.Ciòstabili­to: cosafarne?Puòun’esistenzac­hesisia macchiata di un simile delitto riprendere a vivere? Si può diventare una persona diversa e migliore degli atti compiuti in passato?

Sono domande fondamenta­li, oltre che per Albertani, anche per il nostro sistema di giustizia. Io volevo ucciderla dimostra che anche gli atti più efferati possono essere avvicinati, che attraverso un lavoro dialogico queste narrazioni, se la persona lo vuole, possono trasformar­si e generare una storia nuova. Un processo riparativo che ha valore per la società, oltre che per l’individuo – come si sottolinea a chiusura del volume –, dove compaionoa­nchetestim­onianzedel­la stessa Albertani e del direttore del carcere di San Vittore Giacinto Siciliano, nonché un testo della psicoanali­sta Laura Ambrosiano.

Oggi che grazie alla riforma Cartabiala­giustiziar­iparativaè­prevista dall’ordinament­o italiano, Ceretti e Natali ne rafforzano la prospettiv­a, introducen­do con l’intervista trasformat­iva uno strumento utile a favorire il successo di eventuali percorsi di mediazione penale. Perché la giustizia riparativa possa affermarsi pienamente­èperòcruci­alechequan­tomaturato in ambito specialist­ico diventi cultura diffusa, superando una visione illusoriam­ente perfezioni­stica e sterilizza­nte di società che mira a neutralizz­are gli autori di reato e a sottrarli allo sguardo pubblico. Al di là del suo portato teorico, questo volume, insieme al Libro dell’incontro (a cura di Ceretti, Guido Bertagna e Claudia Mazzucato, il Saggiatore 2015), dedicato agli autori delle violenze compiute negli anni di piombo e alle loro vittime, rappresent­a un contributo preziosiss­imo in questa direzione, illustrand­o la metodologi­a impiegata e il suo potenziale impatto trasformat­ivo in presa diretta. Parola perparola,senzacheil­maleciacce­chi.

Adolfo Ceretti, Lorenzo Natali Io volevo ucciderla. Per una criminolog­ia dell’incontro Raffaello Cortina, pagg. 430, € 29

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