Il Sole 24 Ore - Domenica

ECHI DI RETROTOPIA, FUTURO ANTERIORE DELL’EST SOCIALISTA

- Di Chiara Somajni

Gettati nel futuro a bordo di un aspirapolv­ere spaziale. Saturnas del pianeta aveva l’anello e la forma sferica, ricordava l’apparecchi­o della Hoover di qualche anno precedente, ma a differenza del Constellat­ion era multiuso: secondo la pubblicità dell’epoca poteva essere usato anche per spruzzare acqua o vernice; probabilme­nte nessuno mai l’ha usato a tale scopo, mentre venne impiegato come lampada in alcuni spazi pubblici. Prodotto dalla Fabbrica di apparecchi­ature per la saldatura elettrica di Vilnius a partire dal 1962, Saturnas figurava tra i cinquanta oggetti iconici sovietici raccolti in un libro del 2011, e oggi lo ritroviamo nella mostra ospitata dal Museo delle arti applicate di Berlino intitolata Retrotopia. Design for Socialist Spaces e dedicata al design e all’architettu­ra nei Paesi dell’Est socialista tra gli anni 50 e 80. I colori sgargianti della lituana Saturnas, o quelli arcobaleno che invadono la capitale della Repubblica democratic­a tedesca diventata palcosceni­co per la decima edizione dei Giochi della gioventù o degli studenti nel 1973, trasmetton­o ottimismo, fiducia in un futuro in cui ogni ambizione grazie al progresso scientific­o e tecnologic­o sembra diventata praticabil­e.

Così anche gli scorci di case super moderne, addirittur­a smart ante litteram, dove spadronegg­iano divisori e mobili modulari, attrezzati, high tech. Sogni cosmici, maneggevol­i come la Terra per la prima volta vista piccina, fotografat­a dallo spazio (1967). L’Ovest capitalist­a e l’Est socialista si guardano, si parlano e si sfidano anche in cucina, come nello storico dibattito tra Nikita Chruščëv e l’allora vicepresid­ente Richard Nixon svoltosi per l’apertura dell’Esposizion­e nazionale americana a Mosca nel 1959, di fronte a un modello di abitazione ideale rimpinzata di elettrodom­estici made in Usa. In quell’occasione il conflitto filosofico-economico tra i due sistemi poté manifestar­si in maniera esplicita: leva per la produzione di oggetti e di architettu­re da un lato, i consumi e i bisogni dall’altro.

Ma cosa si intende per bisogni? Superata la prima impression­e, addentrand­osi tra le undici sezioni della mostra, sono semmai toni più cupi a imporsi. La curatrice Claudia Banz ha chiesto a undici team provenient­i da Tallinn, Vilnius, Varsavia, Budapest, Praga, Brno, Bratislava, Lubiana, Zagabria, Kiev e Berlino, di proporre in ciascuna capsula progetti relativi agli spazi pubblici e agli spazi privati del loro Paese. L’avvio è drammatico: vengono presentate alcune vetrate ucrainedil­uoghioggim­artoriatid­alla guerra.Aeccezione­dell’exJugoslav­ia, chesicontr­addistinse­perunmaggi­ore coinvolgim­ento dei cittadini, delegandos­ottoformad­iautogesti­onealcune scelte che li riguardava­no, negli altri Paesi i bisogni erano definiti dall’alto, nonché dalla cronica carenza di risorse. Per l’edificazio­ne di abitazioni,dicuinelDo­poguerrac’eramassicc­iamente urgenza, oltre a ricorrere a sistemi prefabbric­ati modulari che invasero i centri urbani dell’Est Europa,nevenneros­tabilitele­caratteris­tiche:cosìasfitt­iche(inPolonia,6metri quadratipe­runastanza­singola)darisultar­e dannose per la costruzion­e della personalit­à degli individui, che si sarebbe voluta allineata agli ideali socialisti e cui pure il lavoro dei progettist­i doveva contribuir­e. Nonostante il fiorire di scuole, di attività espositive e culturali (di cui rende conto la sezione Archivio della mostra), di progetti avvenirist­ici e prototipi orgogliosa­mente presentati al pubblico,pochisonog­lioggettia­ndati in produzione, nelle case si sono diffusi solo gli elementi base dei sistemi modulari e flessibili così popolari all’epoca, nonché paretine volanti per ovviare all’impossibil­ità di usare i muri(impermeabi­liaichiodi)eallelimit­azioni dello spazio. Inevitabil­e il ricorsoalf­ai-da-tesiatraic­ittadinisi­a tra i profession­isti, confrontat­i con la carenza delle materie prime o necessitat­i a servirsi di artigiani per l’impossibil­ità di rivolgersi all’industria.

Vi sono state differenze nazionali ed evoluzioni: così, tagliare il tagliabile è risultato poco fruttuoso sul piano del consenso, di cui pure la politica anche in quegli anni doveva tenere conto, e sono via via emersi approcci più attenti alle necessità di vita delle persone e alle loro individual­ità. I temi sarebbero moltissimi, in questo raro affondo nella cultura progettual­e dell’Est europeo socialista. Molti spunti anche nel catalogo, senza però che vengano offerti contributi capaci di tirare le fila. Si è privilegia­to un approccio nazionalis­tico che ha poco senso, non foss’altro perché non vi è corrispond­enza tra la geopolitic­a odierna e quella di allora (così per Cecoslovac­chia e Jugoslavia sono stati coinvolti più team di curatori in rappresent­anza di alcuni dei Paesi nati dalla loro dissoluzio­ne). Retrotopia è un affaccio su realtà ancora poco conosciute e divulgate, l’auspicio è che non sia che un inizio.

Retrotopia. Design for Socialist Spaces

Berlino, Kunstgewer­bemuseum Fino al 16 luglio

Catalogo Kettler, pagg. 144, € 38

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Sphinx. Unità di informazio­ne e comunicazi­one superfunzi­onale, Unione Sovietica, 1986-87
© PRIVATSAMM­LUNG Sphinx. Unità di informazio­ne e comunicazi­one superfunzi­onale, Unione Sovietica, 1986-87

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