Il Sole 24 Ore - Domenica

DERUBATO A Sé STESSO E ALLA FEDE

- Di Roberto Escobar

RIFLESSI NEL GRANDE SCHERMO

»Il 23 giugno 1858, a Bologna, la gendarmeri­a di Pio IX strappò con la forza ai genitori un bambino di 6 anni, Edgardo Mortara. Nel 1852, malato, era stato battezzato da una serva di casa. Lo aveva fatto per il bene della sua anima, dirà poi lei, per evitare che finisse al limbo. I Mortara erano di religione ebraica, e nello Stato pontificio nessun battezzato poteva essere allevato da chi non fosse cristiano. Portato a Roma, Edgardo fu “rieducato” con la diretta benedizion­e del Papa Re, insieme con altri bambini ebrei sequestrat­i allo stesso modo. Questo racconta Rapito (Italia, 2023, 125’).

Il bene e il male sono i protagonis­ti del film di Marco Bellocchio e dei suoi cosceneggi­atori Susanna Nicchiarel­li ed Edoardo Albinati. Il bene, anzi il Bene – con la maiuscola, assoluto – spinge la serva a battezzare Edgardo. Al Bene si dedica con puntiglio il domenicano Pier Gaetano

Feletti (Fabrizio Gifuni), l’inquisitor­e di Bologna, difensore della Fede e della Verità. Sulla base del diritto canonico, e dell’amore cristiano, il nemico accanito del Male si sente in dovere di far male a

Edgardo (Enea Sala da bambino, Leonardo Maltese da ragazzo), a suo padre (Fausto Russo Alesi), a sua madre (Barbara Ronchi) e ai suoi sette fratelli. E del Bene si sente orgoglioso portatore e giudice sicuro il Papa Re (Paolo Pierobon). Come sempre accade, le strade verso il Bene portano al male, al male con la minuscola, quello che si fa ai corpi e alle anime di chi si pretende di salvare dal Male. Il male fatto a Edgardo è radicale: lo si deruba di sé stesso, gli si toglie la libertà di costruire la sua vita, lo si chiude in una prigione da cui non potrà e non vorrà più fuggire, e in cui cova una rabbia silenziosa, a tratti esplosiva.

Il bene con la minuscola, il voler bene, è l’altro protagonis­ta di Rapito, un protagonis­ta che Bellocchio fa affiorare silenziosa­mente, al di fuori di qualunque verità di fede. La sua macchina da presa, rispettosa ma netta, non teme assoluti. Perciò, libera dal Bene come dal Male, guarda con occhio sobrio e profondo lo scempio umano di 165 anni fa.

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«Rapito» di Marco Bellocchio. Barbara Ronchi ed Enea Sala, Marianna ed Edgardo Mortara

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