L’OCCHIO-MENTE DI ITALO CALVINO
In «Guardare» Marco Belpoliti ha raccolto (grazie a un lavoro iniziato ormai trent’anni fa) un’antologia di testi calviniani che documenta l’irrefrenabile desiderio dello scrittore di leggere il mondo come «superficie inesauribile»
In una lettera all’amico ed editore francese François Wahl del dicembre 1960 Calvino scriveva che «quello cui io tendo, l’unica cosa che vorrei poter insegnare è un modo di guardare, cioè di essere in mezzo al mondo».
È da questa esplicita indicazione d’autore che si è mosso Marco Belpoliti per comporre questa bellissima antologia di testi calviniani intitolata appunto Guardare e dedicata alla passione e all’esercizio di guardare il mondo, di vederlo, osservarlo, descriverlo, raccontarlo, classificarlo, viverlo. L’antologia esce nel centenario della nascita di Calvino e ne costituisce una delle tappe editoriali fondamentali. Il lavoro di Belpoliti sul «guardare» di Calvino è però cominciato oltre trent’anni fa, alla fine degli anni Ottanta, approdando nel 1996 al saggio L’occhio di Calvino, testo decisivo nell’interpretazione dello scrittore, con lo scopo di «raccontare la storia dell’occhio-mente di Calvino, il suo irrefrenabile desiderio di leggere il mondo come “superficie inesauribile” e questo non solo nell’ultimo periodo della sua vita, ma fin dal suo esordio letterario nel 1947».
Questa antologia documenta i tanti modi di «guardare» di Calvino dagli anni Quaranta agli anni Ottanta, dal Sentiero dei nidi di ragno (1947) alla “lezione americana” Visibilità, compendio di un modo di essere e di vivere secondo la prospettiva basilare del «pensare per immagini». Risalendo all’infanzia e alle esperienze della prima formazione che «è già quella d’un figlio della “civiltà delle immagini”». «Il mio mondo immaginario», dichiara Calvino in Visibilità, «è stato influenzato per prima cosa dalle figure del “Corriere dei Piccoli”» e «passavo le ore percorrendo i cartoons d’ogni serie da un numero all’altro, mi raccontavo mentalmente le storie interpretando le scene in diversi modi, producevo delle varianti, fondevo i singoli episodi in una storia più ampia»: la «lettura delle figure senza parole è stata certo per me una scuola di fabulazione, di stilizzazione, di composizione dell’immagine».
Dagli anni dell’infanzia a quelli delle Città invisibili (1972) e di Palomar (1983) la carriera di Calvino è stata di una straordinaria felicità creativa, premiata da un costante e crescente successo, tanto da essere divenuto il “classico” per eccellenza del nostro secondo Novecento. Caratterizzato dalla curiosità di esplorare ogni possibilità e strada della conoscenza, in una linea inventiva che ha eletto in Ariosto, Galileo e Leopardi i propri modelli. A questa illustre e innovativa tradizione italiana si è aggiunta in modo potente e illuminante quella francese, che è diventata per parecchi anni esperienza diretta con la residenza a Parigi. Soprattutto con la sintonia di un abito mentale che ha condiviso sia con gli amici dell’Oulipo, in particolare Queneau e Perec, sia con l’ottica enciclopedica dell’illuminismo settecentesco e contemporaneo. Vedere è anche sempre chiarire, senza per questo cadere nell’illusione di un razionalismo risolutivo.
La molteplicità dei testi e dei punti di vista di questa antologia è di una ricchezza eccezionale e permette di entrare nell’universo e nei tanti mondi di Calvino; e attraverso di essi conoscere e comprendere meglio il Novecento. Si comincia dal disegno, dalle vignette pubblicate da Calvino con lo pseudonimo di Jago sulla rivista «Bertoldo» di Giovannino Guareschi e Giovanni Mosca nel 1940; ha diciassette anni, è al suo esordio, prima disegnatore che scrittore. È il giro delle riviste satiriche nel quale crebbero anche Federico Fellini e Oreste del Buono. Poi il cinema, che è la grande passione di Calvino, raccontata nei dettagli in Autobiografia di uno spettatore, introduzione al volume delle sceneggiature di Quattro film di Fellini (1974: I vitelloni, La dolce vita, 8 ½, Giulietta degli spiriti).
«Ci sono anni», scrive Calvino, «in cui andavo al cinema quasi tutti i giorni e magari due volte al giorno, ed erano gli anni tra diciamo il Trentasei e la guerra, l’epoca insomma della mia adolescenza. Anni in cui il cinema è stato per me il mondo». Al cinema Calvino riserva una predilezione che proseguirà per tutta la vita, fino alla giuria della Mostra del cinema di Venezia di cui entrerà a far parte nel 1983. Ci sono pagine notevoli per intelligenza critica, partecipazione emotiva, intuizioni anticipatorie. Dalla grandezza «rivoluzionaria» di Monsieur Verdoux di Chaplin («è Charlot che ha perso la pazienza» e «la fiducia nella bontà»: «dopo aver visto Monsieur Verdoux ogni altro film appare dolciastro e pietistico», 1948) all’irresistibile fascino di Silvana Mangano («è, parola d’onore, la più bella ragazza che io abbia mai visto», 1948) al tempestivo e coraggioso elogio dei Pugni in tasca di Marco Bellocchio («La sua forza è quella delle opere basate su un’idea semplicissima» e «finisce per essere preso a paradigma d’una svolta in atto nell’atmosfera intellettuale italiana», 1966). Alla consapevolezza che la «chiusura delle sale è una catastrofe per il cinema», come dichiara sul «Messaggero» del 19 giugno 1984, perché il cinema «vive nella sale», è «una forma di spettacolo e, come tale, ha bisogno della partecipazione del pubblico» (oggi, a quarant’anni di distanza, messaggio ancor più di stringente e drammatica attualità).
Gli interessi di Calvino spaziano a trecentosessanta gradi, dalla fotografia all’arte all’ambiente al paesaggio alle metropoli alla ritrattistica (memorabile l’articolo sui Ritratti del Duce, 1983) al tema delle collezioni, di cui è emblematica la raccolta di saggi Collezione di sabbia (1984), «libro gemello di Palomar» (Belpoliti). Per Calvino ogni collezione «è un diario» e risponde al «bisogno di trasformare lo scorrere della propria esistenza in una serie d’oggetti salvati dalla dispersione» e dal «vento confuso del vissuto». Così, nella chiave riassuntiva di un’intera esistenza, «sono arrivato a interrogarmi su cosa c’è scritto in quella sabbia di parole scritte che ho messo in fila nella mia vita».
Marco Belpoliti (a cura di) Guardare. Disegno, cinema, fotografia, arte, paesaggio, visioni e collezioni, Italo Calvino
Mondadori, pagg. 742, € 26