LE RADICI RAZIONALI AL NOSTRO ESSERE NEL MONDO
Jürgen Habermas è molto probabilmente il più grande filosofo vivente. È da poco apparso tradotto in italiano col titolo Una storia della filosofia il primo dei due volumi di cui consiste la sua ultima opera. È stupefacente che un uomo di più 90 anni riesca a portare a compimento un lavoro così monumentale (nel complesso circa 1700 pagine) e denso di contenuti. L’intenzione è quella di presentare una «genealogia del pensiero postmetafisico», dove si propone una ricostruzione storico-critica del «pensiero postmetafisico» che è poi proprio quello di Habermas e quello (non poco) da esso influenzato. Così che ci si trova di fronte a un’interpretazione del formarsi della filosofia contemporanea da parte di uno dei suoi autori più rappresentativi. Naturalmente, quello che più interessa il lettore è il modo in cui tale compito impegnativo viene svolto, a cominciare da come sono selezionati e poi affrontati quelli che – nelle intenzioni dell’autore – sono i nodi cruciali della genealogia stessa.
Il primo punto da sottolineare è che il libro vede tutto lo sviluppo della filosofia contemporanea nascere dalla tensione tra fede e ragione. Da questo punto di vista, il pensiero postmetafisico non si contrappone a quello religioso, e il primo volume di questo opus magnum ha come titolo La costellazione occidentale di fede e sapere. Piuttosto, è l’idea di secolarizzazione come perno della modernizzazione occidentale che viene fortemente ridimensionata. Il pensiero postmetafisico emerge da alcune tensioni interne all’universo religioso, tensioni che sono antiche e che Habermas fa addirittura risalire alla cosiddetta età assiale, che è poi quella in cui vissero i primi filosofi greci, Confucio, i profeti ebraici, Buddha e Zarathustra. Nell’età assiale avviene il distacco dal magico e nel tempo la filosofia, pur diventando inevitabilmente secolare, si «è appropriata di contenuti delle tradizioni religiose». Ciò corrisponde a una tesi più generale, secondo cui «i cambiamenti di paradigma sono innescati da processi di apprendimento». La storia tutta del pensiero filosofico è costituita da tali processi, e la sua autocomprensione critica non va confusa con una serie interminabile di dispute su questioni fondamentali controverse. Proprio per ciò, anche accettando la inevitabile specializzazione della filosofia, non bisogna – suggerisce Habermas – mai perdere di vista l’orientarsi «all’insieme», pur nella definitiva perdita di una immagine metafisica del mondo.
Il pensiero laico moderno e contemporaneo deve «il tema della libertà razionale» proprio alla sua eredità religiosa e alla capacità di non mettere da parte le pretese olistiche che derivano dai contenuti semantici di origine biblica. Tale eredità, che Habermas rilegge filosoficamente con il supporto di teologia e sociologia, non è però stata fatta propria da entrambe le forme principali di pensiero moderno. Mentre la tradizione che fa capo all’idealismo tedesco ci sarebbe riuscita, lo stesso non si potrebbe dire per quella empirico-naturalistica. E qui, per la verità, l’atteggiamento di Habermas appare eccessivamente liquidatorio nei confronti di autori che vanno da Hume a Quine, e che trovano una plausibile linea di riconciliazione con quello che qui si chiama pensiero postmetafisico in Wittgenstein (stranamente oscurato nel libro). La stessa riproposizione, in questo libro, del dialogo con Rawls non offre in verità spunti particolarmente stimolanti.
In tale ottica, il pensiero postmetafisico compete con altre interpretazioni della modernità, che Habermas si incarica di bocciare con diversi argomenti. Si tratta di quelle di Carl Schmitt, Leo Strauss, Karl Loewith, Martin Heidegger. Il tutto accompagnato da un complesso excursus storico, che parte dal platonismo, attraversa il Medioevo (filosoficamente rivalutato), giunge alla biforcazione moderna prima ricordata. Uno degli scopi di questa parte consiste nel sottolineare l’importanza del pensiero cristiano, che si fonde con il lascito greco-romano per una ricostruzione della filosofia moderna e contemporanea. Quest’ultima parte dal paradigma mentalistico per arrivare a quello intersoggettivo, che è al cuore del pensiero postmetafisico. In questa fase, emerge prepotentemente il tema della comunicazione e della sua dimensione performativa, centrale nel pensiero tutto di Habermas, che dalla preghiera originaria diventa nel tempo dialogo e infine democrazia deliberativa. Il tutto in un processo diacronico di socializzazione delle intelligenze individuali. La modernità viene così riletta, sulla scia di Hans Bluemenberg, come tentativo armonioso di legittimare il proprio tempo.
Fin qui, i confini del mondo intellettuale esaminato sono quelli dell’Occidente. Ma questi confini non possono andare bene a Habermas stesso in un periodo in cui la freccia semantica non va più come prima da Nord a Sud e da Ovest a Est. Un pensatore progressista come Habermas non nutre nostalgie per quel periodo di supremazia coloniale. Proprio per ciò, diversamente dalle letture classiche di Hegel e Marx, la versione di Habermas della storia della ragione non può trovare il suo climax solo in Occidente. Nonostante ciò, Habermas, al tempo stesso, coltiva aspirazioni universalistiche e il pensiero postmetafisico afferma una normatività della modernità. Quest’ultima, suppongo, non può tuttavia essere basata che su un percorso capace di riconoscere modernità multiple e in genere diversi punti di vista culturali sulla normatività. Habermas, a mio avviso, non va a fondo come potrebbe e saprebbe in questa direzione, e le sue digressioni su culture non occidentali (buddismo, taoismo e confucianesimo), pur interessanti per così dire intrinsecamente, non aggiungono molto nella prospettiva di una genealogia del pensiero postmetafisico.
In conclusione, il libro tutto, come sottolineato nell’eccellente Introduzione dei curatori Luca Corchia e Walter Privitera, si può e si deve leggere come il lascito di un grande pensatore che ci invita a riflettere collettivamente sul compito della filosofia. Filosofia che, pur lasciando da parte religione e metafisica da cui peraltro trae origine, non può rinunciare al tentativo di interrogare in maniera razionale il nostro essere nel mondo.
Jürgen Habermas
Una storia della filosofia 1. Per una genealogia del pensiero postmetafisico Feltrinelli, pagg. 476, € 38