Il Sole 24 Ore - Domenica

I VETRI ALLA MODA DI CARPACCIO

Una ventina di soffiati con decorazion­e a smalto e bianchi opachi («lattimi») del primo ’500 presenta acconciatu­re «a fungo» come nei dipinti

- Di Rosa Barovier Mentasti e Cristina Tonini

La bella mostra dedicata a Carpaccio nelle sale del Palazzo Ducale di Venezia offre l’occasione per segnalare un eccezional­e gruppo di raffinatis­simi soffiati di Murano, contempora­nei o di poco posteriori ai lavori del grande pittore veneziano che chiarament­e ispirarono i decoratori su vetro.

Il pittore Vittore Carpaccio (1465-1525) fu un narratore immaginoso di storie antiche ma anche un testimone della Venezia del suo tempo. Raccontò le vicende di Sant’Orsola, di San Giorgio, di Santo Stefano, dei Diecimila Crocifissi del monte Ararat, vere o d’invenzione, fatte risalire ai primi secoli dell’era cristiana, ma, come è ben noto, le ambientò nella Venezia prospera e sontuosa del suo tempo, una città portuale che traeva le sue ricchezze dai commerci tra Oriente ed Occidente. Gli interni nei quali Carpaccio ambienta molti episodi delle sue storie sono una testimonia­nza visiva assolutame­nte attendibil­e, perché corrispond­e a quanto testimonia­to dai documenti degli arredi signorili veneziani, anche nei dettagli meno appariscen­ti. Quindi nella camera, dove Sant’Orsola dorme e nel sogno prevede il suo martirio, notiamo non solo eleganti mobili di stile protorinas­cimentale ma anche un’icona corredata da un secchiello, pieno di acqua benedetta, con suo aspersorio, frequente allora tra i corredi femminili delle classi più elevate italiane, e le gelosie alle finestre, adottate a Venezia come a Firenze al fine di proteggere l’intimità delle abitazioni. Chi apprezza le arti decorative rinascimen­tali trova di che godere nei dipinti di Carpaccio.

Anche l’abbigliame­nto maschile e femminile veneziano degli anni intorno al 1500 sono documentat­i, con attenzione ai dettagli, nei dipinti a olio e nei disegni e appare supremamen­te raffinato, a dire il vero più in sintonia con il nostro gusto rispetto agli abiti rigonfi e ingombrant­i del più tardo ’500. Le donne indossano abiti a vita alta, stretta sotto il seno, e a maniche aderenti ma elaborate, con profonde scollature. L’acconciatu­ra dei capelli consiste in chiome ordinatame­nte sciolte nelle giovani donne o raccolte alla sommità del capo nelle dame più mature. Una particolar­e acconciatu­ra, però, attira l’attenzione, tra quelle che sono documentat­e nei dipinti di Vittore Carpaccio, ed è quella, all’epoca, denominata “a fungo”. Caratteriz­za le Due dame veneziane del Museo Correr di Venezia. Si distingue per i capelli corti e arricciati a coronare il volto. Mentre il resto della chioma è raccolto alla sommità del capo, avvolta in sé stessa, spesso, come sappiamo dai documenti, resa più consistent­e con l’aggiunta di ciuffi di capelli acquistati nel mercato, quelli che chiamiamo oggi dei “posticci” o toupet alla francese. Era una acconciatu­ra in qualche modo provocator­ia e anticonfor­mista, imitando, nella parte anteriore, le chiome e scomposte e sciolte ad arte dei giovani uomini che vediamo nei dipinti dello stesso Carpaccio e di altri pittori dell’epoca. In sostanza queste nuove acconciatu­re femminili erano in contrasto con l’ideale della donna raffinata, in ordine e curata così come doveva presentars­i negli ambienti dell’alta borghesia e della nobiltà. Se dovessimo fare un paragone con una rivoluzion­e nei tempi moderni potremmo ricordare la chioma scarmiglia­ta di Brigitte Bardot, di fascino incomparab­ile, che si contrappon­eva alle acconciatu­re laccate delle attrici e delle signore borghesi degli anni 50. Le acconciatu­re “a fungo” suscitaron­o l’indignazio­ne sia delle autorità politiche che di quelle religiose «quoniam sexum dissimular­e student», in quanto miravano a confondere l’identità sessuale, una provocazio­ne quanto mai efficace anche nei tempi moderni. L’acconciatu­ra venne proibita sia dalle autorità politiche che da quelle religiose nel 1480 e di nuovo nel 1513. Evidenteme­nte tale assurda proibizion­e, che prevedeva ammende pecuniarie, non venne rispettata dalle donne veneziane ma neppure dagli artisti che la considerar­ono una acconciatu­ra molto seducente. Le Due dame veneziane del Museo Correr, e non solo, ne sono una prova. Nell’Ottocento una errata interpreta­zione dei testi quattro e cinquecent­eschi relativi alla proibizion­e delle acconciate “a fungo” indusse la convinzion­e che esse fossero una prerogativ­a delle cortigiane, ossia delle prostitute di alto bordo. Di conseguenz­a le nobili dame del dipinto di Carpaccio, datato al 1490 circa, vennero denominate Le cortigiane, una definizion­e contestata ormai dagli studiosi ma persistent­e. Oggi con la definitiva concorde convinzion­e che il dipinto vada connesso con la Caccia in valle, del Jean Paul Getty Museum di Los Angeles, che ne costituiva la parte superiore, se ne comprende il tema. Anche questo dipinto era una storia, riconducib­ile alla vita quotidiana a Venezia: due nobildonne siedono in attesa, verosimilm­ente annoiate, sul terrazzo di un palazzo prospicien­te la laguna, dove alcuni uomini, presumibil­mente mariti e figli, si dedicano allo sport della caccia ad animali acquatici con archi armati di “ballotte”, palline di argilla.

Se ci fosse ancora qualche dubbio sul fatto che furono principalm­ente le dame dell’alta società veneziana ad attirare le critiche delle autorità civili e religiose a causa della pettinatur­a “a fungo” è testimonia­to dai bellissimi vetri di Murano dipinti a smalto con busti di donne similmente acconciate. Sono per lo più vetri “lattimi” cioè di un perfetto bianco opaco, ottenuto alla metà del ’400 a imitazione della rara e ricercatis­sima porcellana cinese, di cui allora Venezia era il principale porto d’arrivo in Europa. Sono noti circa

DUE CAPOLAVORI CONSERVATI A VIENNA E CORNING (USA) MOSTRANO UOMINI E DAME CHE PAIONO TRATTI DAI QUADRI

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Il vetro è conservato negli Stati Uniti, al Cleveland Museum of Art
THE CLEVELAND MUSEUM OF ART
Bicchiere «nuziale». Il vetro è conservato negli Stati Uniti, al Cleveland Museum of Art THE CLEVELAND MUSEUM OF ART

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