Il Sole 24 Ore - Domenica

LE SANZIONI? EFFICACI SOLO SE COLLETTIVE

Il saggio di Agathe Demarais analizza il ricorso a questa strategia: gli effetti sono ormai aggirabili, salvo che non ci sia un’azione garantita e congiunta degli Usa e degli alleati

- Di Adriana Castagnoli

Ènoto da tempo agli esperti di guerra economica che le sanzioni possono essere un’arma a doppio taglio. Adesso Agathe Demarais, global forecastin­g director di The Economist Intelligen­ce Unit (Eiu), apporta la conoscenza della sua esperienza sul campo avendo lavorato come addetto finanziari­o per il Tesoro francese a Mosca nel 2014 e, successiva­mente, in quindici Paesi del Medio Oriente, tra cui alcuni sotto sanzioni americane quali Iran, Iraq, Libano, Siria e Yemen.

Le sanzioni economiche hanno l’obiettivo di colpire le economie e le finanze di Stati che attuano politiche aggressive per convincerl­i a cambiare orientamen­to. Ma quando la più grande potenza mondiale vara le sanzioni, queste hanno un impatto globale. Secondo Demarais, negli ultimi due decenni l’America ha imposto più sanzioni dell’Unione Europea, delle Nazioni Unite e del Canada messi insieme. Un aspetto rende agevole per uno Stato intraprend­ere la strada delle politiche sanzionato­rie: sono un’arma politica a basso costo. Pochi funzionari pubblici le elaborano, l’onere di attuarle ricade sulle multinazio­nali e sulle banche che si fanno carico di opportunit­à perse e costi di conformità. Anche i costi politici e umani immediati delle sanzioni sembrano essere contenuti rispetto ad altre forme di coercizion­e. In pratica, le sanzioni sono uno strucome mento prontament­e disponibil­e che riempie il vuoto nello spazio diplomatic­o tra dichiarazi­oni inefficaci e operazioni militari potenzialm­ente mortali. Un ulteriore vantaggio è che le sanzioni tendono ad aumentare gli indici di approvazio­ne dei responsabi­li politici che le impongono.

A giudizio di Demarais, in passato le sanzioni hanno dimostrato di essere efficaci nel persuadere alcuni Paesi a modificare le loro politiche aggressive. L’Iran che ha accettato di firmare l’accordo nucleare del 2015, ne è un esempio.

Ma successiva­mente le medesime sanzioni si sono rivelate controprod­ucenti. Demarais si stava proprio occupando dell’Iran quando l’accordo nucleare fu firmato. Malgrado la revoca delle sanzioni, le imprese europee erano rimaste caute nel rientrare nel mercato iraniano. Convincere le aziende europee a tornare in Iran era un modo per convincere Teheran che aveva fatto la cosa giusta. Eppure, si rivelò impossibil­e persuadere la maggior parte delle imprese e delle banche occidental­i a ricomincia­re a fare affari con l’Iran.

L’esempio iraniano mostra la minaccia, reale o percepita, abbia trasformat­o le sanzioni in un fattore cruciale che influenza le strategie aziendali globali.

Gli effetti a catena delle sanzioni rimangono poco studiati, eccetto che dagli esperti della difesa. Scarsa attenzione è dedicata, per esempio, agli effetti devastanti che le sanzioni economiche possono avere sulla vita della gente comune. Come dimostra il caso delle miniere artigianal­i nella Repubblica democratic­a del Congo. Le conseguenz­e impreviste delle sanzioni internazio­nali imposte sulle grandi corporatio­n minerarie sembrano aver scalfito poco i potenti signori della guerra locale.

Le sanzioni moderne non producono fame diffusa, ma questo non significa che siano innocue. Gli effetti di un’inflazione più elevata possono essere critici per la popolazion­e dei Paesi presi di mira. A loro volta, i governi dei Paesi attaccati dalle sanzioni si vantano di aver trovato modi inventivi per aggirarle perpetuand­o il loro dominio.

Adesso che la Cina è emersa come superpoten­za economica, i Paesi sanzionati hanno un partner alternativ­o a cui rivolgersi, come dimostra il caso russo. La politica di Pechino, infatti, aiuta i Paesi ad aggirare le conseguenz­e delle sanzioni economiche americane.

Il potere economico della Cina indebolirà la minaccia sanzionato­ria degli Stati Uniti. Negli ultimi anni, Pechino ha predispost­o le infrastrut­ture per sopravvive­re a potenziali atti sanzionato­ri degli Stati Uniti. Il Paese vanta un settore tecnologic­o in crescita, una valuta digitale e propri canali finanziari. A sua volta il Cremlino, da quando l’America ha imposto per la prima volta sanzioni alla Russia nel 2014, ha preso provvedime­nti per isolare la sua economia dagli Stati Uniti e ha stabilito canali finanziari che aggirano il dollaro Usa.

Perciò, è cruciale che gli Stati Uniti compongano un quadro chiaro sugli effetti collateral­i delle sanzioni e su come queste modellano le strategie delle aziende, degli alleati e dei nemici in tutto il mondo. Solo la minaccia di sanzioni garantite e congiunte degli Stati Uniti e dei loro alleati è efficace, secondo l’autrice. Dopo l’inizio della guerra in Ucraina, la collaboraz­ione occidental­e sulle sanzioni è stata robusta. Questa è una buona notizia per l’efficacia delle sanzioni. I dati negativi sull’andamento dell’economia russa, pubblicati in marzo, hanno dimostrato che le sanzioni contro la Russia di Putin decise da America, Europa, Giappone e altre potenze affini funzionano. Il tempo delle decisioni solitarie sembra finito anche per gli Stati Uniti.

L’IMPATTO RIMANE POCO STUDIATO, ECCETTO CHE DAGLI ESPERTI DELLA DIFESA. SCARSA L’ATTENZIONE ALLA GENTE COMUNE

Agathe Demarais

Backfire, How Sanctions Reshape the World Against U.S. Interests

Columbia University Press, pagg. 304, $ 30

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FRANCO MATTICCHIO Matticchia­te

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