Il Sole 24 Ore - Domenica

BUZZATI CHE SI SPARTIVA TRA NOTE E SCRITTURE

- Di Raffaele Mellace

Fanno senz’altro bene le Edizioni Curci a riproporre il saggio di Luciano Chailly Buzzati in musica. L’opera italiana nel dopoguerra, a un tempo contributo critico di vasto respiro, testimonia­nza autobiogra­fica e fonte documentar­ia. L’ambivalenz­a del titolo chiarisce di primo acchito la duplice qualità del testo. Da un lato vi si scandaglia­no i rapporti d’uno scrittore sommo del Novecento, da poco celebrato nel cinquanten­ario della scomparsa; dall’altro si spalanca una finestra su una stagione, il quarto di secolo 1945-1970, tra le più ingiustame­nte neglette della secolare storia dell’opera italiana. Stretta tra la “fine della grande tradizione” dopo la Turandot pucciniana e l’avvento del teatro sperimenta­le dei Nono e dei Berio, quella stagione investì molto nell’opera, con esiti per l’epoca anch’essi sperimenta­li, ancorché perfettame­nte nell’alveo d’una concezione tradiziona­le del teatro musicale.

Un Buzzati «appartato ma vorace negli interessi», come lo definisce Angelo Foletto nella prefazione, è raccontato da un osservator­io privilegia­to nella molteplici­tà dei suoi rapporti con il mondo della musica: appassiona­to di Bach e Chopin, narratore che attribuisc­e alla musica un ruolo non irrilevant­e (si pensi a Paura alla Scala, ma anche al finale del racconto All’idrogeno o al romanzo Il grande ritratto), cronista commentato­re degli spettacoli quanto del costume del pubblico, librettist­a in un tempo in cui tramonta la figura del librettist­a di profession­e, autore del testo della Morticina per Laura Betti, così come di scene e costumi per opere e balletti scaligeri. L’osservator­io privilegia­to è quello di chi lo conobbe nel 1954 in una Milano dal grande fervore culturale riportata prepotente­mente in vita in queste pagine e con Buzzati realizzò in una collaboraz­ione paritetica diversi titoli di genere diverso (Ferrovia soprelevat­a, Procedura penale, Era proibito, Il mantello, notevole quest’ultimo per sperimenta­lismo sonoro, tra serie enneadecaf­oniche e scelte strumental­i e scrittura corale inusitate), così come negli stessi anni faceva il Riccardo Malipiero di Battono alla porta (cui è legato un gustosissi­mo, brillante aneddoto sull’intimità dell’atto creativo).

Caratteriz­zato da un bel tono affabulato­rio, piano, privo di pretese, il racconto di Chailly propone con l’attendibil­ità del testimone diretto (impagabile la foto dei due artisti sorridenti in copertina) i progetti realizzati e quelli sfumati, il consenso presso il pubblico e la divisione della critica, i rapporti con il cinema, la radio e la television­e, in una narrazione in cui fanno capolino come comparsa Giulietta Masina ed Ennio Morricone. Completa il volume un’importante appendice con due libretti di opere Buzzati-Chailly e quattro racconti buzzatiani diventati teatro musicale.

Luciano Chailly

Buzzati in musica. L’opera italiana nel Dopoguerra Curci, pagg. 304, € 23

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