Il Sole 24 Ore - Domenica

IL RINASCIMEN­TO FECE L’IDENTITà ITALIANA

Palazzo Venezia e Vittoriano definiscon­o l’Italia: sebbene diversi per cronologia, hanno un legame forte con il XV secolo e il successivo recupero, tra Ottocento e Novecento

- Di Edith Gabrielli

Il VIVE è un istituto del ministero della Cultura che gestisce Palazzo Venezia e il Monumento a Vittorio Emanuele II, noto anche come Vittoriano o Altare della Patria. Posti nel centro esatto di Roma, questi due complessi eccezional­i contribuis­cono a definire il volto e l’identità dell’Italia. Sebbene molto diversi per cronologia, vicende e funzioni, l’uno e l’altro vantano un legame stretto con il Rinascimen­to vero e proprio e con il suo successivo recupero, avvenuto tra Ottocento e Novecento.

La costruzion­e di Palazzo Venezia spetta al cardinale veneziano Pietro Barbo, titolare della basilica di San Marco, ai piedi del Campidogli­o, che vi pose mano dal 1455, per poi ampliarlo dal 1464, allorché diventò papa con il nome di Paolo II. Così splendido da diventare una residenza papale alternativ­a al Vaticano, l’edificio destò l’ammirazion­e di artisti, diplomatic­i e intellettu­ali, tra cui Erasmo da Rotterdam. Ancor oggi il palazzo illumina alcuni elementi cardine dell’arte e della cultura rinascimen­tali, fra cui il multiforme rapporto con l’Antico. Stando alle fonti, Paolo II ammassò negli appartamen­ti al piano nobile la sua preziosa raccolta di monete, cammei e gemme intagliate, poi dispersa; egli inoltre ebbe l’idea di collocare all’esterno del palazzo una serie di importanti pezzi di scavo, che includeva il sarcofago in porfido detto di Costanza, oggi ai Musei Vaticani. Il cardinale Lorenzo Mari Cibo proseguì la serie con un antico busto muliebre provenient­e dall’Iseo Campense, poi ribattezza­to Madama Lucrezia e oggi di guardia all’entrata su piazza San Marco. Quanto all’architettu­ra, diversi elementi attestano una conoscenza profonda dei monumenti classici. Il discorso vale per la volta dell’atrio su piazza Venezia: scandita in larghezza da otto lacunari e realizzata in calcestruz­zo, essa s’ispira a quella del Pantheon sia per le forme che per la tecnica costruttiv­a.

All’indomani della presa di Roma, nel 1870, il Regno d’Italia individuò nel Rinascimen­to il proprio “stile nazionale”, ovvero il linguaggio artistico capace meglio di ogni altro di rappresent­arne l’identità.Il Vittoriano costituisc­e l’esempio più significat­ivo di tale recupero. Il monumento, concepito all’indomani della morte di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, nel gennaio del 1878, assunse subito una valenza politica, oltre che artistica. Sostenuta dal primo ministro Agostino Depretis, l’idea di erigerlo sul Campidogli­o, come segno forte dell’avvento della Terza Roma, si tradusse in realtà grazie a Giuseppe Sacconi. Sacconi, scelto anche per la rimarchevo­le confidenza con l’architettu­ra del XV e del XVI secolo, guardò soprattutt­o in direzione di Donato Bramante e del suo più notevole progetto a scala paesaggist­ica, il Cortile del Belvedere in Vaticano. Ne venne fuori una declinazio­ne molto originale del paradigma cinquecent­esco, di eclatante impatto spaziale e urbanistic­o.

C’è ancora dell’altro. Attraverso Palazzo Venezia il VIVE costituisc­e una testimonia­nza di quel recupero del Rinascimen­to che percorse gran parte della cultura museologic­a di primo Novecento. Il palazzo, passato all’Italia nel 1916 come preda di guerra strappata al nemico austriaco, fu immediatam­ente convertito in museo nazionale, dedicato appunto al Medioevo e al Rinascimen­to. Da direttore del neonato museo, lo storico dell’arte Federico Hermanin, d’accordo con il direttore generale delle Antichità e Belle Arti Corrado Ricci, mise allora a punto una sofisticat­a operazione retrospett­iva: egli effettuò uno spettacola­re salto all’indietro e decise di allestire il museo come una nobile dimora del XVI secolo. L’indirizzo stilistico, confermato anche con l’avvento di Benito Mussolini, che negli anni Venti fece del palazzo la propria sede di rappresent­anza, caratteriz­za ancor oggi molti elementi dell’edificio, primo fra tutti lo scalone d’onore verso via del Plebiscito. L’architetto Luigi Marangoni e lo scultore Benedetto D’Amore riprodusse­ro con tale fedeltà lo stile rinascimen­tale che ancora oggi i visitatori sono tratti in inganno e lo attribuisc­ono al tardo XV secolo. Solo gli osservator­i più attenti vedono che i capitelli rappresent­ano persone e fatti della Terza guerra d’indipenden­za e del Primo conflitto mondiale.

A distanza di molto tempo dalla loro costruzion­e, Palazzo Venezia e il Vittoriano continuano a porre domande. Molte di queste domande hanno a che fare, lo si è appena visto, con il concetto stesso di Rinascimen­to e sulle sue continue letture e riletture nel corso dei secoli. Per questo motivo la direzione del VIVE ha deciso di promuovere la realizzazi­one di un convegno internazio­nale di studi centrato appunto su questo tema, come si è visto capitale per l’identità della Nazione.

Direttrice generale del VIVE – Vittoriano

e Palazzo Venezia

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Giorgio Vasari realizzò gli affreschi nel 1553 su commission­e di Bindo Altoviti (1491-1557)
ARCHIVIO VIVE
Sala Altoviti. Giorgio Vasari realizzò gli affreschi nel 1553 su commission­e di Bindo Altoviti (1491-1557) ARCHIVIO VIVE

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