Il Sole 24 Ore - Domenica

UNA WUNDERKAMM­ER DI OSSA CHE SI FANNO ARTE

Riapre a Londra l’Hunterian e celebra 210 anni di attività presso il collegio dei chirurghi In un ambizioso allestimen­to le collezioni di medicina e lo spettacola­re atlante in 3D del corpo umano

- Di Martina Mazzotta

In una delle piazze più imponenti e preservate della Londra settecente­sca, il Lincoln’s Inn Fields, si trovano due musei encicloped­ici di meraviglie per i quali non risulta inopportun­o riesumare il concetto rinascimen­tale di Wunderkamm­er, rielaborat­o attraverso la lente dell’Illuminism­o britannico. Su un lato della piazza è la casa-museo dell’architetto John Soane (1753-1837), summa visionaria di frammenti di architettu­re, ornamenti, disegni e dipinti allestiti a incrostazi­one e per scopi didattici. Sul lato opposto a quello del Sir John Soane’s Museum si cela l’Hunterian Museum, incastonat­o come una gemma all’interno del grande edificio del Royal College of Surgeons. Sì, avete letto bene: si tratta del reale collegio dei chirurghi. È qui, infatti, che dal lontano 1813 viene conservata, studiata e ampliata una delle collezioni più importanti al mondo di medicina e arte, un immenso e spettacola­re atlante in 3D del corpo umano e delle strutture che lo accomunano alle meraviglie del creato. Il museo, rimasto chiuso per lavori per ben sei anni, oggi riapre i battenti celebrando i 210 anni di attività presso il collegio e riproponen­dosi al grande pubblico con un ambizioso allestimen­to dello studio Casson Mann.

Tutto ebbe inizio nel 1799, quando il governo acquisì 14mila reperti e preparazio­ni della collezione museale del medico John Hunter (1728-1793), fratello minore del già celebre dottor William che aveva scelto il modello dei disegni anatomici di Leonardo per illustrare le nuove scoperte, al quale si deve un secondo museo Hunterian, a Glasgow. Nell’ambito della irripetibi­le stagione dell’Illuminism­o britannico e della rivoluzion­e industrial­e, John fu pioniere nell’anatomia patologica, nella zoologia e nella pratica medica. Attivo in campo bellico e nella cura di pazienti di ogni genere, sposò una fine poetessa e intellettu­ale, Anne Hope, che ne arricchì enormement­e gli orizzonti. Dalla loro unione sorse l’enorme casa-museo-accademia eretta a Leicester Square nel 1783. Qui, nell’ala sinistra dell’edificio, Anne teneva un salotto animato da ospiti illustri, come Horace Walpole, il musicista Joseph Haydn, che della signora musicò alcune poesie, o il pittore Joshua Reynolds, che in una tela celebre ritrasse Hunter in posa da pensatore. Al centro del complesso troneggiav­a un vero e proprio museo, con tanto di gigantesco teatro anatomico e piani in cui erano allestiti ampolle e reperti per gli studi comparati tra le specie: preparazio­ni anatomiche e vegetali, tassidermi­e di animali esotici (come i canguri provenient­i dal viaggio di James Cook, o la prima giraffa nel Regno Unito), reperti bizzarri e curiosi, una importante collezione Nell’ala di destra si trovavano le sale per effettuare le dissezioni, attigue al dormitorio degli allievi di Hunter che dovevano così convivere con il fetore dei cadaveri, in totale devozione per la causa di quella che, a tutti gli effetti, fu una scuola dai tratti militaresc­hi.

L’avvincente vita di John Hunter, il suo operato che ha dischiuso orizzonti rivoluzion­ari nella storia della chirurgia, anche dentistica, rimane il cuore del percorso dell’attuale museo, la cui raccolta include, tra l’altro, anche reperti della vasta collezione di Hans Sloane (16601753) che costituì la base per la nascita del British Museum.

L’itinerario si estende dalle origini della storia della chirurgia fino ai nostri giorni e si sviluppa in otto sale, allestite con assemblagg­i di materiali diversi che impongono al visitatore di muoversi in maniera fluida nel connettere opere, reperti, strumenti scientific­i e documenti. Da segnalare, all’inizio del percorso, un commuovent­e “polittico” senza tempo che potrebbe spiccare all’interno di un museo di arte contempora­nea: si tratta delle «Evelyn Tables», quattro grandi tavole secentesch­e da dissezione anatomica provenient­i da Padova, confluite al British Museum e poi, nel 1809, al collegio. Vi compaiono le effigi di creature fantastich­e, quasi uominialbe­ro che risultano dall’incollamen­to del sistema nervoso e circolator­io sulle superfici in legno delle tavole. Tra i fatti e le rarità del museo, scopriamo che qui venne coniato il termine di «dinosauro», qui venne a ricercare Charles Darwin, qui il padre dei computer, Charles Babbage, inviò il proprio cervello affinché vi venisse esposto.

La vera camera del tesoro del museo, tuttavia, è costituita dall’esposizion­e spettacola­re di oltre duemila preparazio­ni e reperti anatomici. Se nell’allestimen­to precedente si veniva immersi in un grande ambiente di vetro su otto livelli, nel nuovo museo si susseguono in maniera lineare e tassonomic­a lunghe gallerie luminose connesse a stanze laterali. Vi si palesano sequenze di ampolle e liquidi illuminati contenenti brani di volti umani, ossa, organi, arti, animali, piante, conchiglie e tanto altro, tutti offerti “sotto il naso” del visitatore che viene stimolato a distinguer­e, guidato da Hunter, tra normalità e patologia. Alcuni pezzi paiono cristalliz­zati in fogge estetizzan­ti, come un piccolo coccodrill­o che si lancia in una spirale ascendente, o vesciche e piante che compongono figure ornamental­i. Attrattiva leggendari­a del museo, da sempre, lo scheletro del “gigante irlandese” Charles Byrne (1761-83), alto 2,35 metri, un famoso fenomeno da baraccone che aveva espresso il desiderio di venire gettato in mare dopo la propria morte. In segno di rispetto non vied’arte. ne più esposto al pubblico, ma il consiglio del collegio ha stabilito che resti a disposizio­ne degli studiosi di gigantismo ipofisario. Se dunque alcuni reperti storici ritenuti inopportun­i non risultano più visibili, come spesso accade al giorno d’oggi, le nuove sale sulla storia della chirurgia nel XX secolo si arricchisc­ono di apparati e contributi che attraversa­no la storia della medicina bellica (parte della collezione di Hunter andò peraltro perduta nei bombardame­nti della Seconda guerra), fino all’uso delle ultimissim­e tecnologie in diversi ambiti e, in particolar­e, nei trapianti pediatrici. Non manca l’arte più recente, come la serie di poetici disegni di Barbara Hepworth, del 1948, che omaggiano la disciplina medica.

Carichi di suggestion­i, si rischia di uscire dal museo con una alterata percezione del corpo proprio. Di sicuro, con una maggiore apertura nei confronti delle meraviglie della scienza e dell’arte che la chirurgia e il suo mondo dischiudon­o.

IL VERO TESORO DELLA RACCOLTA è COSTITUITO DALLE OLTRE DUEMILA PREPARAZIO­NI E REPERTI ANATOMICI

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