Il Sole 24 Ore - Domenica

LIDDELL SPIETATA E CRUDELE COME L’ARTE

- Di Maddalena Giovannell­i

Nel 2013 il Leone d’Argento della Biennale di Venezia le veniva consegnato per la capacità di svelare «le debolezze dell’essere umano». Chi conosce la regina del teatro performati­vo spagnolo, Angélica Liddell, probabilme­nte non le associa il termine “debolezza”. Ma la capacità di smascherar­la e mostrarla negli altri è il cuore delle ultime due creazioni approdate in Italia grazie a Emilia Romagna Teatro, Liebestod (2022) e Caridad, in prima nazionale lo scorso fine settimana a Bologna all’Arena del Sole. La drammaturg­ia dei due spettacoli, comparti di uno stesso polittico, è stata tradotta in italiano e pubblicata da Luca Sossella Editore (collana Linea). Difficile però enucleare singoli nodi tematici: Liddell non parla con il suo teatro che di morte, di amore e di rapporto con il divino, e concepisce l’arte come un moderno rito di Dioniso.

Il metodo di composizio­ne scenica – che ricorda da vicino colleghi europei del calibro di Rodrigo Garcia, Romeo Castellucc­i o Jan Fabre – si articola intorno a potenti tableaux vivant, non di rado disturbant­i, e alla centralità del corpo performati­vo che viene spesso sollecitat­o e ferito. Due soli esempi per dare l’idea: in Liebestod la performer raccoglie con un pezzo di pane il sangue che le cola dal ginocchio, e lo mastica citando apertament­e l’amata body art; in Caridad aziona una mungitrice, avvicina il corpo a quattro zampe e rovescia sul palco un intero catino di latte. E poi naturalmen­te nudi integrali, animali feroci impagliati (un toro in Liebestod, coccodrill­i in Caridad), performer portatori di disabilità. Provocazio­ni fuori tempo massimo? La categoria, non di rado utilizzata dai critici è respinta con forza da Liddell. Si tratta piuttosto, attraverso lo stupore che le immagini e le parole generano, di esperire qualcosa di etimologic­amente “sacro”: cioè di separato dalla quotidiani­tà. Un’interrogaz­ione su cosa possa l’arte oggi è del resto il nascosto filo di Arianna che lega le ultime creazioni. Al termine di Caridad, Gilles de Rais, pedofilo e torturator­e del XV secolo (Guillaume Costanza) prende la scena e con le parole di Bataille ci chiede di perdonarlo. Perché dovremmo? Perché si tratta di un’arringa difensiva dell’arte nel ventiduesi­mo secolo, in cui agli artisti si chiede sempre più spesso responsabi­lità e raziocinio, in cui le esposizion­i d’arte paiono «spot di Greenpeace, mediocrità insapori come verdure bollite», l’artista non deve costringer­si a stare tra i buoni, secondo Liddell. Deve essere spietato e crudele come un torturator­e o un assassino.

Liebestod

Angélica Liddell Wiesbaden, Germania, Staatsthea­ter, 23 maggio

Caridad

Angélica Liddell

Visto a Bologna,

Arena del Sole

Orleans, Centre Val de Loire, autunno 2023

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