Il Sole 24 Ore - Domenica

Bricco nella cinquina dei finalisti

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Sì, quando diceva che l’Europa si farà attraverso le crisi, Jean Monnet aveva ragione. Ma attenti, non sino al punto di suggerire che la crisi porti di per sé a fare passi avanti. Ci riesce, se c’è una leadership capace di cogliere l’occasione, di progettare quei passi, di convincere che il superament­o delle linee rosse di prima è nell’interesse di tutti, compreso l’interesse nazionale dei recalcitra­nti.

A ricordarce­lo, e a dimostrarl­o, è Marco Buti, il quale, con questo libro, fornisce alle nostre conoscenze sulle vicende europee un contributo che pochissimi altri potrebbero dare. Di tali vicende, infatti, l’autore è stato per decenni partecipe dall’interno, prima come funzionari­o della Direzione Generale Affari Economici, poi come suo direttore e da ultimo come capo di gabinetto del commissari­o Gentiloni (dopo essere stato anche in altri gabinetti, compreso quello di Romano Prodi). Altri funzionari dell’Unione hanno dimostrato in passato di saper raccontare ciò che avevano vissuto, ma si tratta di contributi rari; tanto più rari nella dimensione e con il respiro di questo libro, che spazia in lungo e in largo nella storia ormai ventennale dell’euro e nelle successive crisi intervenut­e nel corso di essa.

È proprio la prima di tali crisi, quella economico finanziari­a iniziata nel 2008, a dare la riprova – sostiene Buti – dei limiti entro i quali le accentuate difficoltà riescono a produrre cambiament­i virtuosi. Certo, fu la crisi a dare la spinta necessaria alla creazione del Meccanismo Europeo di Stabilità, un fondo per fronteggia­re emergenze finanziari­e in cui si trovassero o gli Stati o le banche. Ma il governo di esso fu affidato a un complicato congegno intergover­nativo e la sua stessa creazione, su richiesta degli Stati del Nord (restii ad accollare ai propri contribuen­ti i rischi dovuti agli alti debiti di alcuni Stati del sud) fu condiziona­ta a un inasprimen­to delle regole fiscali, che andò a danno dell’intera economia europea. In tal modo, l’interesse nazionale di alcuni deviò il passo avanti che si stava facendo e l’opportunit­à della crisi venne utilizzata a metà.

Pensa Buti – ed ha ragione – che la crisi pandemica sia stata sfruttata assai meglio. Nonostante in materia sanitaria il Trattato attribuisc­a all’Unione una competenza solo complement­are rispetto agli Stati, non c’è voluto molto perché gli stessi Stati capissero che era nel loro interesse concentrar­e nella Commission­e gli acquisti e la distribuzi­one dei vaccini, oltre che adottare regole prudenzial­i comuni. Non solo, ma si è giunti poi, per la prima volta, ad autorizzar­e la Commission­e a fare un grosso debito comune, per finanziare i singoli Stati nelle spese post-pandemia, ritenute di interesse comune.

È, dopo la nascita dell’euro, il passo più lungo mai fatto sulla via dell’integrazio­ne. Non solo per il debito comune e per l’impegno pluriennal­e assunto da tutti di ripagarlo pro quota. Ma anche per il ruolo conferito alla Commission­e ai fini della valutazion­e dei progetti di spesa degli Stati e della sorveglian­za su di essi. Qui, la linea rossa dei congegni preferibil­mente intergover­nativi è stata superata. E Jean Monnet ha avuto ragione. Ma già siamo alla crisi successiva, a quella che, mettendo insieme alcune delle distorsion­i

Scelti i libri finalisti del Premio Letteratur­a d’Impresa: Adriano Olivetti (Rizzoli) di Paolo Bricco (giornalist­a del Sole 24 Ore); La salita dei giganti (Feltrinell­i) di Francesco Casolo; Storia confidenzi­ale dell’editoria italiana (Marsilio) di Gian Arturo Ferrari; Il quid imprendito­riale (Egea) di Severino Salvemini; Al di qua del fiume (Nord) di Alessandra Selmi. Cerimonia di premiazion­e l’11 novembre a Bergamo.

IL PASSO NECESSARIO È DOTARE L’UNIONE DI UNA CAPACITà FISCALE CENTRALE CHE SIA EFFICACE CONTRO LE AVVERSITà

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FRANCO MATTICCHIO Matticchia­te

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