I VETRI ALLA MODA DI CARPACCIO
Una ventina di soffiati con decorazione a smalto e bianchi opachi («lattimi») del primo ’500 presenta acconciature «a fungo» come nei dipinti
La bella mostra dedicata a Carpaccio nelle sale del Palazzo Ducale di Venezia offre l’occasione per segnalare un eccezionale gruppo di raffinatissimi soffiati di Murano, contemporanei o di poco posteriori ai lavori del grande pittore veneziano che chiaramente ispirarono i decoratori su vetro.
Il pittore Vittore Carpaccio (1465-1525) fu un narratore immaginoso di storie antiche ma anche un testimone della Venezia del suo tempo. Raccontò le vicende di Sant’Orsola, di San Giorgio, di Santo Stefano, dei Diecimila Crocifissi del monte Ararat, vere o d’invenzione, fatte risalire ai primi secoli dell’era cristiana, ma, come è ben noto, le ambientò nella Venezia prospera e sontuosa del suo tempo, una città portuale che traeva le sue ricchezze dai commerci tra Oriente ed Occidente. Gli interni nei quali Carpaccio ambienta molti episodi delle sue storie sono una testimonianza visiva assolutamente attendibile, perché corrisponde a quanto testimoniato dai documenti degli arredi signorili veneziani, anche nei dettagli meno appariscenti. Quindi nella camera, dove Sant’Orsola dorme e nel sogno prevede il suo martirio, notiamo non solo eleganti mobili di stile protorinascimentale ma anche un’icona corredata da un secchiello, pieno di acqua benedetta, con suo aspersorio, frequente allora tra i corredi femminili delle classi più elevate italiane, e le gelosie alle finestre, adottate a Venezia come a Firenze al fine di proteggere l’intimità delle abitazioni. Chi apprezza le arti decorative rinascimentali trova di che godere nei dipinti di Carpaccio.
Anche l’abbigliamento maschile e femminile veneziano degli anni intorno al 1500 sono documentati, con attenzione ai dettagli, nei dipinti a olio e nei disegni e appare supremamente raffinato, a dire il vero più in sintonia con il nostro gusto rispetto agli abiti rigonfi e ingombranti del più tardo ’500. Le donne indossano abiti a vita alta, stretta sotto il seno, e a maniche aderenti ma elaborate, con profonde scollature. L’acconciatura dei capelli consiste in chiome ordinatamente sciolte nelle giovani donne o raccolte alla sommità del capo nelle dame più mature. Una particolare acconciatura, però, attira l’attenzione, tra quelle che sono documentate nei dipinti di Vittore Carpaccio, ed è quella, all’epoca, denominata “a fungo”. Caratterizza le Due dame veneziane del Museo Correr di Venezia. Si distingue per i capelli corti e arricciati a coronare il volto. Mentre il resto della chioma è raccolto alla sommità del capo, avvolta in sé stessa, spesso, come sappiamo dai documenti, resa più consistente con l’aggiunta di ciuffi di capelli acquistati nel mercato, quelli che chiamiamo oggi dei “posticci” o toupet alla francese. Era una acconciatura in qualche modo provocatoria e anticonformista, imitando, nella parte anteriore, le chiome e scomposte e sciolte ad arte dei giovani uomini che vediamo nei dipinti dello stesso Carpaccio e di altri pittori dell’epoca. In sostanza queste nuove acconciature femminili erano in contrasto con l’ideale della donna raffinata, in ordine e curata così come doveva presentarsi negli ambienti dell’alta borghesia e della nobiltà. Se dovessimo fare un paragone con una rivoluzione nei tempi moderni potremmo ricordare la chioma scarmigliata di Brigitte Bardot, di fascino incomparabile, che si contrapponeva alle acconciature laccate delle attrici e delle signore borghesi degli anni 50. Le acconciature “a fungo” suscitarono l’indignazione sia delle autorità politiche che di quelle religiose «quoniam sexum dissimulare student», in quanto miravano a confondere l’identità sessuale, una provocazione quanto mai efficace anche nei tempi moderni. L’acconciatura venne proibita sia dalle autorità politiche che da quelle religiose nel 1480 e di nuovo nel 1513. Evidentemente tale assurda proibizione, che prevedeva ammende pecuniarie, non venne rispettata dalle donne veneziane ma neppure dagli artisti che la considerarono una acconciatura molto seducente. Le Due dame veneziane del Museo Correr, e non solo, ne sono una prova. Nell’Ottocento una errata interpretazione dei testi quattro e cinquecenteschi relativi alla proibizione delle acconciate “a fungo” indusse la convinzione che esse fossero una prerogativa delle cortigiane, ossia delle prostitute di alto bordo. Di conseguenza le nobili dame del dipinto di Carpaccio, datato al 1490 circa, vennero denominate Le cortigiane, una definizione contestata ormai dagli studiosi ma persistente. Oggi con la definitiva concorde convinzione che il dipinto vada connesso con la Caccia in valle, del Jean Paul Getty Museum di Los Angeles, che ne costituiva la parte superiore, se ne comprende il tema. Anche questo dipinto era una storia, riconducibile alla vita quotidiana a Venezia: due nobildonne siedono in attesa, verosimilmente annoiate, sul terrazzo di un palazzo prospiciente la laguna, dove alcuni uomini, presumibilmente mariti e figli, si dedicano allo sport della caccia ad animali acquatici con archi armati di “ballotte”, palline di argilla.
Se ci fosse ancora qualche dubbio sul fatto che furono principalmente le dame dell’alta società veneziana ad attirare le critiche delle autorità civili e religiose a causa della pettinatura “a fungo” è testimoniato dai bellissimi vetri di Murano dipinti a smalto con busti di donne similmente acconciate. Sono per lo più vetri “lattimi” cioè di un perfetto bianco opaco, ottenuto alla metà del ’400 a imitazione della rara e ricercatissima porcellana cinese, di cui allora Venezia era il principale porto d’arrivo in Europa. Sono noti circa
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