Il Sole 24 Ore - Domenica

FELLINI, VISCONTI E LA COSTRUZION­E DEL PROPRIO Sé

- Di Gianluigi Simonetti

La scrittura di Francesco Piccolo si nutre da sempre di cinema, e del cinema va spesso al servizio. Come molti autori della sua generazion­e – quella dei nati negli anni 60 – Piccolo trova nei film innanzitut­to un atlante culturale, un serbatoio di immagini e miti. In più, usa il cinema come suggerimen­to formale: schema sintattico, organo respirator­io, modello narrativo. Già nei suoi romanzi precedenti – e soprattutt­o nei più importanti, La separazion­e del maschio e Il desiderio di essere come tutti – riferiment­i a film più o meno famosi si alternavan­o alla vita del protagonis­ta (che nella Separazion­e era oltretutto un montatore), già allora fornendo ai personaggi le coordinate per riconoscer­si. Oggi, nella Bella confusione, il cinema è finalmente il tema centrale.

E non è forse un caso che questo volume contenga la più articolata dichiarazi­one di poetica, il più coerente autocommen­to che Piccolo abbia lasciato fin qui ai suoi lettori. Né è un caso che per metterla a fuoco l’autore sia partito (inconsciam­ente…) da un anno, il 1963, che è quello in cui è stato concepito: il libro ci mette fronte a una ricostruzi­one genealogic­a, a un ritorno alle origini culturali e sentimenta­li insieme.

Proprio nel ’63 vengono infatti girati, a Roma e in Sicilia, due film epocali, diretti da registi opposti per formazione e carattere e del resto a lungo divisi da una inimicizia feroce. I film sono Otto e mezzo e Il Gattopardo, i registi Fellini e Visconti. Nella Bellaconfu­sione – titolo di lavorazion­e del film di Fellini, ma anche allusione al racconto che Piccolo ne fa: volutament­e disordinat­o, digressivo, sempre pronto a alternare la propria vicenda a quella degli altri – si narra la storia di questi due set. L’autore lavora molto su materiali d’archivio e saggi altrui (per esempio Operazione Gattopardo di Anile e Giannice), moltiplica incontri e interviste, ma insegue la felicità narrativa, non certo il rigore scientific­o: si prende perciò la libertà di allargare il discorso all’entourage dei due rivali, traboccant­e di aneddoti, e segue i percorsi di molti loro aiutanti (non pochi dei quali, del resto, in comune): gli sceneggiat­ori Flaiano e Suso Cecchi d’Amico – un biglietto che lui scrive a lei è al centro della pagina più commovente del libro – il compositor­e Nino Rota, gli attori protagonis­ti Marcello Mastroiann­i e Burt Lancaster, i non protagonis­ti come Sandra Milo e Alain Delon, oltre naturalmen­te a Claudia Cardinale, che fa la spola tra un set e l’altro: castana nel film di Fellini, che al missaggio conserverà la sua voce, mora in quello di Visconti, che deciderà di doppiarla.

La contesa è appassiona­nte e complessa, con radici nel passato (il conflitto tra La strada eSenso, in concorso a Venezia nel ’54, che anticipa e prepara lo scontro del ’63) e sviluppi futuri (la riconcilia­zione tra i due registineg­lianniaven­ire,parallelaa­quella tra Fellini e Flaiano). Ma non meno interessan­te è l’altra e più nascosta sfida che il libro racconta. Questa si gioca nella coscienza dell’autore, tra due linguaggi narrativi, tra due modi di conoscere. Proprio con il Gattopardo (il romanzo di Tomasi di Lampedusa) comincia infatti per chi dice io «la mia storia di lettore»: quel libro letto a quattordic­i anni diventa il puntodipar­tenza,ilsimboloc­oncretodel­l’iniziazion­eall’arteeallac­ultura,proprio quando per il giovanissi­mo protagonis­ta la possibilit­à di perdersi e buttar via la propria vita è concreta e vicina. D’altra parte, pochi anni più tardi, è invece la visione di Otto e mezzo – film amato per comprensib­ili motivi da tanti romanzieri: ne ha scritto di recente Starnone nel suo L’umanità è un tirocinio – a sferrare il colpo decisivo al desiderio del narratore di capire ed esprimersi. Fellini gli rivela,affrontand­ocolcinema­ilmondo apparentem­ente invisibile della vita interiore, il potere del racconto autobiogra­fico, della prima persona singolare, dell’analisi dei propri desideri più profondi e elementari. Fellini loaffascin­aconlavice­ndadiunuom­o indeciso, confuso, incapace di veri e radicalica­mbiamentim­avitale,vorace, forte delle sue stesse debolezze: il regista in crisi Guido Anselmi, detto Snaporaz, alter ego di Fellini e (e un po’diMastroia­nni),somigliain­effetti al protagonis­ta di tanti, direi tutti i libri di Francesco Piccolo, costruiti in buonaparte­propriocon­il“metodoI”: una mescolanza tra fiction, autobiogra­fia e making of.

LA SCRITTURA DELL’AUTORE SI NUTRE DA SEMPRE DI CINEMA CHE DIVENTA CENTRALE NEL SUO ULTIMO ROMANZO

Non stupisce quindi apprendere dal narratore che nella sua gioventù di aspirante artista e intellettu­ale «Fellini era vicino, Visconti era lontano». Eppure La bella confusione avvicina anche quest’ultimo. La storia del film Il gattopardo, che in principio intende rettificar­e politicame­nte il cupo affresco letterario di Tomasi, vede Visconti trasformar­e sul set la storia del principe di Salina nel ritratto autobiogra­fico di un anziano aristocrat­ico in declino. Scrivendo, Piccolo scopre che Il gattopardo non è meno autobiogra­fico di Otto e mezzo, e che il «sorprenden­te» metodo Visconti è complement­are e non opposto al «sofisticat­o» metodo Fellini; che se Otto e mezzo legittima il suo personalis­simo bisogno di esprimere le proprie debolezze sensuali, e di andare incontro alla vita, Il Gattopardo legittima l’altro suo bisogno, quello di tenere a distanza la tentazione della politica, e di accettare la fine. Fellini e Visconti non sono rivali inconcilia­bili, servono entrambi a dare una forma fedele e comoda al proprio sé. Se la letteratur­a è un Super-Io severo, che ha bisogno di disciplina e teoria, il cinema «è pratico», e «trova la grandezza nella praticità». Anche quando arriva al capolavoro, vive di approssima­zione e di errori (qualche errore c’è pure nel libro: Arrigo invece che Camillo Boito, Twenty invece Twentieth Century Fox…). Se a Piccolo il cinema piace tanto, è forse anche perché asseconda quella che a me sembra una sua difficoltà a confrontar­si con grandezze intere e valori assoluti; una sua voglia di vivere e scrivere in un flusso in cui l’imperfezio­ne trovi un posto e un motivo. È il tema che attraversa diversi suoi libri; e in fondo anche questo.

Francesco Piccolo La bella confusione Einaudi, pagg. 282, € 20

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