Il Sole 24 Ore - Domenica

ARTURO MARTINI IMPARò A SCOLPIRE I VUOTI

- Di Ada Masoero

Grandissim­o artista Arturo Martini: un gigante di statura europea, e ogni sua mostra non fa che confermarl­o. Lo ribadisce ancora, a Treviso (dove nacque nel 1889), la rassegna curata da Fabrizio Malachin, direttore del Museo Bailo, e da Nico Stringa, il più autorevole studioso di Martini. Ai 150 suoi lavori della collezione permanente, i curatori hanno aggiunto 130 opere miliari di grandi collezioni pubbliche e private, riunite in un percorso tematico dettato dagli spazi dell’ex convento, che si coagula in focus sui soggetti più spesso ripetuti. Un modello concettual­mente stimolante ma forse di non immediata lettura per il pubblico, a causa degli scarti stilistici che Martini, accanito sperimenta­tore, impresse negli anni al suo lavoro.

La grandissim­a qualità delle opere esposte fa comunque di questa mostra un’occasione da non perdere, sin dall’avvio, dove il bronzo del Figliuol prodigo, 1927, già nella villa di Acqui Terme di Arturo Ottolenghi e Herta Wedekind, impression­ante per la tensione emotiva che emana, è accostato ai Leoni di Monterosso (1934, stessa provenienz­a) in un incipit spettacola­re che si completa con altre due versioni del Figliuol prodigo, una del 1913-1914, di segno ancora espression­ista, l’altra, quasi astratta, del 1937.

Lo stesso accade con un altro capolavoro Ottolenghi, quel Tobiolo, 1933-1934, suggeritog­li da Herta, artista a sua volta (qui il suo bronzetto del 1912), ma trasfigura­to da Martini, che nel 1940 ne creerà un’altra, ben diversa versione. E così è per Ofelia e Il bevitore, e per i due nudi “notturni” (La Pisana, Il sonno) e il plein soleil di Donna al sole. Superba la grandiosa terracotta La veglia, 1931-1932, accostata a due lavori affini, più piccoli eppure monumental­i. Fra i tanti capolavori non mancano le primizie, come il grande gesso La sposa felice, 1930, il velo gonfio di vento, o l’estatico Sacro Cuore, 1929, commission­ato dalla parrocchia di Vado Ligure ma poi rifiutato per l’audacia dell’impianto. E, dopo il Tito Livio e la Donna che nuota sott’acqua, primi anni 40, ecco le ultime sculture (muore nel 1947), astratte queste, in cui Martini non modella più i pieni, ma “scolpisce” i vuoti.

Arturo Martini. I capolavori

Treviso, Museo Luigi Bailo Fino al 30 luglio

Catalogo Antiga, pagg. 280, € 33

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Incontro. «Figliuol prodigo», 1927

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