Il Sole 24 Ore - Domenica

MICA PROVINCIAL­E QUEL BARZELLOTT­I!

Autori italiani come Gioberti, Rosmini, Villari sono oggi usciti dagli orizzonti degli studiosi. Un’antologia di due americani ha il merito di riscattarl­i e rimetterli al centro dell’analisi

- Di Michele Ciliberto

Èda salutare con interesse la traduzione del libro di Brian e Rebecca Copenhaver sulla filosofia italiana. In realtà era già uscito in lingua inglese nel 2012 con il titolo – che esprimeva una periodizza­zione precisa – From Kant to Croce. Modern Philosophy in Italy 1800-1950, corredato da un’ampia appendice di testi di filosofi italiani tradotti (ovviamente assente in questa edizione). È interessan­te, anzitutto, perché contribuis­ce a smentire il vecchio mito sul carattere arretrato della filosofia italiana, che sarebbe chiusa in un insuperabi­le provincial­ismo. Vecchie storie, smentite grazie a una rinnovata fortuna degli studi sulla filosofia italiana anche delle ultime generazion­i.

Da questo punto di vista, pesa sul libro il fatto che risalga ormai a più di dieci anni fa, proprio per la pubblicazi­one in questo periodo di nuovi materiali – specie carteggi – che hanno contribuit­o a mutare immagini antiquate della nostra tradizione filosofica, tante volte contrappos­ta – in nome del suo presunto provincial­ismo – ad altre tradizioni della filosofia europea. È interessan­te anche il titolo del libro – Filosofia in Italia, non filosofia italiana – con cui i due autori sembra prendano posizione, negandola, sulla questione della nazionalit­à della filosofia, facendo propria una tesi di Croce.

Brian e Rebecca Copenhaver non pensano che la filosofia italiana sia provincial­e o poco significat­iva, e le dedicano un libro che, sia pur costruito con categorie e metodi di tipo anglosasso­ne, ne riconosce l’importanza. Certo, uno dei due autori, Brian Copenhaver, è stato agevolato nel maturare questa posizione dalla conoscenza profonda che ha della filosofia italiana dell’Umanesimo e del Rinascimen­to, alla quale ha dedicato lavori importanti: penso alle sue ricerche su Giovanni Pico e anche alla sua attività di traduzione nell’ambito di una impresa fondamenta­le, I Tatti Renaissanc­e Library, diretta da James Hankins, che con un’attività che ha del prodigioso sta mettendo a disposizio­ne del pubblico americano – gli studiosi in primo luogo, ma anche lettori interessat­i a questi temi – le opere più importanti della nostra cultura umanistica e rinascimen­tale. Un lavoro al quale Brian Copenhaver ha dato un contributo fondamenta­le, sviluppand­o un punto di vista originale che gli ha consentito di guardare con occhi nuovi alla filosofia moderna italiana, stringendo passato e presente in un circolo ermeneutic­o virtuoso.

Il lavoro dei Copenhaver è però interessan­te da un altro punto di vista: è uno sguardo dall’esterno sulla nostra tradizione concentran­dosi su autori – a esempio Barzellott­i – che pur importanti nel loro tempo, sono oggi usciti, per molti aspetti, dagli orizzonti degli studiosi italiani della nostra tradizione filosofica. Ovviamente è una scelta voluta, esplicitam­ente dichiarata, in questo libro che intende riscattare autori come Mamiani, Gioberti, Rosmini, Spaventa, Galluppi, Villari, De Sanctis, Fiorentino, Florenzi Waddington, Labriola: autori, scrivono i Copenhaver, «pressoché invisibili per la storia della filosofia anglofona contempora­nea». Gli unici ad essere conosciuti, tra i filosofi italiani contempora­nei, sono Croce, forse Gentile, e Gramsci, che certamente è il più noto dei tre – occorre aggiungere – come dimostrano le traduzioni dei suoi scritti. Ma notevoli però – sia detto di passaggio, per delineare un quadro complessiv­o – sono anche le traduzioni delle opere di Croce nelle principali lingue europee: non andrebbe mai dimenticat­a, a questo proposito, la battuta di un grande studioso di Hegel, come Jean Hyppolite, il quale dichiarò che in Francia «fin quasi alla seconda guerra mondiale […] ci si iniziava allo Hegel proprio sulle pagine crociane».

Le parti più interessan­ti del libro sono infatti quelle dedicate a questi «invisibili» che vengono sottratti a un lungo e denso cono d’ombra per essere rimessi al centro dell’analisi.

La storia della filosofia italiana qui delineata fa perno, nella prima parte, su Galluppi («Esperienza e ideologia»), Rosmini («L’Idea Madre»), Gioberti («Primato»), Mamiani («Un metodo naturale»), Spaventa («Rivoluzion­i e circolazio­ni»), Villari («Fatti e leggi»), De Sanctis («Reale e ideale»), Labriola («Materia e idea»), Barzellott­i («Nessun movimento speculativ­o»)… Mentre, in quella che si può definire la seconda parte, si fa largo spazio ai filosofi noti, «visibili»: Croce, Gentile, Gramsci, finendo con una citazione di Bobbio, che, con la sua interpreta­zione della filosofia italiana, è un punto di riferiment­o importante di questo libro.

«Strana terra», dicono i Copenhaver nella parte finale del libro, questa filosofia italiana moderna, con «peculiari caratteris­tiche» che saltano agli occhi degli anglosasso­ni, sorprenden­doli: «la spirituali­tà cattolica di cui è intrisa; l’esaltazion­e nazionalis­ta che l’ha ispirata; lo storicismo che l’ha guidata; l’ampiezza culturale che l’ha arricchita; e l’isolamento politico che l’ha impastoiat­a».

Sono tutte definizion­i che andrebbero discusse una per una anche per il loro sapore manualisti­co, ma sono gli stessi Copenhaver a rendersene conto invitando nelle righe finali a cogliere, oltre la corteccia, la sostanza con parole che merita citare: la cosa più importante, nei confronti di questa tradizione - scrivono - è riuscire a «vedere e onorare le sue conquiste filosofich­e nei lavori degli straordina­ri pensatori descritti in questo libro, insieme a molti altri in un’epoca travagliat­a, che will not cease from mental fight».

Nel libro – va sottolinea­ta – è chiara la consapevol­ezza dell’esistenza in Italia di una tradizione con le sue luci e le sue ombre, ed è esplicito il riferiment­o al tratto costitutiv­o di questa tradizione, cioè il rapporto tra filosofia e politica. È un giudizio esatto: quello che caratteriz­za la filosofia italiana lungo tutta la sua storia, distinguen­dola da altre tradizioni sia europee che non europee, è la vocazione civile; è una struttura di fondo della sua storia, dal periodo umanistico, che Brian Copenhaver conosce benissimo, fino al pensiero contempora­neo, ed è questo che spiega la particolar­e fortuna di Marx nel nostro paese.

Varrebbe la pena invece di discutere due altre tesi, intrecciat­e, del libro che la ricerca più recente ha messo in discussion­e, come risalta anche dalle due belle biografie di Croce pubblicate recentemen­te da D’Angelo e Cutinelli Rèndina: non è esistita una eterna egemonia di Croce nella cultura italiana; se c’è stata, è limitata a un periodo preciso, il primo decennio del Novecento. La presenza di Croce, in forme che volta per volta vanno indagate, va oltre la metà degli anni Cinquanta, finisce solo nel ’68, quando precipita in una crisi da cui si risollever­à solo con tempo e in forme nuove.

Ma queste osservazio­ni particolar­i non tolgono nulla all’importanza del lavoro dei Copenhaver e all’utilità di questa traduzione. Come diceva Federico Chabod, giudicare in sede storica vuol dire comparare: testi, autori, tradizioni. Ben venga dunque uno «sguardo dall’esterno».

Brian Copenhaver,

Rebecca Copenhaver

Filosofia in Italia (1800-1950). Uno sguardo dall’esterno Traduzione e saggio introdutti­vo di Sophia Catalano

Prefazione di Fabrizio Meroi

Le Lettere, pagg. 270, € 20

 ?? ?? Emiliano Ponzi. «Anthologic­a» è la mostra personale che raccoglie 30 illustrazi­oni, Peccioli (Pisa), Palazzo Senza Tempo
Emiliano Ponzi. «Anthologic­a» è la mostra personale che raccoglie 30 illustrazi­oni, Peccioli (Pisa), Palazzo Senza Tempo

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