Il Sole 24 Ore - Domenica

UN VENEZIANO ALLA CORTE INDIANA

Il libro di Gianni Dubbini Venier racconta le peripezie del viaggiator­e che vide da vicino i Moghul e ne segue il percorso nelle sconfinate terre dell’Asia: dalla Turchia alla Georgia, dall’Armenia a Madras

- Di Claudio Visentin

L’incipit non si scorda: «Essendo io di poca età e desiderand­o grandement­e di vedere il mondo, poiché i miei genitori non me lo volevano concedere, mi risolsi di partire in qualunque modo che fosse. Perciò sapendo che stava per far vela una tartana, benché non sapessi in qual parte fosse diretta, fattomi animo vi entrai».

Siamo nel 1653 e comincia così il viaggio straordina­rio di Nicolò Manucci veneziano, quattordic­enne figlio di povera gente (i suoi familiari macinavano il pepe importato dall’Oriente). Nicolò non sa ancora che il suo è un viaggio di sola andata e che non rivedrà più Venezia. Ma per intanto la sorte, poco benigna alla nascita, lo favorisce invece grandement­e quando poco dopo la partenza viene inevitabil­mente scoperto, nascosto tra i sacchi delle provviste nella stiva. Proprio mentre rischia di essere sbarcato nel primo porto (o peggio), uno stravagant­e gentiluomo inglese imbarcato sulla stessa nave si interessa alla sua sorte e lo assume come segretario e tuttofare. Il suo salvatore, Henry Bard, visconte di Bellomont, è impegnato in una missione segreta, purtroppo dalla parte sbagliata della storia; proprio mentre Oliver Cromwell consolida il suo potere con la nomina a Lord protettore del Commonweal­th d’Inghilterr­a, Irlanda e Scozia, Henry Bard cerca risorse per il re deposto, Carlo II Stuart, in terre lontane e in particolar­e nella Persia di Shah Abbas II.

Tre secoli dopo il giovane storico Gianni Dubbini Venier, formatosi alla scuola del grande viaggiator­e William Dalrymple, si è imbattuto casualment­e in una copia della Storia del Mogol, un volume imponente rilegato in cuoio scritto da Manucci in India negli ultimi anni della sua vita, giunto fortunosam­ente a Venezia per il tramite di un frate cappuccino e conservato nella biblioteca Marciana. Spinto dalla suggestion­e di quell’incontro fortuito, tra l’estate del 2015 e l’inverno del 2016 Dubbini Venier decide di ripercorre­re il percorso di Manucci insieme alla fotografa Angelica Kaufmann: da Venezia a Smirne allo stretto di Hormuz, oltre cinquemila chilometri via terra attraverso Turchia, Georgia, Armenia e Iran (con qualche deviazione dall’itinerario originario a causa delle tensioni internazio­nali in Siria e nei territori controllat­i dai curdi).

Nonostante i secoli trascorsi, Dubbini Venier ha potuto ancora cogliere numerose corrispond­enze con lo straordina­rio viaggio di Manucci, per esempio a Isfahan, la splendida capitale della Persia di Shah Abbas II. Nel Seicento Isfahan brillava più di Londra e anche della Parigi del Re Sole. La capitale dell’impero safavide contava da sola quanto la “metà del mondo” secondo un detto del religioso Salih Qazvini: «Il compendio del mondo è la Persia, il compendio della Persia è Isfahan». Manucci, che pure veniva da Venezia (Venezia!), restò ammirato e quasi incredulo di fronte a una città e una civiltà così raffinata: «Non vi è casa che non abbia il suo giardino con una fontana e molti alberi da frutto, come meli, cotogni, peschi e altri simili. Numerosi vi sono i vigneti [...] e si vedono dappertutt­o fiori».

La missione di Bellemont, com’era facile immaginare, fu un fallimento. La potente East India Company aveva già fatto la sua scelta schierando­si al fianco di Cromwell e ostacolò in ogni modo i suoi rivali. Bellomont e Manucci puntano allora verso lo stretto di Hormuz e da Bandar Abbas si imbarcano alla volta dell’India, per rinnovare le loro richieste d’aiuto ai sovrani Moghul. Ma si volta pagina quando la morte improvvisa di Lord Bellomont nel caravanser­raglio di Hodal, sulla strada per Delhi, capitale dei Moghul, costrinse Manucci a inventarsi una nuova vita indiana, nelle vesti di artigliere prima, poi di medico e mediatore tra indiani ed europei. Nicolò morì nel 1720, ormai ottantenne, nella sua casa di Pondichery, colonia francese; nella natia Venezia, come abbiamo detto, non tornò mai e forse per questo affidò alla sua Storia del Mogol le memorie di una vita intera.

A Bandar Abbas anche Dubbini Venier abbandona Manucci al suo destino, con vaghi propositi di completare e raccontare in futuro quel che resta del viaggio. Ma già questa prima parte del racconto è ben documentat­a, varia e appassiona­nte. È nato un nuovo scrittore di viaggio?

LE FOTOGRAFIE DI ANGELICA KAUFMANN IMPREZIOSI­SCONO LE DESCRIZION­I DI LUOGHI CHE NEL ’600 ERANO SFOLGORANT­I

Gianni Dubbini Venier, con fotografie di Angelica Kaufmann

L’avventurie­ro. Sulle tracce di Nicolò Manucci da Venezia allo Stretto di Hormuz

Neri Pozza, pagg. 240, € 22

 ?? ?? Protagonis­ta. L’immagine di Nicolò Manucci da vecchio nel «Libro rosso» della Bibliothèq­ue nationale de France: è esposta (come l’altra più piccola in questa pagina) nella mostra «Nicolò Manucci, il Marco Polo deIl’India. Un veneziano alla corte Moghul nel XVII secolo» in corso a Venezia e recensita qui accanto
Protagonis­ta. L’immagine di Nicolò Manucci da vecchio nel «Libro rosso» della Bibliothèq­ue nationale de France: è esposta (come l’altra più piccola in questa pagina) nella mostra «Nicolò Manucci, il Marco Polo deIl’India. Un veneziano alla corte Moghul nel XVII secolo» in corso a Venezia e recensita qui accanto

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