PERSI NELLA NATURA, CHE SA INSEGNARCI ANCHE LA MORALE
Perché siamo attratti dai fiori selvatici? Cosa rende uno spazio aperto giardino, e cosa no? Sono appena stati ripubblicati due libri straordinari che servono a educare lo sguardo e a imparare come dar senso all’innato senso di curiosità per la natura. Il primo è Fiori selvatici di Henry David Thoreau (Piano B, pagg. 312, € 20). Thoreau (1817-1862), ambientalista ante litteram, americano della prima metà dell’Ottocento, fu filosofo, scrittore, poeta: famoso per la sua pacifica Disobbedienza civile, oltre che per il suo manifesto Walden, vita tra i boschi, una riflessione autobiografica sul rapporto uomo/natura che continua a ispirare generazioni. In questo libro, racconta delle piante che ha incontrato durante lunghe escursioni negli ultimi anni di vita presso Concord. Le sue osservazioni botaniche, registrate accuratamente sui celebri «Journal», parlano di tante piante, come le ninfee che si schiudono al mattino o di rare orchidee terricole palustri. Si tratta di un diario che parte con il mese di marzo, in cui si sciolgono le nevi e la natura torna a pullulare con la forza dei cambi di stagione. Thoreau, descrivendo i paesaggi e i suoi protagonisti, passa dalla condivisione dei suoi stati d’animo, a pensieri filosofici semplici e profondi, quasi orientali, capaci di portare il lettore verso intuizioni spirituali derivate da una visione trascendentale della natura che riesce a trasmettere perfino insegnamenti morali. Thoreau non esita a scrivere che la comprensione delle piante lo ha reso capace di esprimere meglio sé stesso. I fiori selvatici sono fondamentali nella sua vita, tanto da offrirgli la capacità di assumere uno sguardo che non è più solo estetico, filosofico e spirituale, ma anche scientifico. Mi piace molto quando scrive che il paesaggio, quando è osservato per davvero, influenza l’osservatore: è importante ricordarlo in un’era in cui ci stiamo affidando sempre più all’universo digitale.
L’altro libro è Il giardino in movimento di Gilles Clément (Quodlibet, pagg. 308, € 34): l’autore è un noto paesaggista e scrittore francese che compirà ottant’anni questo autunno. Clément sembra essere l’erede di Thoreau: i suoi due libri più celebri, Il manifesto del terzo paesaggio e Il giardino in movimento appunto, seguono la stessa filosofia nel sottolineare l’appartenenza a un mondo più complesso di quello immaginato solo dall’uomo. Questa nuova edizione de Il giardino in movimento, arricchita da fotografie, schizzi e progetti dell’autore, raccoglie esperienze di anni dedicati alla progettazione all’osservazione del paesaggio. In un certo senso desidera perfino dimostrare che il giardino è in grado di sublimare il disegno, fino ad assecondare le trasformazioni che sconvolgono costantemente i piani del progetto. Secondo Clément, la natura del giardino va oltre la forma perché sa tradurre una certa felicità di esistere, non è soggetta alle soffocazioni del progetto.
Dopo aver ripreso in mano questi due capolavori che avevo letto già in passato, ho provato ad annotare le piante che ho incontrato negli ultimi giorni. Col mio lavoro di paesaggista viaggio molto, in poco più di una settimana mi sono spostato in aereo dalla Sicilia alla Lombardia e ho attraversato avanti e indietro l’Italia con l’aereo, l’auto e il treno. Lunedì, Catania: sul cavalcavia che porta dall’aeroporto alla città, ho rincontrato una colonia di Kalanchoe daigremontiana che si allunga sempre più in direzione del traffico. È una pianta succulenta vivipara originaria del Madagascar, il margine delle sue foglie si riempie di plantule che, a un certo punto si rendono indipendenti, si staccano e iniziano a proliferare al contatto con il suolo. L’azione del vento le porta in direzione del traffico e i cloni, si spostano con le macchine. Martedì sui colli fiorentini ho notato che dove avevo evitato di far tagliare l’erba, le orchidee terricole si sono riprodotte in abbondanza: sono decuplicate rispetto all’anno prima. Mercoledì, dal finestrino del treno, ho visto progredire la fioritura dei papaveri in pochi giorni: hanno incominciato a formare lunghe strisciate scarlatte vicino agli edifici delle stazioni, dove godono dell’effetto serra dei muri rivolti a meridione. Giovedì, lungo le strade provinciali romagnole, ho avuto la conferma che certe piante amano crescere sui bordi delle strade, dove si competono la prima fila con le altre specie. È iniziata l’epoca delle profumate Reseda odorata: formano una bella infiorescenza che pare una spiga e sono rinomate piante tintorie da cui è facile estrarre gialli di varie tonalità. Poi, sono stato a Milano dove aspettavo un carico di piante per allestire un giardino temporaneo nel cortile di un palazzo di corso Venezia. Appena ho disposto dei mirti ad albero ancora pieni di bacche, è arrivata una coppia di merli: vanno ghiotti di queste bacche. Così, mentre una folla internazionale era presa dalla settimana del design, grazie a poche piante, questi intelligenti volatili urbani si sono uniti spontaneamente al viavai di progettisti, visitatori, camerieri e tecnici in un unico flusso creativo.