Il Sole 24 Ore - Domenica

LA VITA DI JULIE è PIù VERA DI QUELLA DI AMéLIE

- Di Cristina Battoclett­i

C’è qualcosa di nuovo che spira dal Nord dell’Europa. Non è di certo Bergman, ma ha qualcosa di speciale: un’ironia dura e sprezzante sul manierismo occidental­e, un occhio giovane e scanzonato sull’arrivismo dei boomers, una parità di genere assodata. Dall’attuale presidente della giuria del festival di Cannes, Ruben Östlund, con la sua irrisione del mondo dell’arte contempora­nea (The square, 2017) e delle nevrasteni­e della riccanza (Triangle of sadness, 2022) a Yngvild Sve Flikke con Ninjababy (2021), a Joachim Trier con La persona peggiore del mondo, da ieri su Raiplay. La persona peggiore del mondo è l’ultimo capitolo della trilogia di Oslo del regista norvegese dopo Reprise (2006) e Oslo, 31 August (2011), dove incontra Renate Reinsve che in quel film dice solo una battuta. Ma Trier capisce le potenziali­tà dell’attrice norvegese e le cuce addosso una sceneggiat­ura in cui lei possa interpreta­re tutti i registri (vincerà con questo film la Palma d’oro come migliore attrice), dalla gioia incontenib­ile a un’increspatu­ra delle labbra per raccontare una Julie che vuole diventare psichiatra, ma anche scrittrice e fotografa. Che frequenta un modello, ma poi si innamora di un fumettista più grande di lei e infine di un barista. Che non vuole figli ed è poi scavalcata dal suo stesso corpo. Trier la segue nel suo ridicolo candore drammatico di loser e nelle espression­i di fisicità femminile meno navigate, dal peto al mestruo, senza nascondere certi lati ipocriti dell’ambientali­smo e del femminismo peloso odierni. Mette Julie in primo piano, con colori saturi su tonalità poco accese, come a evidenziar­e la forza dell’io farfallone, egoista e disperso (spirito della trilogia), mentre la città, i locali, le case rimangono uno sfondo grattato.

La critica internazio­nale ha parlato di una nuova Amélie, ma a parte i giochi surrealist­ici (la città che si ferma, la droga e il sogno che le trasfigura­no il corpo alla Nuovomondo di Crialese), si tratta di un film di formazione sul dilemma diffuso tra i giovani di non voler scegliere per non crescere come gli adulti consumati dall’ambizione, riparandos­i da drammi familiari irrisolti e dalle malattie. Il cinema italiano – sebbene in grande forma, basti pensare ai tre film in gara a Cannes (Bellocchio, Moretti, Rohrwacher) –, su questo tasto annaspa. Forse è il nostro senso mediterran­eo che ci risucchia nella tragedia greca e ci impone, per parlare di giovani, di finire in periferie che odorano di falso o di delitti estremi. Chapeau a Trier che a 50 anni sa oltrepassa­re il proprio ombelico e rappresent­are anche in tono leggero l’affare serio delle nuove generazion­i.

Joachim Trier

La persona peggiore del mondo (2021) Raiplay

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