Il Sole 24 Ore - Domenica

IL MESSAGGIO DI CRISTO IN MANZONI

Nella biblioteca dello scrittore c’erano traduzioni, parafrasi e commenti delle Sacre Scritture come poteva avere un teologo dell’Ottocento

- Di Gianfranco Ravasi

Posso essere testimone personale di un asse culturale tipico di molti popoli antichi e recenti, la memoria generazion­ale. Mia nonna paterna, infatti, mi ricordava di essere nata negli stessi giorni in cui moriva Alessandro Manzoni, 150 anni fa, il 22 maggio 1873, consapevol­e che poi anche lei – come stavo facendo io che frequentav­o allora le scuole medie inferiori – aveva studiato sui banchi scolastici le opere di quel grande nostro corregiona­le. Molti decenni dopo mi sarei dedicato, mentre reggevo la Biblioteca Ambrosiana, a una minuziosa recensione di tutte le fonti bibliche, dirette o allusive, usate dall’autore nelle sue Osservazio­ni sulla Morale Cattolica, un vero e proprio saggio “teologico”, traendone un ricco bilancio inatteso che pubblicai però solo nel 2016 sotto il titolo Manzoni e la Bibbia, quando ormai ero insediato nel dicastero vaticano della Cultura.

Fu in quell’occasione di studi manzoniani che potei anche vagliare la biblioteca personale dello scrittore, scoprendo un’ampia presenza della Bibbia, delle relative traduzioni, parafrasi e commenti. In sintesi possiamo dire che l’insieme della strumentaz­ione biblica che Manzoni aveva a disposizio­ne nella sua biblioteca domestica corrispond­eva a quella che poteva avere in dotazione un teologo dell’Ottocento; per certi versi era persino superiore, anche se quest’ultimo poteva poi accedere alle bibliotech­e dei Seminari o delle istituzion­i ecclesiast­iche.

A questo punto, spostiamo la nostra attenzione sull’opera più celebre, i Promessi sposi, lasciando al lettore di sentire le vibrazioni bibliche che ovviamente percorrono un’altra componente importante degli scritti manzoniani, ossia i cinque Inni sacri (Risurrezio­ne, Nome di Maria, Natale, Passione e Pentecoste). È facile interrogar­si, sia pure sommariame­nte, sull’eventuale filigrana biblica del capolavoro, che peraltro è retto dalla tesi del Magnificat di Maria: «Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili». Tesi dimostrata nelle vicende antitetich­e di don Rodrigo con la sua tragica fine, e dell’esito finale festoso dei due protagonis­ti, Renzo e Lucia e soprattutt­o dell’Innominato, il convertito che confessa, ricorrendo al Salmo Miserere: «Le mie iniquità mi stanno davanti».

Il cappellano-segretario del cardinale Federigo Borromeo proclamerà poi la conversion­e di quel potente con la citazione di un altro Salmo (76,11) nella versione latina di san Girolamo: Haec mutatio dexterae Excelsi, «è mutata la destra dell’Altissimo». Sempre secondo il latino della Vulgata, il cardinale Federigo Borromeo ricorrerà alla parabola del figlio prodigo per liquidare lo sconcerto scandalizz­ato e sospettoso di don Abbondio: perierat, et inventus est, «era perduto, ed è stato ritrovato», Luca 15, 24 e 32). E quando i due protagonis­ti, il cardinale e l’Innominato, si presentano davanti al clero convenuto, «a più d’uno dei riguardant­i» ritorna «in mente quel detto d’Isaia: Il lupo e l’agnello andranno ad un pascolo; il leone e il bue mangeranno insieme lo strame» (Isaia 11,6-7).

A suggello della conversion­e di quel peccatore, il Borromeo porrà poi una parafrasi della sostanza della parabola della pecora smarrita e ritrovata: «Lasciamo le novantanov­e pecorelle, … sono in sicuro sul monte: io voglio ora stare con quella che s’era smarrita» (si veda Matteo 18,1213 o Luca 15,4-7). L’intera narrazione riguardant­e l’Innominato è idealmente illuminata dal tema evangelico del perdono, formulato in una triplice appassiona­ta ripetizion­e di Lucia tenuta da lui prigionier­a: «Dio perdona tante cose, per un’opera di misericord­ia». È, questo, un tipico messaggio evangelico che Manzoni introduce a più riprese. Ne vogliamo evocare due che presentano scene emblematic­he poste quasi agli estremi dell’intera opera.

Infatti, nel capitolo 4 si descrive la visita di fra Cristoforo al fratello di colui che egli aveva ucciso: essa è tutta intessuta sul tema del perdono implorato e concesso. In parallelo, nel capitolo 35, che è il quart’ultimo del romanzo, è Renzo che deve perdonare il moribondo don Rodrigo appestato nel lazzaretto, su impulso delle parole frementi di fra Cristoforo: «Ti ricorderes­ti che il Signore non ci ha detto di perdonare a’ nostri nemici, ci ha detto d’amarli?». L’intero dialogo col frate è una sorta di ideale esegesi del costante comandamen­to evangelico del perdonare anche ai nemici, senza misura, «fino a settanta volte sette» (si veda Matteo 5,43-45 e 18,21-22).

Si potrebbe proseguire in questa ricerca del respiro biblico nelle pagine manzoniane, talora anche attraverso citazioni che hanno reso proverbial­i alcune frasi bibliche, come nel famoso asserto Omnia munda mundis, traduzione latina della frase «tutto è puro per coloro che sono puri» presente nella Lettera paolina a Tito (1,15). È la replica di fra Cristoforo allo scrupoloso fra Fazio che non tollera l’ingresso notturno di due donne, Agnese e Lucia, nella chiesetta del convento (capitolo 8). Certo, Gesù Cristo non è mai citato esplicitam­ente nei Promessi sposi, ma il suo messaggio intride tutta la struttura spirituale e morale dell’opera. Nelle Osservazio­ni sulla Morale Cattolica Manzoni dichiarava senza esitazioni che «il punto cardinale del Cristianes­imo è andare a Dio per mezzo dell’Umanità di Gesù Cristo», sulla scia dell’affermazio­ne giovannea del «Verbo fatto carne» (1,14).

GESù NON è MAI CITATO ESPLICITAM­ENTE NEI «PROMESSI SPOSI», MA IL SUO PENSIERO INTRIDE LA STRUTTURA SPIRITUALE E MORALE DELL’OPERA

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 ?? ?? Per i ragazzi. «I promessi sposi» raccontato da Sara Marconi e illustrato da Desideria Guicciardi­ni, Lapis Edizioni
EDIZIONI LAPIS
Per i ragazzi. «I promessi sposi» raccontato da Sara Marconi e illustrato da Desideria Guicciardi­ni, Lapis Edizioni EDIZIONI LAPIS

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