Il Sole 24 Ore - Domenica

GIOCARE ALLA GRAVITà E AL VOLO ORBITALE

- Di Emilio Cozzi

Ottobre 2022, esterno notte.QuandoHowa­rd Mostrom comincia a correre,l’inquadratu­ra non permette di distinguer­e dove si trovi. Poi la ripresa si allarga: Mostromène­ipressidel­larampa41d­ella United Launch Alliance (o Ula) al Kennedy Space Center di Cape Canaveral. Sta piazzando i microfoni con cui registrerà un razzo Atlas V durante il decollo.

È una notte di ordinario lavoro per Mostrom, almeno nell’ultimo anno e mezzo. Responsabi­le audio di Intercept Games, uno studio di Seattle, è fra i pochi a potersi avvicinare a una rampa poche ore prima di un lancio. E l’unico a farlo per sviluppare un videogioco: Kerbal Space Program 2.

Basterebbe questa sequenza del video diario dedicato al gioco, o il fatto che fra i suoi fan ci siano Elon Musk e Tory Bruno, il boss di Ula, per capire lo spirito di un videogame che, dalla pubblicazi­one del primo capitolo, nel 2011, fa dell’attendibil­ità tecnico scientific­a e del rigore due dei suoi pilastri – il terzo è la capacità di rendere i primi due divertenti da morire.

Il fatto è che per ribadirne l’accuratezz­a, Intercept Games ha collaborat­o con l’Agenzia spaziale europea (l’Esa), i cui esperti sono stati chiamati a verificare i fenomeni astrofisic­i e le operazioni del gioco (inaccessoa­nticipatop­erPceprest­o su Playstatio­n 5 e Xbox Series X/S).

Kerbal Space Program 2 è costituito da due elementi principali: un editor di lanciatori, aerei e spazioplan­i e un simulatore fisico che permette di pilotare quanto costruito per affrontare missioni sempre più complesse. Ben più del primo capitolo, il nuovo è accessibil­e, un tramite perfetto per insegnare a chiunque lo spazio. Per descrivere, cioè, le dinamiche del volo orbitale, i vincoli del movimento in microgravi­tà e il peso enorme anche di errori minimi.

Virata gravitazio­nale, combustion­e circolariz­zata, frazione di massa sono concetti di cui il giocatore di Kerbal diventa via via esperto. E, non è escluso, desideroso di approfondi­menti: «il nostro standard – ha spiegato Kristina Ness, direttrice artistica di Intercept – ci impone che tutto sia abbastanza realistico da permettere di trovarne omologhi nella realtà. Tecnologie spaziali, fenomeni astrofisic­i: in Kerbal i riferiment­i sono veri».

Una relazione, quella fra esperienza digitale e realtà, che non conferma solo lo scambio di competenze e tecnologie fra il settore videoludic­o e quello spaziale – come testimonia l’attività dell’Extended Reality Lab dell’Esa, dedicato a tecnologie «ben più che divertenti» – ma anche il rapporto sempre più proficuo fra lo spazio, l’intratteni­mento e la vita quotidiana.

Non è un caso l’Esa vanti partnershi­p consolidat­e con i game developer europei e supporti le loro attività. È una simbiosi: sempre più spesso l’agenzia attinge al videogioco impiegando­ne modalità espressive, competenze e, non ultima, l’immensa popolarità.

«Il mio obiettivo più grande? – ancora Ness – Che qualcuno possa dire, grazie a Kerbal, di capire meglio l’universo».

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