LA SCALINATA POTëMKIN INIZIA DALL’ITALIA COME SEGNO D’AMORE
Una mostra al Man di Nuoro sull’architetto Francesco Carlo Boffo e il suo arrivo a Odessa nel 1822 per costruire edifici magniloquenti: fu il conte Voroncov a volerli per rendere omaggio alla moglie Elisabetta
Nella grande tela dipinta a fine Ottocento da Rufin Gavrilovich Sudkovsky, il porto di Odessa appare assediato dagli sbuffi delle onde in tempesta: la massa scura e minacciosa che stenta ad arrendersi davanti alla possente muraglia che la cinge come fosse una fortezza trasmette più di ogni altra narrazione letteraria il conflitto tra l’ingovernabilità della natura e la resistenza dell’architettura.
«Il Mar Nero e Odessa – come scrive Francesco Tuzzolino – sono due realtà in cerca di un irraggiungibile equilibrio tra l’informe e la forma, il mistero di una dualità irrisolta: la terrificante entropia di una massa liquida e la quiete possibile delle relazioni urbane».
Uno scenario d’angoscia e di possibile riscatto che rimanda, con atroce intensità, alle scene di guerra che ogni giorno riempiono i mezzi di comunicazione e che, forse, proprio attraverso la storia, acquistano il loro significato più autentico consentendoci di andare a fondo nei perché lontani di cronache altrimenti incomprensibili.
È, infatti, una storia di guerra e di pace quella di Odessa che affonda le sue mitiche radici nella colonia greca di Odessos, anche se fu fondata ufficialmente nel 1794 dall’impero russo nel territorio strappato a quello ottomano: una narrazione di migrazioni e di contaminazioni, che ha il suo motore nell’eterno conflitto tra le ragioni della natura e quelle degli uomini, i quali hanno conteso (e continuano ancor oggi a contendere) il possesso di questa terra per la sua posizione strategica di porto commerciale, da sempre meta di traffici da ogni dove.
Ora, una mostra al Man di Nuoro prova a riprendere le fila di un discorso interrotto dalla guerra a partire dal suo monumento più noto, la lunga scalinata che collega il centro della città alta al bordo del mare e che oggi viene chiamata Potëmkin, in ricordo del celebre film di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn che trasformò un capolavoro dell’architettura dell’Ottocento in un’icona del grande schermo. Al punto che, come dice Roberto Nepoti, la sequenza drammatica in cui la gente viene falcidiata dall’esercito dello zar, è «in assoluto la più citata di tutta la storia del cinema, sia in forma di omaggio sia in forma di parodia, da parte di innumerevoli emuli del maestro russo».
Pochi sanno invece che il progetto originario della scalinata fu firmato negli anni 30 dell’Ottocento dall’architetto Francesco Carlo Boffo (1796-1867), la cui biografia è rimasta per decenni avvolta nel mistero, in bilico fra una tradizione orale che lo legava alla Sardegna e nuovi tasselli documentari che la mostra oggi rivela lungo il percorso espositivo, grazie a recenti scoperte d’archivio.
La storia di Boffo e del suo approdo a Odessa è parte di una più ampia storia di emigrazione di architetti e artisti europei che sin dall’epoca di Caterina contribuirono a “occidentalizzare” i maggiori centri della Russia, dal Mar Baltico al Mar Nero. In diverse epoche storiche, numerosi architetti italo-svizzeri crearono il patrimonio dell’Ucraina tanto che Odessa apparve a Puškin permeata dalla calda lingua italiana. Nel suo romanzo Evgenij Onegin scrisse «la lingua dell’Italia d’oro risuona per le vie allegra, dove passano lo slavo altero, il francese, lo spagnolo, l’armeno, e il greco, e il greve moldavo».
Francesco Boffo arriva a Odessa nel 1822 con il mandato di costruire edifici magniloquenti per la nuova grande città portuale, in virtù della sua rinomata capacità di progettare architetture pienamente espressive del classicismo imperante. Nella zona centrale progettò e costruì più di cinquanta complessi ed edifici rappresentativi, che rafforzarono l’italiano come lingua franca e della cultura, anche perché, a differenza di Mosca o San Pietroburgo, il clima faceva assomigliare la città al nostro
Sud grazie ai suoi colori abbaglianti. Cieli tersi e temperature miti pare che si riflettessero anche sull’avvenenza femminile, a conferma del cliché di Alexandre Dumas: «Cherchez la femme!». Secondo le cronache mondane, infatti, fu il conte Voroncov a promuovere la costruzione della scalinata per farne un omaggio d’amore alla bellissima moglie Elisabetta Branicka: un omaggio di sicuro pregio, che allora costò più di 800mila rubli.
Boffo si tuffò nell’impresa, dato che ne comprese immediatamente il significato simbolico oltre a quello funzionale di rompere l’isolamento della città dal suo fronte mare: fino ad allora, infatti, gli edifici, le piazze, la stessa vita brulicante dell’agglomerato urbano costituivano un mondo a sé, sospeso sull’altipiano in una dimensione di indifferente separatezza imposta alla città e al suo mare. Boffo ebbe la capacità di cogliere il cuore del problema e di intuire la soluzione più spettacolare ed efficace. Senza indugi tracciò una linea che collegava il mare alla città, disegnando una scala di duecento gradini disposti secondo un audace percorso rettilineo, quasi una prospettiva con gli opposti punti di fuga: quello instabile dell’acqua e quello scenografico dei due edifici superiori a esedra da cui parte il principale corso urbano.
L’avvio dei lavori della scalinata ebbe un’eco sino in Italia; nel 1838, un resoconto sugli «Annali universali di statistica» riportava: «Si è cominciata a Odessa una grandiosa costruzione che formerà uno dei più belli ornamenti in quella città [...]. Questa scala [...] avrà duecento scalini divisi in dieci salite, fra ognuna delle quali vi sarà un largo ripiano. La forma di questa scala sarà in certo modo piramidale, perché essa diminuirà gradatamente di larghezza dal basso all’alto».
Un giudizio confermato dai fatti, se la Scalinata Potëmkin è classificata sesta tra le dieci più belle scalinate d’Europa.
QUESTA COSTRUZIONE è UNA DELLE TANTE FIRMATE DA ITALIANI CHE ABBELLIRONO CON IL NOSTRO GUSTO L’IMPERO DEGLI ZAR
Odessa steps.
La Scalinata Potëmkin fra cinema e architettura Nuoro, Museo Man
Fino 25 giugno
Catalogo Libria, pagg. 146, € 25