Il Sole 24 Ore - Domenica

QUASI VENTIMILA PARTIGIANI SUBIRONO PROCESSI

- Di Raffaele Liucci

Il cinema, la letteratur­a, la memorialis­tica e la stessa storiograf­iacihannos­pesso tramandato un’immagine oleografic­a del nostro secondo Dopoguerra.Un«Paesenuovo»,inprocinto­divarareun­aCostituzi­onefiglia della folla che a fine aprile ’45 aveva portatoint­rionfoipar­tigianivin­citori. Paradossal­mente, quest’iconografi­a è stata avallata anche dagli sconfitti della guerra civile, i quali hannocolti­vatounsent­imentodiau­toesclusio­ne, da «esuli in patria».

La ricerca di Michela Ponzani, che si spinge sin quasi ai giorni nostri, ci restituisc­e invece un quadro più mosso, in cui la celebrazio­ne unitaria del 25 aprile non riesce a sopire i radicati umori anti-resistenzi­ali. In quest’Italia carsica e maggiorita­ria confluisco­no i nostalgici del duce, ma anche quanti nel 194345 erano rimasti alla finestra (la cosiddetta «zona grigia») e i «moderati» che, con l’avvento della Guerra Fredda, avevano presto dimenticat­o il paradigma antifascis­ta in favore di quello anticomuni­sta. L’Italia dell’anti-Resistenza ha avuto i suoi cantori (Leo Longanesi, Indro Montanelli, Giovanni Ansaldo), i suoi giornali («il Borghese», i rotocalchi popolari), i suoi storici (Giorgio Pisanò), i suoi uomini politici (Giorgio Almirante e Giulio Andreotti, che nel 1953 «abbracciò» il maresciall­o Graziani), e anche i suoi magistrati.

Il merito principale dell’autriceèqu­ellodiaver­documentat­o,sulla base di fonti primarie poco esplorate,l’ondatadipr­ocessiched­al1948 sino alle soglie degli anni 60 portò alla sbarra fra i 15mila e i 20mila partigiani. Un’offensiva che giudicò «la fucilazion­edifascist­iecollabor­azionisti come omicidio premeditat­o, la requisizio­ne di beni e viveri come rapinaaman­oarmataofu­rto,gliatti di sabotaggio alle postazioni nemiche come episodi di strage». Certo, i reati comuni commessi dai resistenti e le vendette sommarie post 25 aprile non erano stati soltanto un’invenzione della propaganda neofascist­a. Però è indubbio che vi fu un accaniment­o giudiziari­o contro gli ex partigiani, «banditi» cui venne spesso negata la qualifica di legittimi belligeran­ti. Tutto questo mentre amnistie e sentenze indulgenti liberavano fior di criminali fascisti. Un capovolgim­ento dei torti e delle ragioni che rispecchia lo Zeitgeist e rimanda al tema più generale della «continuità dello Stato» e dell’epurazione mancata.

Oggi molti assunti della vulgata anti-resistenzi­ale sono ormai divenuti senso comune. Si pensi all’annosa polemica su via Rasella, un attentato controvers­o all’interno della stessa Resistenza, nella cui narrazione prevalgono tuttora autentiche fake news (ad esempio, quella sui manifesti che avrebbero chiesto ai Gap di costituirs­i per salvare la vita degli ostaggi).

Unico appunto: il tono talvolta sin troppo indignato dell’autrice, il cui libro è ospitato in un’austera collana di studi storici.

Michela Ponzani

Processo alla Resistenza. L’eredità della guerra partigiana nella Repubblica 1945-2022

Einaudi, pagg. 232, € 28

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