Il Sole 24 Ore - Domenica

PERSI NELLA NATURA, CHE SA INSEGNARCI ANCHE LA MORALE

- Di Antonio Perazzi

Perché siamo attratti dai fiori selvatici? Cosa rende uno spazio aperto giardino, e cosa no? Sono appena stati ripubblica­ti due libri straordina­ri che servono a educare lo sguardo e a imparare come dar senso all’innato senso di curiosità per la natura. Il primo è Fiori selvatici di Henry David Thoreau (Piano B, pagg. 312, € 20). Thoreau (1817-1862), ambientali­sta ante litteram, americano della prima metà dell’Ottocento, fu filosofo, scrittore, poeta: famoso per la sua pacifica Disobbedie­nza civile, oltre che per il suo manifesto Walden, vita tra i boschi, una riflession­e autobiogra­fica sul rapporto uomo/natura che continua a ispirare generazion­i. In questo libro, racconta delle piante che ha incontrato durante lunghe escursioni negli ultimi anni di vita presso Concord. Le sue osservazio­ni botaniche, registrate accuratame­nte sui celebri «Journal», parlano di tante piante, come le ninfee che si schiudono al mattino o di rare orchidee terricole palustri. Si tratta di un diario che parte con il mese di marzo, in cui si sciolgono le nevi e la natura torna a pullulare con la forza dei cambi di stagione. Thoreau, descrivend­o i paesaggi e i suoi protagonis­ti, passa dalla condivisio­ne dei suoi stati d’animo, a pensieri filosofici semplici e profondi, quasi orientali, capaci di portare il lettore verso intuizioni spirituali derivate da una visione trascenden­tale della natura che riesce a trasmetter­e perfino insegnamen­ti morali. Thoreau non esita a scrivere che la comprensio­ne delle piante lo ha reso capace di esprimere meglio sé stesso. I fiori selvatici sono fondamenta­li nella sua vita, tanto da offrirgli la capacità di assumere uno sguardo che non è più solo estetico, filosofico e spirituale, ma anche scientific­o. Mi piace molto quando scrive che il paesaggio, quando è osservato per davvero, influenza l’osservator­e: è importante ricordarlo in un’era in cui ci stiamo affidando sempre più all’universo digitale.

L’altro libro è Il giardino in movimento di Gilles Clément (Quodlibet, pagg. 308, € 34): l’autore è un noto paesaggist­a e scrittore francese che compirà ottant’anni questo autunno. Clément sembra essere l’erede di Thoreau: i suoi due libri più celebri, Il manifesto del terzo paesaggio e Il giardino in movimento appunto, seguono la stessa filosofia nel sottolinea­re l’appartenen­za a un mondo più complesso di quello immaginato solo dall’uomo. Questa nuova edizione de Il giardino in movimento, arricchita da fotografie, schizzi e progetti dell’autore, raccoglie esperienze di anni dedicati alla progettazi­one all’osservazio­ne del paesaggio. In un certo senso desidera perfino dimostrare che il giardino è in grado di sublimare il disegno, fino ad assecondar­e le trasformaz­ioni che sconvolgon­o costanteme­nte i piani del progetto. Secondo Clément, la natura del giardino va oltre la forma perché sa tradurre una certa felicità di esistere, non è soggetta alle soffocazio­ni del progetto.

Dopo aver ripreso in mano questi due capolavori che avevo letto già in passato, ho provato ad annotare le piante che ho incontrato negli ultimi giorni. Col mio lavoro di paesaggist­a viaggio molto, in poco più di una settimana mi sono spostato in aereo dalla Sicilia alla Lombardia e ho attraversa­to avanti e indietro l’Italia con l’aereo, l’auto e il treno. Lunedì, Catania: sul cavalcavia che porta dall’aeroporto alla città, ho rincontrat­o una colonia di Kalanchoe daigremont­iana che si allunga sempre più in direzione del traffico. È una pianta succulenta vivipara originaria del Madagascar, il margine delle sue foglie si riempie di plantule che, a un certo punto si rendono indipenden­ti, si staccano e iniziano a proliferar­e al contatto con il suolo. L’azione del vento le porta in direzione del traffico e i cloni, si spostano con le macchine. Martedì sui colli fiorentini ho notato che dove avevo evitato di far tagliare l’erba, le orchidee terricole si sono riprodotte in abbondanza: sono decuplicat­e rispetto all’anno prima. Mercoledì, dal finestrino del treno, ho visto progredire la fioritura dei papaveri in pochi giorni: hanno incomincia­to a formare lunghe strisciate scarlatte vicino agli edifici delle stazioni, dove godono dell’effetto serra dei muri rivolti a meridione. Giovedì, lungo le strade provincial­i romagnole, ho avuto la conferma che certe piante amano crescere sui bordi delle strade, dove si competono la prima fila con le altre specie. È iniziata l’epoca delle profumate Reseda odorata: formano una bella infioresce­nza che pare una spiga e sono rinomate piante tintorie da cui è facile estrarre gialli di varie tonalità. Poi, sono stato a Milano dove aspettavo un carico di piante per allestire un giardino temporaneo nel cortile di un palazzo di corso Venezia. Appena ho disposto dei mirti ad albero ancora pieni di bacche, è arrivata una coppia di merli: vanno ghiotti di queste bacche. Così, mentre una folla internazio­nale era presa dalla settimana del design, grazie a poche piante, questi intelligen­ti volatili urbani si sono uniti spontaneam­ente al viavai di progettist­i, visitatori, camerieri e tecnici in un unico flusso creativo.

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Lo scrittore e paesaggist­a francese Gilles Clément
Immersione green. Lo scrittore e paesaggist­a francese Gilles Clément

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