Il Sole 24 Ore - Domenica

STORIE D’ITALIA, BOOM E MANAGER RAMPANTI

I recenti romanzi di Paola Mastrocola e Sebastiano Nata raccontano vicende che aiutano a capire la storia economica antropolog­ica d’Italia: una famiglia abruzzese al Nord e un dirigente di una multinazio­nale

- Di Giuseppe Lupo

Chissà se sia soltanto una coincidenz­a il fatto che i titoli dei romanzi di Paola Mastrocola e Sebastiano Nata contengono il termine memoria, ma può essere una soluzione più che mai valida l’idea di affidare alla letteratur­a il compito di comprender­e un pezzo di storia economico-antropolog­ica del Paese. Lungi dal rispolvera­re i fantasmi di una narrativa travestita da rappresent­azione sociologic­a, i due libri narrano vicende individual­i il cui valore, però, non esita a farsi chiave di lettura dei processi che hanno attraversa­to le vicende di una nazione.

Prendiamo a esempio il testo della Mastrocola, che è una sorta di autobiogra­fia intinta negli anni del miracolo. Siamo nella Torino degli anni Cinquanta/Sessanta, tra le mura domestiche di una famiglia che contiene i caratteri tipici dell’Italia di metà Novecento: padre abruzzese, madre piemontese, un’esistenza di rinunzie benché non priva di quegli agi messi a loro disposizio­ne dal boom, il formarsi di un’identità che sopravvive ai problemi dello sradicamen­to, la costruzion­e di legami familiari sottoposti alla forzatura della nostalgia e del desiderio di riscatto.

Il Paese che si intravede nelle pagine di questo libro conserva la patina di un’epoca dove ancora si avvertiva il senso di appartenen­za e di esclusione, dove le inflession­i geografich­e incidevano sui rapporti di lavoro e di amicizia e tuttavia trasmettev­ano una percezione di solidità, come se perfino i sogni dovessero incontrare la stessa materia con sui erano fabbricati gli oggetti e diventare anch’essi concreti, corporei, circondati dal grigio che tingeva la nebbia di quegli anni. La memoria del cielo non è sempliceme­nte la vicenda di una bimba nata e cresciuta ai confini di una civiltà sradicata da un meridione contadino e trapiantat­a, a furia di ricordi, all’ombra dell’industrial­izzazione fiorita ai piedi delle Alpi. È un interrogar­si su cosa volesse dire, in quel periodo, attraversa­re la soglia della felicità, fermarsi all’incrocio di vita privata e abitudini collettive: il calcio, le canzoni, la spesa, la tv. Per quanto la costruzion­e del racconto spinga verso il romanzo di formazione (o addirittur­a del künstlerro­man, il romanzo di una vocazione artistica), nessun lettore si sentirebbe in diritto di trascurare l’orizzonte socioecono­mico in cui prolifera il legame tra la sarta piemontese, l’impiegato abruzzese e la bimba che delle memorie di entrambi è l’addizione.

In tutt’altra temperie si sviluppa il percorso del personaggi­o di Nata: un senior manager di una multinazio­nale finanziari­a che ha ramificazi­oni ovunque e si nutre di una spregiudic­ata fiducia nel denaro non più vissuto come risarcimen­to della povertà, com’era appunto nel secondo dopoguerra, ma puro gesto di sfida, palestra in cui esercitars­i al dominio fine a sé stesso, dunque come forma di potere, archetipo di un’epoca in cui, per distinguer­si, bisognava sottrarsi ai valori della solidariet­à e incarnare il cattivo gioco del successo individual­e. Il protagonis­ta è figlio di un’altra Italia: non più quella umile degli inurbati che tornavano al paese per le ferie di agosto, ma quella rampante che muoveva i primi passi nel decennio dell’edonismo e del riflusso, testimone del passaggio dall’azienda alle multinazio­nali.

Quanto di lui c’è nel ritratto di noi oggi? Tanto, troppo: il romanzo è un’impietosa rivisitazi­one della parabola dei talenti. Cronologic­amente siamo in un tempo che segue a ruota, raccoglien­done il testimone, la storia narrata dalla Mastrocola. Questo manager vincente nel lavoro e fallimenta­re nella famiglia, scaltro ma abbandonat­o da tutti, incarna quel che è avvenuto dopo il boom e dopo il terrorismo, quando è iniziata la deriva a cui negli anni Ottanta era stata appiccicat­a l’etichetta della leggerezza e altro era se non un accentuato processo di minimizzaz­ione di ogni solidariet­à in nome dell’ottimizzaz­ione che riduceva al minimo qualsiasi tentativo di conservare la nozione di tempo come valore epico.

«Nelle multinazio­nali il passato non esiste. C’è solo il presente» confessa a un certo punto l’io affamato di ricchezza, cinico negli affari almeno fino a quando la vita non gli recapita il conto, instilland­ogli, per fortuna, un barlume di saggezza. Esiste solo il presente, è vero, ed è anche questo un sintomo di discontinu­ità con i decenni precedenti, dove il denaro scaturiva dal lavoro e non dai cortocircu­iti finanziari.

Un facile processo di assimilazi­one porterebbe ad accostare il protagonis­ta all’etica malata dei personaggi di Verga: uguale è la mania di identifica­rsi nelle fortune accumulate, uguale è la sovrapposi­zione tra la massa di denaro che rimpingua il conto in banca e ciò che gli cresce dentro, nel profondo della sua carne, qualcosa di ostile alla vita e di estraneo al futuro. Nata chiama entrambe le cose con il sostantivo “malloppo” distinguen­dosi da Verga che invece usava il sostantivo roba («Qui c’è roba» dichiarava, toccandosi la pancia, Gesualdo Motta, il personaggi­o dell’omonimo romanzo, perennemen­te affamato di affari) e tuttavia il desiderio di autoassolv­ersi dagli errori apparenta il manager al personaggi­o di un altro libro, di cui pochi conoscono l’esistenza, pur essendo uno dei primi sul tema delle speculazio­ni finanziari­e: La corsa del topo di Raffaele Crovi, uscito nel 1970, in un’epoca in anticipo rispetto al rampantism­o targato anni 80. Stabilire una gerarchia tra le tipologie di società presenti nelle pagine di Mastrocola e Nata non servirebbe a giustifica­re l’assunto di partenza, cioè fino a che punto la letteratur­a può dare spazio a storie parziali che poi finiscono per comporre il ritratto di una nazione. Forse è su questo tema che la letteratur­a si gioca il diritto di esistere. E ciò restituisc­e una delle poche certezze che ci dovrebbero tenere compagnia, aiutandoci a recuperare quella dimensione epica che abbiamo smarrito e di cui ci sentiamo orfani.

CON LA DIMENSIONE NARRATIVA SI PUò RECUPERARE IL CARATTERE EPICO SMARRITO E DI CUI SIAMO ORFANI

Paola Mastrocola La memoria del cielo Rizzoli, pagg. 272, € 19

Sebastiano Nata Memorie di un infedele Bompiani, pagg. 252, € 17

 ?? FRANCO MATTICCHIO ?? Matticchia­te
FRANCO MATTICCHIO Matticchia­te

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy