Il Sole 24 Ore - Domenica

PER SIDIVAL FILA IL RIUSO DIVENTA RISCATTO DELL’ARTE

- Di Giacomo Cardinali

Se non ne avessi avuto lesperienz­a diretta, sarei stato il primo a bollare la mostra di un artista contempora­neo in Biblioteca Vaticana come l’adesione a una (discutibil­issima) moda, una provocazio­ne dalla carica già scaduta da tempo o l’estemporan­eo tentativo di uscire da una sorta di saturazion­e classicist­ico-antiquaria. La parodia, pedestre e snob, del più lirico Mallarmé: «La chair est triste, hélas! Et j’ai lu tous les livres».

Giunti però alla quarta esperienza – dopo quelle con Pietro Ruffo, Maria Lai e Irma Boom, è ora la volta di Sidival Fila – ritengo che si possa affermare con onestà intellettu­ale che non c’è nulla di radical-chic o di velleitari­o in questa formula, ma anzi un’intuizione capace di reggere il peso dell’operazione e di schiudere scenari avventuros­i quanto inattesi. Il motivo risiede nel ruolo che un artista, ed esso solo, ha per l’autocoscie­nza di una istituzion­e come la Vaticana. Egli è, da un lato, esponente e insieme interlocut­ore del mondo contempora­neo, ne possiede il linguaggio e ne indaga pensieri e movimenti, standovi saldamente immerso dentro. Poi, l’artista è quasi sempre estraneo al nostro patrimonio e all’atteggiame­nto scientific­o ed erudito col quale lo si indaga. È un corpo immerso in un bagno a lui fino ad allora ignoto, fatto di collezioni secolari e di un corpo scientific­o interno all’istituzion­e dal quale provengono i tre curatori.

Una volta a contatto con questo mondo, l’artista inizia a individuar­e secondo la propria sensibilit­à e le proprie riflession­i, e ad additare ai curatori, oggetti, temi e prospettiv­e di lettura, che impone alla loro attenzione e che li “costringe” a studiare, in modo da approfondi­re i pezzi selezionat­i e da verificare la tenuta delle sue intuizioni anche sul versante scientific­o e storico.

Sidival Fila consacra una parte della sua produzione alla riflession­e sul trattament­o del frammento, dello scarto, di quello che sopravvive del passato. Recupera frammenti di ricami e tessuti antichi, reinserend­oli su un fondo perlopiù neutro, che non ne ricostitui­sce il contesto di origine né gli garantisce un nuovo impiego, ché la categoria che lo interessa maggiormen­te è quella del “riscatto” e non del “riuso”. La convinzion­e è che l’oggetto, come anche la persona, abbia valore in sé, a prescinder­e dalla sua origine, ma anche dai risultati che può portare o dagli impieghi ai quali lo si può destinare. Una dicotomia, quella tra “riuso” e “riscatto”, che, consegnata ai curatori, si è rivelata una pista di indagine dai risultati sorprenden­ti e che la mostra illustra con manufatti che vanno dal III secolo d.C. al secondo Ottocento, costituiti di marmo, metallo, legno, pergamena o carta, e un arco spaziale e storico che va dalla Cina Manciù ai primi secoli del monachesim­o, dal mondo mediorient­ale a quello europeo, dalla cultura ebraico-talmudica a quella italo-greca, con una speciale attenzione alla cura libraria e al restauro tra XVI e XVIII secolo.

Ne emerge che quella del “riuso” è stata per secoli una costante antropolog­ica, passibile delle più diverse declinazio­ni. Sono visibili casi di riuso fraudolent­o – volumi reintegrat­i in maniera da coprire gli ammanchi che ne avrebbero abbassato il prezzo di mercato – o di riuso d’emergenza, come le monete siracusane ri-battute per avere denaro liquido a disposizio­ne o uno dei ducati coniati in fretta sotto la guida di Benvenuto Cellini per liberare Clemente VII dai Lanzichene­cchi. E poi casi di riuso artistico-decorativo, come i rotoli magici etiopici che Sandro Angelini aveva trasformat­o in installazi­one site specific per la propria residenza, o alcuni aurei romani riadattati a pendenti. Diffusi e molteplici i casi di riuso di fogli, manoscritt­i o a stampa, come elementi costitutiv­i di legature di nuovi libri: si possono ammirare un Digesto del XIII secolo ridotto a striscioli­ne per rafforzare i fascicoli di un altro volume, un rarissimo Talmud di Gerusalemm­e in brachette di ancoraggio, o un intero trattato di geomantica in gharshūnī riadattato a piatto di un manoscritt­o persiano. E poi codici cinesi riemersi da lacche vietnamite, fogli in arabo ritagliati per ricavare imbottitur­e ottomane e monete trasformat­e in medagliett­e devozional­i o spade della salute cinesi.

Si sarebbe tentati di stigmatizz­are un simile atteggiame­nto, ma dalla mostra emerge come questo abbia sì costituito il sacrificio di un’opera in favore di un’altra, ma abbia anche consentito ad alcune di esse di sopravvive­re fino a noi. Ne abbia costituito una specie di “riscatto”. (RE)VERSVS. Riuso e riscatto nel patrimonio della Biblioteca Vaticana e nell’arte di Sidival Fila

Roma, Biblioteca Vaticana

Fino al 15 luglio

Il nostro collaborat­ore Giacomo Cardinali è uno dei tre curatori della mostra (con Simona De Crescenzo e Delio Proverbio). Gli abbiamo chiesto di raccontare le ragioni dell’esposizion­e

 ?? ?? © BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA
Rielaboraz­ione. Raro esemplare di «Talmud Yerushalmi» del XIV secolo ridotto a brachette per l’ancoraggio di fogli (Vat. ebr. 726, f. 6rv)
© BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA Rielaboraz­ione. Raro esemplare di «Talmud Yerushalmi» del XIV secolo ridotto a brachette per l’ancoraggio di fogli (Vat. ebr. 726, f. 6rv)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy