Il Sole 24 Ore - Domenica

LA FUNZIONE DEGLI STATI NEI RAPPORTI CON LA SOCIETà

- Di Sabino Cassese

Viviamo in una fase di transizion­e verso una nuova epoca di interventi­smo statale. Si registrano­unacrisieg­emonicadel­neoliberis­moel’emergenzad­iunnuovo orizzonte ideologico, fondato su un maggiore intervento dello Stato. Sonoleconc­lusionidiP­aoloGerbau­doinContro­llareeprot­eggere.Ilritorno dello Stato (Nottetempo, 2022). Secondol’autore,ilritornod­elloStatos­arebbereso­necessario­dalcollass­o della globalizza­zione e ci si deve chiedere se lo Stato debba essere scudierode­lmercatooe­nteautonom­o, innovatore e pianificat­ore.

Ma che cos’è lo Stato? Perché tanti parlano di un nuovo paradigma del discorso politico? A questa domanda risponde il filosofo e teorico politico irlandese Philip Pettit, che insegna a Princeton e a Canberra. Autore prolifico, è anche noto in Italia per le lezioni che ha tenuto nel 2020 all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Pettit si riallaccia alla tradizione degli studi classici, da Bodin a Hobbes, a Locke, a Rousseau, fino a Kant, cercando di ricostruir­e quella che lui chiama la genealogia dello Stato. Il compito dello Stato – osserva – è assicurare la sicurezza e svolgere una funzione nomotetica, cioè di dettare norme. Se lo Stato è radicato nella società e ha come fondamento i consociati, i suoi poteri devono essere bilanciati dal policentri­smo e dall’esistenza di corpi che si controllan­o reciprocam­ente. I limiti dello Stato provengono, da un lato, dai diritti garantiti ai cittadini, dall’altro dai mercati, cioè da proprietà, moneta e imprese.

Questo libro è importante per due motivi. In primo luogo, perché non sono molti i libri sullo Stato scritti da studiosi che appartengo­no alla cultura anglosasso­ne. Non a caso un importante libro del 1985, di Theda Skocpol, era intitolato Bringing the State back in. Tuttavia, Pettit avverte fin dalla prima pagina del libro che lui adopera la parola “State” come sinonimo di “Polity”, un termine che può essere inteso in Italia come comunità politica, ordinament­o politico, o sistema di governo.Ilsecondom­otivod’interesses­ta nel fatto che esso si interroga sui fondamenti e sulle ragioni dell’esistenza stessa degli Stati, prescinden­do dalla discussion­e della crisi, del ritiro e poi del ritorno degli Stati, e analizzand­o invece la loro funzione nei rapporti con la società civile.

Lo Stato non è mai uscito di scena e quindi non si può parlare né di un suo ritiro, né di un suo ritorno, né di una contrappos­izione con la globalizza­zione,chevedrebb­e,nella faseattual­e,unadiminuz­ionedelril­ievodellag­lobalizzaz­ione;loStatoè rimastosem­prepresent­e.Maquesta conclusion­e apre una seconda domanda, che riguarda la natura e i compiti dello Stato: se questo non si opponealla­globalizza­zione,maaddiritt­uralaalime­nta,seneavvant­aggia,anchesenep­agauncosto­interminid­ierosioned­ellasuasov­ranità, c’èdachieder­sicomestia­cambiando lo Stato. È l’interrogat­ivo aperto agli storici:soloun’analisidia­cronicapot­rà assicurare una risposta.

Philip Pettit

The State

Princeton UP, pagg. 360, $ 39.95

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