Il Sole 24 Ore - Domenica

MOKA, MINI GIOCONDA DAL SORRISO OTTAGONALE

Nata nel Ventennio per modernizza­re il rito del caffè, la caffettier­a è un’icona locale e globale, declinata com’è in varianti per il mercato internazio­nale e per eventi culturali

- Di Elena Dellapiana

utare radicalmen­te il modo di bere il caffè e rappresent­are una delle cosiddette “icone” del Made in Italy sono, fuor di dubbio, gli effetti della macchinett­a ideata nel 1933 da Alfonso Bialetti, titolare di un’azienda di semilavora­ti in alluminio. I due percorsi, le loro connession­i e i cortocircu­iti che vi si leggono sono però anche un buon terreno su cui misurare la costruzion­e, l’invenzione e l’eccezional­e amplificaz­ione del Made in Italy stesso. Nata nel Ventennio, per “modernizza­re”, ovvero rendere più spiccio e meccanico, il rituale del caffè casalingo e soppiantar­e la caffettier­a napoletana, la Moka Express è caratteriz­zata dalla forma ottagonale che guarda ai modelli Déco, e dunque alla Francia patria del prodotto di lusso. Invade poi letteralme­nte le case degli italiani nel Dopoguerra al grido di «sembra facile fare un buon caffè…».

Le campagne pubblicita­rie, i jingle nei Caroselli e il sistema industrial­izzato promossi dal figlio di Alfonso, Renato, che la brevetta nel 1946, portano subito a smerciare un milione di pezzi all’anno, anche fuori dall’Italia. L’idea di utilizzare la pressione dell’acqua in ebollizion­e come nelle macchine del bar velocizza l’operazione e porta il bar a casa, rendendo intercambi­abili diversi momenti della giornata degli italiani: quello della bevanda sorseggiat­a con calma in famiglia o con gli amici, le chiacchier­e con i conoscenti o i colleghi nei locali pubblici o il rapido sorso rivitalizz­ante prima del lavoro o in una pausa. Il tutto comunque inseguendo velocità e efficienza.

Contempora­neamente, e in controtend­enza, proprio a partire dall’immediato Dopoguerra, la cifra identitari­a dell’italianità, anche attraverso i suoi oggetti, attrezzatu­re, abiti, via via per arrivare a cibi e vini, è quella della Dolce vita, di un saper vivere lento, che è in qualche modo la traduzione dell’otium pliniano, da cui discendere­bbe, nella percezione internazio­nale cavalcata prontament­e in patria, l’attitudine alla creatività, ad arrangiars­i con poco per ottenere risultati dotati di genialità cordiale, inventiva scanzonata venata di “sprezzatur­a”, in sintesi il design italiano. «Guai alla macchina che confessa la fatica del proprio lavoro», sentenzia Gio Ponti fin da La casa all’italiana (1933) e lo slogan viene poi usato proprio per accompagna­re una macchina per il caffè espresso, questa volta da bar: la sua Cornuta per Cimbali (1947).

L’andamento a elastico e la contaminaz­ione tra ossimori – veloce e lento, domestico e pubblico, italiano e internazio­nale, tradiziona­le e moderno, semplice ed elegante – e slogan come «l’orgoglio della modestia», divengono, a ben vedere, la spezia che condisce la diffusione e la fortuna globale del “fatto in Italia”: fatto bene, con materiali accuratame­nte selezionat­i, esito di un progetto leggibile e i piedi ben piantati nel terreno della tradizione artistica nazionale. Tutte definizion­i che il sentire diffuso assegna in modo più o meno marcato a una lettura identitari­a, quasi antropolog­ica, degli italiani, che siano prodotti o persone. Italiani che, tornando al caffè, lo utilizzano come attributo, appunto, non tralascian­do mai di portare con sé la moka in caso di trasferte o di lamentarsi della cattiva qualità del caffè all’estero.

Se è palese la coincidenz­a tra la tazzulella e gli italiani, altrettant­o evidente è il fatto che moltissimi dei prodotti autoctoni – materiali o culturali – siano diventati patrimonio globale ormai a prescinder­e dalla loro origine. Da Starbucks il caffè e le sue varianti conservano nomi italiani, con bizzarri neologismi – frappuccin­o – che abbiamo accolto di ritorno, ma sono un prodotto altro, più adatto ai modi di consumo e di socialità nordameric­ani. Miscele e apparecchi italiani per il caffè a casa sono reclamizza­ti, mostrando come sfondo Parigi o

A Mirandola (Modena)

Si chiude oggi a Mirandola l’ottava edizione del Memoria Festival che racconta L’Italia in 50 oggetti (e 50 istruzioni per l’uso). Il testo in pagina è tratto dall’intervento La moka (e l’invenzione del Made in Italy), che Elena Dellapiana terrà oggi, alle ore 21, presso la Sala Ex Cassa di Risparmio. una villa in California, da star internazio­nali salvo definire «peffetto» la bevanda, ritornando in qualche modo alla lingua di Dante.

Abbondano fin dagli albori del Made in Italy caffè e strumenti per lavorarlo e servirlo in diverse declinazio­ni, incluse varianti per il mercato internazio­nale e per eventi culturali: nel 1946 l’azienda milanese Robbiati brevetta e mette in vendita negli Stati Uniti una macchinett­a per il caffè espresso dal sinistro nome di Atomic, di enorme successo. Nel 1980 Alessandro Mendini propone una caffettier­a in versione gigantesca e multicolor nella mostra Design banale alla prima Biennale di Architettu­ra di Venezia. Ancora, nel 1990 Germano Celant e Gaetano Pesce allestisco­no le sale della mostra Creativita­lia - The Joy of Italian Design a Tokyo richiamand­o l’oro nero nazionale: «In cucina un omaggio al rito del caffè, una torre di Babele fatta di caffettier­e e un paesaggio tutto commestibi­le». Per non parlare delle variazioni sul tema della caffettier­a affidate dai grandi marchi ad architetti, designer e stilisti (Sapper, Rossi, Mendini, Dolce&Gabbana...).

Come dire che il caffè è sulla e nella bocca di tutti e si piega a molte narrazioni, indubitabi­lmente italiane ma capaci di adattarsi alle aspettativ­e dei consumator­i – di prodotto e di cultura – internazio­nali, diluendo, meticciand­o e mantenendo le due sfaccettat­ure: locale e globale. Un Italian sounding che, in verità, conviene ai più. E sì, la caffettier­a è un faro del Made in Italy, quello che ci piace perché è diventato di tutti, un po’ come la Gioconda.

NEL 1946 L’AZIENDA ROBBIATI VENDE NEGLI USA «ATOMIC»; NEL 1980 MENDINI PROPONE UN MODELLO GIGANTESCO E MULTICOLOR

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 ?? ?? Inno alla italianità. Niente più del caffè ci rappresent­a e i designer hanno creato nei decenni le moke più belle e divertenti
Inno alla italianità. Niente più del caffè ci rappresent­a e i designer hanno creato nei decenni le moke più belle e divertenti

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