FELLINI, VISCONTI E LA COSTRUZIONE DEL PROPRIO Sé
La scrittura di Francesco Piccolo si nutre da sempre di cinema, e del cinema va spesso al servizio. Come molti autori della sua generazione – quella dei nati negli anni 60 – Piccolo trova nei film innanzitutto un atlante culturale, un serbatoio di immagini e miti. In più, usa il cinema come suggerimento formale: schema sintattico, organo respiratorio, modello narrativo. Già nei suoi romanzi precedenti – e soprattutto nei più importanti, La separazione del maschio e Il desiderio di essere come tutti – riferimenti a film più o meno famosi si alternavano alla vita del protagonista (che nella Separazione era oltretutto un montatore), già allora fornendo ai personaggi le coordinate per riconoscersi. Oggi, nella Bella confusione, il cinema è finalmente il tema centrale.
E non è forse un caso che questo volume contenga la più articolata dichiarazione di poetica, il più coerente autocommento che Piccolo abbia lasciato fin qui ai suoi lettori. Né è un caso che per metterla a fuoco l’autore sia partito (inconsciamente…) da un anno, il 1963, che è quello in cui è stato concepito: il libro ci mette fronte a una ricostruzione genealogica, a un ritorno alle origini culturali e sentimentali insieme.
Proprio nel ’63 vengono infatti girati, a Roma e in Sicilia, due film epocali, diretti da registi opposti per formazione e carattere e del resto a lungo divisi da una inimicizia feroce. I film sono Otto e mezzo e Il Gattopardo, i registi Fellini e Visconti. Nella Bellaconfusione – titolo di lavorazione del film di Fellini, ma anche allusione al racconto che Piccolo ne fa: volutamente disordinato, digressivo, sempre pronto a alternare la propria vicenda a quella degli altri – si narra la storia di questi due set. L’autore lavora molto su materiali d’archivio e saggi altrui (per esempio Operazione Gattopardo di Anile e Giannice), moltiplica incontri e interviste, ma insegue la felicità narrativa, non certo il rigore scientifico: si prende perciò la libertà di allargare il discorso all’entourage dei due rivali, traboccante di aneddoti, e segue i percorsi di molti loro aiutanti (non pochi dei quali, del resto, in comune): gli sceneggiatori Flaiano e Suso Cecchi d’Amico – un biglietto che lui scrive a lei è al centro della pagina più commovente del libro – il compositore Nino Rota, gli attori protagonisti Marcello Mastroianni e Burt Lancaster, i non protagonisti come Sandra Milo e Alain Delon, oltre naturalmente a Claudia Cardinale, che fa la spola tra un set e l’altro: castana nel film di Fellini, che al missaggio conserverà la sua voce, mora in quello di Visconti, che deciderà di doppiarla.
La contesa è appassionante e complessa, con radici nel passato (il conflitto tra La strada eSenso, in concorso a Venezia nel ’54, che anticipa e prepara lo scontro del ’63) e sviluppi futuri (la riconciliazione tra i due registineglianniavenire,parallelaaquella tra Fellini e Flaiano). Ma non meno interessante è l’altra e più nascosta sfida che il libro racconta. Questa si gioca nella coscienza dell’autore, tra due linguaggi narrativi, tra due modi di conoscere. Proprio con il Gattopardo (il romanzo di Tomasi di Lampedusa) comincia infatti per chi dice io «la mia storia di lettore»: quel libro letto a quattordici anni diventa il puntodipartenza,ilsimboloconcretodell’iniziazioneall’arteeallacultura,proprio quando per il giovanissimo protagonista la possibilità di perdersi e buttar via la propria vita è concreta e vicina. D’altra parte, pochi anni più tardi, è invece la visione di Otto e mezzo – film amato per comprensibili motivi da tanti romanzieri: ne ha scritto di recente Starnone nel suo L’umanità è un tirocinio – a sferrare il colpo decisivo al desiderio del narratore di capire ed esprimersi. Fellini gli rivela,affrontandocolcinemailmondo apparentemente invisibile della vita interiore, il potere del racconto autobiografico, della prima persona singolare, dell’analisi dei propri desideri più profondi e elementari. Fellini loaffascinaconlavicendadiunuomo indeciso, confuso, incapace di veri e radicalicambiamentimavitale,vorace, forte delle sue stesse debolezze: il regista in crisi Guido Anselmi, detto Snaporaz, alter ego di Fellini e (e un po’diMastroianni),somigliaineffetti al protagonista di tanti, direi tutti i libri di Francesco Piccolo, costruiti in buonaparteproprioconil“metodoI”: una mescolanza tra fiction, autobiografia e making of.
LA SCRITTURA DELL’AUTORE SI NUTRE DA SEMPRE DI CINEMA CHE DIVENTA CENTRALE NEL SUO ULTIMO ROMANZO
Non stupisce quindi apprendere dal narratore che nella sua gioventù di aspirante artista e intellettuale «Fellini era vicino, Visconti era lontano». Eppure La bella confusione avvicina anche quest’ultimo. La storia del film Il gattopardo, che in principio intende rettificare politicamente il cupo affresco letterario di Tomasi, vede Visconti trasformare sul set la storia del principe di Salina nel ritratto autobiografico di un anziano aristocratico in declino. Scrivendo, Piccolo scopre che Il gattopardo non è meno autobiografico di Otto e mezzo, e che il «sorprendente» metodo Visconti è complementare e non opposto al «sofisticato» metodo Fellini; che se Otto e mezzo legittima il suo personalissimo bisogno di esprimere le proprie debolezze sensuali, e di andare incontro alla vita, Il Gattopardo legittima l’altro suo bisogno, quello di tenere a distanza la tentazione della politica, e di accettare la fine. Fellini e Visconti non sono rivali inconciliabili, servono entrambi a dare una forma fedele e comoda al proprio sé. Se la letteratura è un Super-Io severo, che ha bisogno di disciplina e teoria, il cinema «è pratico», e «trova la grandezza nella praticità». Anche quando arriva al capolavoro, vive di approssimazione e di errori (qualche errore c’è pure nel libro: Arrigo invece che Camillo Boito, Twenty invece Twentieth Century Fox…). Se a Piccolo il cinema piace tanto, è forse anche perché asseconda quella che a me sembra una sua difficoltà a confrontarsi con grandezze intere e valori assoluti; una sua voglia di vivere e scrivere in un flusso in cui l’imperfezione trovi un posto e un motivo. È il tema che attraversa diversi suoi libri; e in fondo anche questo.
Francesco Piccolo La bella confusione Einaudi, pagg. 282, € 20