CADEAUX DE LA NATURE
MEPHISTO WALTZ
»Prodotti del genio dell’uomo, meravigliosi ed effimeri, come le grandi scenografie dipinte su carta da Felice Giani (1758-1823), destinati a feste principesche alla Vatel, e finiti in discarica il giorno dopo.
I grandi brand hanno vita lunga: il motore della Ferrari anno 2000, quando vinse tutto il possibile (prima dei disastri del poi), ne giustifica oggi le quotazioni stellari in Borsa. Nonché la fama del nome nel mondo, conosciuto ovunque. Esattamente come il nome Scala, il gran teatro dalla reputazione inattaccabile, malgrado l’arrivo di un paio di lanzichenecchi (intenditori pauca) trasmigrati poi a Napoli e Firenze, perso il pelo ma non il vizio. Le partiture musicali classiche a volte portano un titolo, come valzer, polka e galop usciti dalla genialità dei due Johann Strauss, padre (1804-49) e figlio (1825-99). Talora, tuttavia, i titoli descrittivi appaiono in modo enigmatico, difficili da decrittare: Claude Debussy (18621918), ad esempio, ad ogni preludio per pianoforte il titolo lo metteva in calce, quasi fosse un messaggio nella bottiglia. Spesso i più oleografici furono appiccicati dall’editore ottocentesco, che se li inventava di sana pianta lì per lì, per vendere meglio i pezzi e incrementare il fatturato, esattamente come fanno oggi pur valenti concertiste, senza pudore mentre espongono le proprie beltadi (non sempre all’altezza) al direttore d’orchestra di turno oppure al produttore discografico (alla faccia dello schifo) – invocando poi il MeToo – o a quel demonio di Instagram, che venerano. Titoli apocrifi arrivarono anche per Beethoven, che non si sarebbe mai sognato di chiosare i propri pentagrammi Chiaro di luna, Per Elisa, Pastorale, Tempesta, La caccia, e via suonando. Altrettanto toccò a Chopin, che inorridirebbe per la melassa dei tanti epiteti assegnati a uno dei suoi massimi capolavori, i 24 Preludi, datati 1839, anno prodigo, fruttuoso della Sonata n.2, della Ballata n.2, dell’Impromptu n.2, di quattro Mazurche, due Notturni, e ancora della Polacca in Do minore e dello Scherzo n.3. Ma i titoli non permetteranno mai di entrare nel mistero di quello che frulla nel cervello dei compositori. Lì si naviga in un empireo oscuro e imperscrutabile, che neppure Pierre Boulez (1925-2016) con tutte le sue profonde analisi è riuscito fino in fondo a spiegare e che figuriamoci, neppure la miracolosa ChatGPT riuscirebbe a scalfire e tracciare.