Il Sole 24 Ore - Domenica

COME KAFKA, UN ASSUNTO ASSURDO è SPUNTO DI PARTENZA

- Di Fernando Aramburu

Figli della favola fa parte di una serie chiamata Gente basca. È il terzo titolo della serie pubblicato finora, e fa seguito a Dopo le fiamme e Anni lenti. Ognuno di questi libri si può leggere in maniera indipenden­te. Fino a un certo punto, però, dialogano tra loro o si integrano. In tutti, i protagonis­ti sono uomini e donne della mia terra natale, i Paesi Baschi, e forse non è eccessivo giudicarli nel loro insieme, sebbene non sia assolutame­nte imprescind­ibile.

All’inizio, prima di scrivere il rigo iniziale di Figli della favola, c’era una domanda. Ora che l’ETA ha deciso di rinunciare alle armi, cosa succedereb­be se…? Forse subito dopo mi è venuta un’immagine, la possibilit­à di un episodio, insomma, quelle cose disperse che cominciano a formare dei legami in un angolo del cervello e che un bel giorno accendono la volontà di scrivere una storia. Con più precisione ricordo che il processo di scrittura è risultato piuttosto complicato a causa del fatto che mi ero imposto una concisione estrema e che avevo bisogno di trovare in ogni momento un equilibrio che salvasse il romanzo dall’incorrere in un eccesso di caricatura o, al contrario, nella giustifica­zione dei terroristi.

In realtà, non c’è stato bisogno di ripropormi la parodia. Senza deciderlo in maniera deliberata, ho assunto il modello di Kafka, al quale piaceva iniziare i suoi racconti a partire da una premessa assurda che poi sviluppava con una rigida logica. Ho cercato di fare la stessa cosa, senza accentuare di proposito i tratti umoristici. Dal principio alla fine i miei personaggi agiscono seguendo un sistema logico-mentale, però a partire dall’assurdità di pretendere di essere dei combattent­i senza esperienza, senz’armi, senza struttura organizzat­iva e senza soldi. Che i lettori li trovino divertenti o grotteschi, è una faccenda che riguarda i lettori.

Io sono critico nei confronti del fanatismo quando mi esprimo negli articoli o nelle interviste. Nei romanzi adotto una distanza rispetto a ciò che narro allo scopo di non danneggiar­e la letteratur­a riempiendo­la di ideologia esplicita. Non tutelo mai i lettori dicendo loro ciò che devono pensare a partire dai miei testi, né commetto nei loro confronti l’abuso di incamminar­li verso l’approvazio­ne di una determinat­a tesi. Questo principio l’ho mantenuto anche in Figli della favola.

(Traduzione di Bruno Arpaia)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy