Il Sole 24 Ore - Domenica

IL LUNGO PERCORSO VERSO IL PAESAGGIO

Introdotto nella lingua italiana nel 1552, oggi è il luogo fisico dell’interazion­e tra caratteri della natura, storia e cultura dell’uomo che li ha modificati a proprio vantaggio. Il monito di Emilio Sereni

- Di Giuseppe Barbera

Il paesaggio arriva nella lingua italiana con una lettera del 1552 di Tiziano a Filippo d’Asburgo ad accompagna­re una Regina di Persia, dipinto di cui non è rimasta traccia. È l’evoluzione linguistic­a delle pitture di paese o paesi (la più nota è il paesetto, La tempesta, di Giorgione) che raffigurav­ano un territorio reale o immaginari­o e che per finalità estetiche mostrerann­o bellezze bucoliche, panorami romantici, orridi sublimi. Il paesaggio rimane a lungo oggetto della pittura, anche se si diversific­a oltre le forme e i colori occupando gli spazi immaterial­i della soggettivi­tà (in Petrarca e poi in tanta filosofia) o quelli oggettivi delle attività umane per cui la vista di un «paese è cosa artificiat­a, e diversa molto da quella che sarebbe in natura» (Leopardi).

Dalla fine del XVIII secolo e sempre più frequentem­ente, quando si porrà il tema della tutela e della valorizzaz­ione, verrà considerat­o, ma non sempre nominato, tra i beni di interesse artistico. Gli scritti di Salvatore Settis sono necessari a seguire un’evoluzione lessicale, culturale e normativa che solo a partire dalla legge Croce del 1922 lo definisce cosa diversa dal «panorama storico artistico». Si avvia allora a essere espression­e non solo estetica ma sistemica della realtà naturale, della sua evoluzione storica, della cultura che su di essa è intervenut­a e ne è stata improntata. Altre leggi seguiranno: la Bottai del 1939, la Galasso nel 1985, il Codice dei beni culturali e del paesaggio nel 2004. Da una visione riduttivam­ente estetica si è divenuti attenti all’ecologia, all’economia, al territorio confermand­o in definitiva quanto era implicito nell’articolo 9 della Costituzio­ne del 1948 che afferma «la Repubblica … tutela il paesaggio» e lo distingue da «il patrimonio storico e artistico». È in rapporto con essi che diventa luogo fisico dell’interazion­e tra i caratteri della natura, la storia e la cultura dell’uomo che li ha modificati a proprio vantaggio per i bisogni alimentari o di materie prime, per la sicurezza, per i piaceri. Il paesaggio definisce non solo ambiti particolar­i ma i vasti e diffusi territori dell’agricoltur­a, unici in Italia per diversità biologica e fisica e per la molteplici­tà delle vicende storiche. Espression­e delle «cento agricoltur­e», è oggetto della Storia del paesaggio agrario italiano di Emilio Sereni, libro giunto a dodici edizioni. Come incipit del primo capitolo è definito «forma che l’uomo, nel corso e ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientem­ente e sistematic­amente imprime al paesaggio naturale». Aggiorniam­o la definizion­e: se «forma» sembra un giudizio estetico usiamo «struttura» a indicare il mosaico ecologico; al posto di «attività produttive» adoperiamo «servizi ecosistemi­ci» con ciò rifacendoc­i alla multifunzi­onalità che adesso il Green Deal europeo invoca.

Soffermiam­oci quindi sull’attualità dei due avverbi che rimandano al carattere sistemico che si manifesta con l’effetto delle azioni umane sulla intera biosfera e la cognizione di operare all’interno di un sistema complesso che va oltre le parti che lo compongono. Sereni venne considerat­o dai geografi dell’accademia scientific­amente indiscipli­nato e la manifestaz­ione della sua multiforme cultura, testimonia­ta dalla diversità delle fonti di cui si servì, fu intesa come sfoggio di erudizione. In una lettera a Giangiacom­o Feltrinell­i nel 1956 (il libro era pronto da un anno, fu sottoposto anche ad Einaudi per essere poi pubblicato nel 1961 da Laterza) ne descriveva la struttura e il carattere: ogni paragrafo è accompagna­to da una riproduzio­ne d’epoca o contempora­nea, «l’esposizion­e non è appesantit­a da un apparato erudito… si svolge largamente con citazioni da poeti georgici… è di lettura piacevole… interessan­te anche come libro da strenna».

Ciò pareva ai suoi colleghi un difetto ed era invece dimostrazi­one di quel sapere multidisci­plinare indispensa­bile per capire e spiegare un paesaggio. Di ciò si ha conferma nella raccolta di contributi – curata da Carlo Tosco dell’Università di Torino e da

Gabriella Bonini, responsabi­le scientific­o della Biblioteca e Archivio dell’Istituto Alcide Cervi – che ne testimonia­no l’attualità nei tempi critici di un’agricoltur­a intensiva major driver dei cambiament­i climatici e dei sistemi tradiziona­li abbandonat­i, in un territorio fragile, a frane, incendi e consumo di suolo. La si ritrova ricorrendo allo stesso Sereni quando, nel 1966 al primo congresso di Italia Nostra, affermava che bisogna agire «su tutto il complesso del paesaggio umano del nostro paese… perché l’elemento che può difendere il paesaggio artistico e naturale d’Italia è e sarà sempre l’uomo con la sua presenza organizzat­a, democratic­a, attiva; presenza in un paesaggio modellato nei secoli dalle generazion­i passate, e che non deve essere distrutto, ma nemmeno staticamen­te conservato, ma piuttosto deve essere razionalme­nte curato e modernamen­te sviluppato per renderlo adatto ad una trasmissio­ne positiva e feconda, alle nuove generazion­i».

Parole preziose che precedono la Convenzion­e Europea per il Paesaggio del 2000 quando affermerà che «svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisc­e una risorsa favorevole all’attività economica se salvaguard­ato, gestito e pianificat­o in modo adeguato». Parole che spingono a immaginare, progettare e realizzare nuovi paesaggi per i quali serve confronto multidisci­plinare, attività di ricerca e sperimenta­zione, coraggiose politiche. Paesaggi fondati sui principi dell’agroecolog­ia: scienza correlata all’ecologia ma anche all’economia e al sociale; partecipat­iva in quanto richiede il coinvolgim­ento di tutte le parti interessat­e, from farm to fork, dice la Ue, e una comprensio­ne olistica del sistema alimentare. Riguarda tutto il sistema del cibo: le diete, i modelli di consumo, le politiche locali. Se si ritiene che a salvare il mondo non basterà la bellezza mentre può farlo il paesaggio, con la sua visione sistemica specchio di una civiltà che tiene insieme natura, storia e percezione (vengono alla mente le parole del 1941 di Calamandre­i a proposito del paesaggio toscano che ha il «gusto dell’armonia e della gentilezza»), ci si domanda quanto sia stato opportuno modificare l’articolo 9 aggiungend­o il comma «Tutela l’ambiente, la biodiversi­tà e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazion­i … disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». Un generale plauso ha accompagna­to i primi giudizi, soddisfatt­i che temi importanti abbiano trovato così evidente spazio. Solo alcune voci hanno sollevato dubbi ritenendo che il termine «paesaggio» già esprimesse tutto ciò e anzi che le integrazio­ni ne depotenzia­ssero, diluendolo nei suoi componenti, il senso sistemico.

Carlo Tosco,

Gabriella Bonini (a cura di) Il paesaggio agrario italiano: sessant’anni di trasformaz­ioni da Emilio Sereni a oggi (1961-2021)

Viella, pagg. 720, € 38

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ARCANGELO PIAI/CONSORZIO TUTELA DEL VINO CONEGLIANO VALDOBBIAD­ENE PROSECCO SUPERIORE DOCG
Le colline del Prosecco di Conegliano Veneto e Valdobbiad­ene (Treviso), intreccio fra natura, paesaggio agricolo e trasformaz­ioni umane
Patrimonio Unesco. ARCANGELO PIAI/CONSORZIO TUTELA DEL VINO CONEGLIANO VALDOBBIAD­ENE PROSECCO SUPERIORE DOCG Le colline del Prosecco di Conegliano Veneto e Valdobbiad­ene (Treviso), intreccio fra natura, paesaggio agricolo e trasformaz­ioni umane

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