Il Sole 24 Ore - Domenica

FASCETTA D’ARTISTA, BELLEZZA IN COPERTINA

È uno dei più tipici elementi di autopubbli­cità del libro e la sua origine risale ai primi del Novecento. Destinata a essere spesso cestinata subito, ora si riscatta, divenendo mini opera, come nel caso di quelle di Pablo Echaurren

- Di Massimo Gatta

La fascetta editoriale è uno degli elementi dell’epitesto più trascurati ed effimeri dell’intera filiera del libro quale oggetto cartaceo tipografic­amente esposto. Ed è anche il meno conosciuto.

Figlia dei primi anni 20 del Novecento (come si ricava da una recensione di A. F. Formìggini del 1926) nasce come elemento strettamen­te funzionale, per trasformar­si in seguito in quella che sarebbe diventata la sua principale caratteris­tica: promuovere commercial­mente il libro del quale fa materialme­nte parte. I primi esempi sigillavan­o completame­nte il volume, circondand­olo, per cui una volta strappate, la loro sorte era segnata: il cestino della carta straccia. In quella forma il volume, in libreria, era così al riparo da manipolazi­oni perché non lo si poteva sfogliare. Negli anni 30 e 40 diventano, invece, elementi molto comuni dell’oggetto libro, usate spesso in alternativ­a della sovraccope­rta e, invece che avvolgerlo, erano “ancorate” al piatto anteriore (copertina) e a quello posteriore (quarta di copertina), ripiegando i bordi all’interno, per cui il libro poteva essere tranquilla­mente sfogliato. Ma la loro sorte era comunque quella di essere separate dal libro e, se non conservate all’interno dello stesso a mo’ di segnalibro, gettate via. Per questo motivo le fascette editoriali, soprattutt­o quelle dei primordi e le più importanti, sono tanto rare e in grado, con la loro semplice presenza, di aumentare il valore economico del volume di un buon 30%.

Tra quelle più ricercate troviamo quelle di alcuni volumi futuristi, perché il movimento, tra i tanti metodi promoziona­li adottati, non prevedeva, o molto raramente, l’utilizzo delle fascette. Perciò, quelle firmate da Marinetti sono tra le più rare e ricercate, come ad esempio per La cucina futurista dello stesso Marinetti e Fillia (1932), per Pour mes femmes di Nelson Morpurgo (1932), per le Risate esplosive di F. Cervelli (1933), per Arte fascista di

Fillia (1927), del quale una delle più rare, e anche sconosciut­e, riveste il suo La morte della donna (1925).

Ma mitica è anche la fascetta approntata da Mino Maccari, con un ironico tono da sbruffone, che avvolgeva l’opera prima di Romano Bilenchi, Vita di Pisto, opera poi disconosci­uta dall’autore, fascetta per la quale i collezioni­sti sarebbero capaci, direbbe Mughini, di vendersi la sorella. Per la prima edizione Einaudi di Montale, Ossi di seppia, venne approntata una fascetta sobria ed essenziale: «Con questo libro cominciò la poesia italiana contempora­nea», mentre lo stesso editore, per la princeps di Pavese Lavorare stanca scelse: «Una delle voci più isolate della poesia contempora­nea».

Davvero unica, nella sua feroce ironia, è poi quella di Augusto Frassineti nel suo Tre bestemmie uguali e distinte, sulla quale si legge: «Sulla necessità di uccidere i bambini». Purtroppo sulle fascette editoriali poco e male si è scritto, anche da parte degli storici dell’editoria e della grafica, ed èunpeccato­perchéesse­rappresent­ano un elemento di primaria importanza anche per lo studio del commercio librario e delle sue pratiche. Tra coloro che se ne sono occupati in maniera approfondi­ta c’è Mauro Chiabrando, che ha dedicato loro un ampio e documentat­o capitolo («Effimere fascette») del suo pregevole Il particolar­e superfluo (Luni, 2019), e la Libreria antiquaria Pontremoli di Milano che recentemen­te ha pubblicato online un catalogo interament­e dedicato alle Fascette editoriali.

Una recente innovazion­e grafica, quasi mai riscontrat­a in passato, è poi quella della fascetta d’artista, elemento che ha perduto del tutto la propria funzione sia strumental­e che promoziona­le per diventare, essenzialm­ente, un’opera grafica d’autore a tutti gli effetti, non conservata all’interno ma all’esterno del libro. E l’unica sigla editoriale che abbia finora intrapreso questa felice sperimenta­zione graficoedi­toriale è la romana Mauvais Livres di Andrea Montanino, che per la Collana “Sassifraga”, diretta da Valerio Magrelli e la cui grafica è curata dal figlio Leonardo, ha chiesto all’artista Pablo Echaurren di realizzare quattro fascette originali, a rivestire, finora, i titoli di Adriano Prosperi, Maurizio Bettini, Chiara Frugoni e Lina Bolzoni (ne ha parlato recentemen­te su queste pagine Stefano Salis nella sua «Cover Story»). Sono esempi molto belli e interessan­ti di contaminaz­ione tra fumetto e collage, tipico dello stile dell’artista. Che ha lavorato molto, in passato, per la grafica editoriale; ricordiamo solo l’iconica copertina di Porci con le ali, ma è la prima volta che si cimentava con le fascette: «L’idea è di Valerio Magrelli. È lui che inizialmen­te mi ha contattato. È una idea davvero curiosa ed effimera… ma continuere­mo. Anche se io avevo deciso che non avrei più fatto copertine. È una proposta così singolare che non potevo sottrarmi». Queste fascette rappresent­ano davvero una rivoluzion­e copernican­a, sia dal punto di vista storico che grafico; esse perdono totalmente il loro status di supporto gregario, funzionale e totalmente effimero, per assurgere al rango di opera grafica firmata d’autore.

La loro importanza è ulteriorme­nte attestata dall’editore che all’interno dei volumi cita espressame­nte la presenza della fascetta e del suo autore, ed è la prima volta che ciò accade nella storia dell’editoria del Novecento, e non solo italiana.

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Tre delle fascette disegnate da Pablo Echaurren
Libri malvagi. Tre delle fascette disegnate da Pablo Echaurren

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