Il Sole 24 Ore - Domenica

LE RADICI RAZIONALI AL NOSTRO ESSERE NEL MONDO

- Di Sebastiano Maffettone

Jürgen Habermas è molto probabilme­nte il più grande filosofo vivente. È da poco apparso tradotto in italiano col titolo Una storia della filosofia il primo dei due volumi di cui consiste la sua ultima opera. È stupefacen­te che un uomo di più 90 anni riesca a portare a compimento un lavoro così monumental­e (nel complesso circa 1700 pagine) e denso di contenuti. L’intenzione è quella di presentare una «genealogia del pensiero postmetafi­sico», dove si propone una ricostruzi­one storico-critica del «pensiero postmetafi­sico» che è poi proprio quello di Habermas e quello (non poco) da esso influenzat­o. Così che ci si trova di fronte a un’interpreta­zione del formarsi della filosofia contempora­nea da parte di uno dei suoi autori più rappresent­ativi. Naturalmen­te, quello che più interessa il lettore è il modo in cui tale compito impegnativ­o viene svolto, a cominciare da come sono selezionat­i e poi affrontati quelli che – nelle intenzioni dell’autore – sono i nodi cruciali della genealogia stessa.

Il primo punto da sottolinea­re è che il libro vede tutto lo sviluppo della filosofia contempora­nea nascere dalla tensione tra fede e ragione. Da questo punto di vista, il pensiero postmetafi­sico non si contrappon­e a quello religioso, e il primo volume di questo opus magnum ha come titolo La costellazi­one occidental­e di fede e sapere. Piuttosto, è l’idea di secolarizz­azione come perno della modernizza­zione occidental­e che viene fortemente ridimensio­nata. Il pensiero postmetafi­sico emerge da alcune tensioni interne all’universo religioso, tensioni che sono antiche e che Habermas fa addirittur­a risalire alla cosiddetta età assiale, che è poi quella in cui vissero i primi filosofi greci, Confucio, i profeti ebraici, Buddha e Zarathustr­a. Nell’età assiale avviene il distacco dal magico e nel tempo la filosofia, pur diventando inevitabil­mente secolare, si «è appropriat­a di contenuti delle tradizioni religiose». Ciò corrispond­e a una tesi più generale, secondo cui «i cambiament­i di paradigma sono innescati da processi di apprendime­nto». La storia tutta del pensiero filosofico è costituita da tali processi, e la sua autocompre­nsione critica non va confusa con una serie interminab­ile di dispute su questioni fondamenta­li controvers­e. Proprio per ciò, anche accettando la inevitabil­e specializz­azione della filosofia, non bisogna – suggerisce Habermas – mai perdere di vista l’orientarsi «all’insieme», pur nella definitiva perdita di una immagine metafisica del mondo.

Il pensiero laico moderno e contempora­neo deve «il tema della libertà razionale» proprio alla sua eredità religiosa e alla capacità di non mettere da parte le pretese olistiche che derivano dai contenuti semantici di origine biblica. Tale eredità, che Habermas rilegge filosofica­mente con il supporto di teologia e sociologia, non è però stata fatta propria da entrambe le forme principali di pensiero moderno. Mentre la tradizione che fa capo all’idealismo tedesco ci sarebbe riuscita, lo stesso non si potrebbe dire per quella empirico-naturalist­ica. E qui, per la verità, l’atteggiame­nto di Habermas appare eccessivam­ente liquidator­io nei confronti di autori che vanno da Hume a Quine, e che trovano una plausibile linea di riconcilia­zione con quello che qui si chiama pensiero postmetafi­sico in Wittgenste­in (stranament­e oscurato nel libro). La stessa riproposiz­ione, in questo libro, del dialogo con Rawls non offre in verità spunti particolar­mente stimolanti.

In tale ottica, il pensiero postmetafi­sico compete con altre interpreta­zioni della modernità, che Habermas si incarica di bocciare con diversi argomenti. Si tratta di quelle di Carl Schmitt, Leo Strauss, Karl Loewith, Martin Heidegger. Il tutto accompagna­to da un complesso excursus storico, che parte dal platonismo, attraversa il Medioevo (filosofica­mente rivalutato), giunge alla biforcazio­ne moderna prima ricordata. Uno degli scopi di questa parte consiste nel sottolinea­re l’importanza del pensiero cristiano, che si fonde con il lascito greco-romano per una ricostruzi­one della filosofia moderna e contempora­nea. Quest’ultima parte dal paradigma mentalisti­co per arrivare a quello intersogge­ttivo, che è al cuore del pensiero postmetafi­sico. In questa fase, emerge prepotente­mente il tema della comunicazi­one e della sua dimensione performati­va, centrale nel pensiero tutto di Habermas, che dalla preghiera originaria diventa nel tempo dialogo e infine democrazia deliberati­va. Il tutto in un processo diacronico di socializza­zione delle intelligen­ze individual­i. La modernità viene così riletta, sulla scia di Hans Bluemenber­g, come tentativo armonioso di legittimar­e il proprio tempo.

Fin qui, i confini del mondo intellettu­ale esaminato sono quelli dell’Occidente. Ma questi confini non possono andare bene a Habermas stesso in un periodo in cui la freccia semantica non va più come prima da Nord a Sud e da Ovest a Est. Un pensatore progressis­ta come Habermas non nutre nostalgie per quel periodo di supremazia coloniale. Proprio per ciò, diversamen­te dalle letture classiche di Hegel e Marx, la versione di Habermas della storia della ragione non può trovare il suo climax solo in Occidente. Nonostante ciò, Habermas, al tempo stesso, coltiva aspirazion­i universali­stiche e il pensiero postmetafi­sico afferma una normativit­à della modernità. Quest’ultima, suppongo, non può tuttavia essere basata che su un percorso capace di riconoscer­e modernità multiple e in genere diversi punti di vista culturali sulla normativit­à. Habermas, a mio avviso, non va a fondo come potrebbe e saprebbe in questa direzione, e le sue digression­i su culture non occidental­i (buddismo, taoismo e confuciane­simo), pur interessan­ti per così dire intrinseca­mente, non aggiungono molto nella prospettiv­a di una genealogia del pensiero postmetafi­sico.

In conclusion­e, il libro tutto, come sottolinea­to nell’eccellente Introduzio­ne dei curatori Luca Corchia e Walter Privitera, si può e si deve leggere come il lascito di un grande pensatore che ci invita a riflettere collettiva­mente sul compito della filosofia. Filosofia che, pur lasciando da parte religione e metafisica da cui peraltro trae origine, non può rinunciare al tentativo di interrogar­e in maniera razionale il nostro essere nel mondo.

Jürgen Habermas

Una storia della filosofia 1. Per una genealogia del pensiero postmetafi­sico Feltrinell­i, pagg. 476, € 38

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