QUANDO ENZO MARI FU STREGATO DALLE LACCHE GIAPPONESI
Enzo Mari entra in contatto con MaruTomi, azienda giapponese specializzata nella produzione di oggetti di lacca, nel 2000, quando incontra il proprietario, Masato Hayashi, attraverso Masanori Umeda e sua figlia Nanae, che all’epoca lavorava nello studio di Ettore Sottsass, con il quale MaruTomi stava sviluppando una collaborazione, presentata poi a Milano. Mari conosce già il Giappone, essendoci stato per la prima volta nel 1969 e avendo cominciato a lavorare con Muji. Ne apprezza i materiali e le tradizioni artigianali, ma non ha mai lavorato con le lacche. Da quell’incontro nasce proprio una produzione legata a questo tipo di lavorazione: una collezione di nove opere, disegnate nel 2001 e portate al Salone del Mobile nel 2002, alla Galleria Milano. Ora tornano ad essere esposte in Europa, disponibili in vendita ciascuna in edizione limitata di sei, alla galleria Giustini/ Stagetti di Roma, esposte fino al 9 giugno nella mostra Enzo Mari, Urushi no Kirameki.
La lacca (urushi, in giapponese) è una sostanza naturale ottenuta dalla linfa dell’albero omonimo, diffuso unicamente in Giappone e nel Sud-Est asiatico. La resistenza e la brillantezza delle superfici sono dovute all’applicazione di molteplici strati alternati a processi di levigatura con pietre e carta vetrata, a cui si aggiunge la lucidatura finale. Alcuni metodi di laccatura richiedono complessivamente più di cento passaggi, eseguiti da maestri specializzati all’interno di stanze sigillate, perfettamente pulite e a temperatura e umidità controllate. La produzione di un pezzo può durare anche dai sei mesi a un anno.
Mari tratta per la prima volta questo tipo di materiale, dimostrando tuttavia una piena consapevolezza delle forme più adatte per enfatizzarne la qualità: superfici a specchio, bordi taglienti e curve morbide caratterizzano i nove oggetti della collezione per MaruTomi. In particolare, la tendenza della lacca a restringersi sullo spigolo era un contrasto che a Mari interessava molto, ha raccontato il proprietario dell’azienda giapponese in occasione della mostra.
Alcune delle forme su cui Mari ha lavorato sono inedite, come le scatole con coperchio Magnifica Uno, Magnifica Due e Segreto, rifinite con la tecnica roiro (laccatura a specchio) e foglia d’oro. Altre attingono invece a progetti precedenti del designer milanese. I 16 animali (Danese Milano, 1957) e i 16 pesci (Danese Milano, 1961) sono qui realizzati in legno zelkova serrata, un’essenza giapponese molto dura: tagliati a mano sono poi lavorati con una laccatura fukiurushi, trasparente, che mette in risalto le venature. I contenitori Forte, Torre, Torre Pendente riprendono invece la famiglia dei Ferri Saldati (Danese Milano, 1958) e presentano la tecnica roiro, mentre Nanae, un quarto di sfera concavo, deriva dal progetto Nias (Danese Milano, 1982) ed è stata finalizzata con la lavorazione nuritate (laccatura lucida e profonda). Mari, oltre al legno zelkova, utilizza il tiglio giapponese e la specie conifera thujopsis dolabrata, anche questa nativa del Giappone. Sceglie inoltre originariamente due diverse tonalità: mogano e caramello, il primo (ta me) è il colore dell’eleganza, ed è quello dei pezzi esposti in mostra, mentre il secondo (shunkei) indica la radiosità.
Dei nove oggetti, due erano stati inclusi – nella forma di prototipi provenienti dallo studio del designer – nella mostra alla Triennale di Milano curata da Hans Ulrich Obrist e Francesca Giacomelli, conclusa nel 2021 e attualmente in viaggio (fino a domani) al museo C-Mine di Genk in Belgio, prima tappa di un tour internazionale. Tuttavia la collezione originale di Mari per MaruTomi, di cui nessun pezzo era mai stato venduto, dopo l’iniziale presentazione a Milano non è più uscita dal Giappone. È stata riportata ora alla luce dai galleristi Stefano Stagetti e Roberto Giustini grazie all’amicizia di lunga data con lo stesso Masato Hayashi.
«L’idea di presentare questi lavori nasce da una nostra intenzione di raccontare un episodio meno noto dell’esperienza creativa di Enzo Mari. Un caso raro di incontro tra un autore occidentale e tecniche artigianali millenarie tipiche dell’Oriente. Enzo Mari ha sempre avuto a cuore la cultura del lavoro manuale, così come ogni forma di alto artigianato. Anche in questo caso sceglie una tecnica preziosa e in via di estinzione in opposizione alla società del consumo e della velocità», commentano i due galleristi. A riprova che un Mari «prezioso» non è da leggersi in contrapposizione al lavoro democratico di Autoprogettazione. Ma rientra nel sostegno al lavoro manuale teso a liberare l’uomo dalla macchina.