#RUBARE L’ANIMA
BREVIARIO
»Mi avete rubato la terra, il cavallo, la donna. Ma non siete riusciti a rubarmi l’anima.
Così aveva replicato il mitico Toro Seduto, capo della tribù dei Sioux, agli invasori bianchi delle sue terre. Le sue sono parole forti che possono essere idealmente scagliate non solo contro i colonizzatori del passato, ma anche ai nostri giorni quando si cerca – come è accaduto in Amazzonia o nei confronti delle minoranze etniche di molte nazioni – di estirpare le loro radici spirituali e culturali. Alla base c’è la deleteria convinzione della propria superiorità rispetto a popoli considerati «primitivi». Come affermava quel capo pellerossa, è un’impresa infame e quasi impossibile cancellare l’anima profonda di una comunità.
In questa linea potremmo allargare il discorso fino a lambire anche la nostra esperienza. Nel suo diario Il mestiere di vivere Cesare
Pavese annotava: «Quando un popolo non ha più un senso vitale del suo passato si spegne. Si diventa creatori quando si ha un passato. La giovinezza dei popoli è una ricca vecchiaia». Purtroppo, noi europei, che abbiamo un’anima ricchissima, stiamo sempre più seppellendola sotto il manto grigio della smemoratezza o sotto le macerie di un consumismo che ha come unici valori «la terra, il cavallo, la donna», ossia il possesso e il dominio. E, invece, è solo col patrimonio spirituale e culturale del passato che riusciamo a raggiungere vette più alte. Non per nulla l’appello biblico per eccellenza è: «Ascolta! ... Ricorda!». Ed è la sorgente per credere e agire nel presente e nel futuro.