Il Sole 24 Ore - Domenica

ELOGIO DELLA BUGIA, VERITà POTENZIALE

L’ultimo romanzo di Ermanno Cavazzoni, uno dei nostri più importanti scrittori, è ambientato nell’Italia di oggi e si colloca nella grande tradizione della satira

- Di Gino Ruozzi

Ermanno Cavazzoni è uno dei più importanti scrittori italiani tra fine Novecento e Duemila. Da oltre trent’anni, dal folgorante esordio del Poema dei lunatici (1987), la sua voce ha un tono inconfondi­bile, non a caso assunto da Fellini nell’ultimo film La voce della luna (1990). Cavazzoni ha fatto della realtà quotidiana un luogo e un tempo di stupori e fantasie, di interrogat­ivi e ribaltamen­ti esistenzia­li, di dialoghi tra pianure lune e galassie, con l’utopica curiosità del viaggiator­e ariostesco. È sorprenden­te la capacità di ancorarsi alla realtà mostrandon­e i lati surreali, comici, satirici, come ha fatto per anni anche dalle pagine di questo giornale. Cavazzoni è inoltre un narratore divertente sia da leggere sia da ascoltare; le sue letture pubbliche sono un coinvolgen­te e appagante spettacolo di ironia e di intelligen­za.

Il gran bugiardo è il romanzo più recente e si colloca nella scia della grande tradizione della satira italiana, dalle Satire di Ariosto, di cui ha curato un’odierna edizione (2021), a quelle poetiche di Parini e Alfieri, a quelle narrative di Svevo Pirandello e Gadda, Bianciardi, Malerba e Celati. Scriveva Ennio Flaiano che «la satira e la caricatura sono il sale di una società».

Il gran bugiardo di Cavazzoni è un’acuta e sarcastica interpreta­zione dell’Italia attuale, tanto paradossal­e quanto realistica. A cominciare dalla cornice temporale in cui è inserita la storia, la settimana dal 5 al 12 settembre 2001, quella dell’attace del crollo delle Torri Gemelle di New York, tragica sigla di inizio del nuovo millennio. A questo ineludibil­e evento della grande storia fa da contrappas­so la surreale vicenda personale di un bugiardo incallito, che quasi suo malgrado si trova a moltiplica­re in maniera esponenzia­le le proprie bugie creando una serie di farnetican­ti e mediocri universi paralleli. Grande Storia e minuscole storie come in Boccaccio e in Manzoni; sdoppiamen­ti di identità come in Mattia Pascal, Vitangelo Moscarda e Zeno Cosini.

Da persona anonima come tante, povero e squattrina­to, millantato­re di esami universita­ri mai sostenuti, di una finta laurea comprata a buon mercato, di «esili» e in apparenza innocue bugie «a fin di bene», «il gran bugiardo» si trasforma rapidament­e in parecchi personaggi. Egli diviene via via e nello stesso tempo uno scrittore di successo, un direttore d’orchestra, un provvidenz­iale medico, chiamandos­i volta a volta Luc, Nic e Oscar. Il tutto per piacere alle ragazze, la cui attrazione irresistib­ile lo porta a creare identità fasulle che possano suscitare fascino e ammirazion­e. L’obiettivo è conquistar­le e per questo egli è disposto a cacciarsi nelle situazioni più complicate, sul classico e sempreverd­e modello della commedia degli equivoci e nell’idea di un’astuta strategia sentimenta­le («procrastin­are, tenerle nell’aspettativ­a, è la tecnica dei Don Giovanni»). Pur di «non deluderle» e di «non perderle» egli asseconda la propria «inclinazio­ne a mentire in modo così smisurato da non sapere poi come aggiustare le cose». Eppure è proprio «l’enormità della balla» a renderlo incredibil­mente credibile. Il gran bugiardo si rivela pertanto uno straordina­rio equilibris­ta, in grado di reggersi in modo incerto e rocamboles­co eppure vincente sui fragili fili di giorni frenetici e avvincenti, in bilico tra cadute rovinose e inattesi riconoscim­enti pubblici e privati.

Il passaggio tra menzogna e verità sovente avviene senza soluzione di continuità. Sempre che esista davvero una differenza. Perché gli capita di essere creduto quando dice colossali bugie e di essere frainteso quando invece dice la pura verità delle cose. Quindi che fare? Come orientarsi in questo mondo così scivoloso e sospettoso? popolato di «sostituti», «intrusi» e «impostori»? In cui la sincerità assoluta viene presa per sottile ironia e la suprema finzione per indiscutib­ile verità? Ogni volta il gran bugiardo si sente «a un passo da un’altra catastrofe, sul filo del rasoio»: eppure regge, anzi seduce. Quel mondo di finzioni che sembra sempre sul punto di crollare invece resiste e infine per «lo pseudo» Oscar, Luc o Nic «si ricompone» senza distruttic­o ve lacerazion­i, addirittur­a con uno sfacciato lieto fine. Il contrasto con il crollo dell’11 settembre 2001 è stridente, offensivo, scandaloso. Il terribile dell’esistenza è che le cose vanno comunque avanti, le vere e le false insieme, le più atroci accanto alle più impudenti e insignific­anti, perché «è la natura stessa a curare».

Nell’inquietant­e e disarmante elogio/denuncia della bugia si riflettono anche le eccezional­i potenziali­tà della letteratur­a, che è per essenza invenzione e menzogna ma non per questo meno illuminant­e sulla verità delle cose. Con le proprie ardite falsificaz­ioni il gran bugiardo crea ogni volta una storia estrosa, un’interpreta­zione della vita da una prospettiv­a inedita. L’incremento dei punti di vista, siano essi probabili o soltanto immaginabi­li, non può che arricchire la conoscenza. Nella coscienza di quella sostanzial­e precarietà e convivenza degli opposti espressa dall’ipotetico romanzo La notte della felicità dello «pseudo» Luc.

Numerosi gli aforismi generati da questa prosa brillante tra il piacere del racconto e quello della riflession­e, da «Erano discorsi ipotetici e fantasiosi come sono i discorsi del popolo» a «Il ministero dev’essere uguale a un inferno, solo un po’ rimodernat­o» (in aperto omaggio ad Augusto Frassineti).

PROTAGONIS­TA UN BUGIARDO INCALLITO CHE MOLTIPLICA LE PROPRIE FROTTOLE DANDO VITA A BIZZARRI UNIVERSI PARALLELI

Ermanno Cavazzoni Il gran bugiardo

La nave di Teseo, pagg. 208, € 19

 ?? ?? Sogno e realtà. René Magritte, «La maison de verre» (1939), dalla mostra «Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealism­o. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen», Milano, Mudec, fino al 30 luglio
RENE MAGRITTE, BY SIAE 2023
Sogno e realtà. René Magritte, «La maison de verre» (1939), dalla mostra «Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealism­o. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen», Milano, Mudec, fino al 30 luglio RENE MAGRITTE, BY SIAE 2023

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