Il Sole 24 Ore - Domenica

SENZA ARMI, MA COL CIBO, L’ITALIANO CONQUISTò IL MONDO

- Di Lorenzo Tomasin

Piaccia o non piaccia – e di solito piace parecchio –, la cucina è uno dei principali vettori di diffusione della lingua italiana nel mondo. Certo, contano anche la cultura musicale, quella artisticoa­rchitetton­ica o – in misura minima, almeno da qualche secolo in qua – quella letteraria. Ma l’arte di preparare il cibo ha dato all’italiano la diffusione che le è mancata per l’assenza d’un imperialis­mo coloniale in età moderna (quando l’Italia non era unita) e dalla riuscita breve e ingloriosa di quello recente. Lingua senza un impero e perlopiù disarmata nella sua diffusione globale, l’italiano è stato portato in giro per il mondo piuttosto da emigranti che da conquistat­ori, e piuttosto da tranquilli cuochi che da bellicosi generali.

Così, sulla copertina di un volumetto dedicato da Giovanna Frosini e Sergio Lubello all’Italiano del cibo, c’è l’illustrazi­one dell’opera di Bartolomeo Scappi, cuoco di Pio V. Uno Sperone da pasticiero, un grata noci, un cortel da pasticier: le armi con cui l’italiano ha pacificame­nte conquistat­o il mondo. La storia dell’italiano in cucina è storia di ricettari, cioè di testi che a partire dal Medioevo raccontano il cibo nella lingua di tutti i giorni. Proprio la spigliata naturalezz­a di alcuni di essi è – si capisce leggendo queste pagine – il punto d’arrivo di un lungo percorso in cui non mancano capolavori, come i sontuosi Banchetti di Cristoforo Messi Sbugo, cuoco del Rinascimen­to. Tutto era iniziato ai tempi in cui i ricettari del Tre e del Quattrocen­to dovevano misurarsi con la tradizione dei grandi cucinieri latini e con quella delle ricette d’altra natura (mediche, alchemiche, magiche). Poi arriverà l’epoca in cui la laboriosa cucina francese influenzer­à anche il modo di scrivere di tanti maestri italiani. Il trionfo della tradizione culinaria italiana e la sua consacrazi­one linguistic­a è La scienza in cucina di Pellegrino Artusi, opera di un romagnolo divenuto cuoco per passione e autore, nel 1891, di un long seller. Raccoglien­do esperienze in mezza Italia durante una vita da commercian­te viaggiator­e, Artusi racconta le ricette della tradizione con tono semplice, schietto, adatto a tutti i palati. E con il suo libro sistema come in un’encicloped­ia gastronomi­ca non solo conoscenze e tecniche, ma anche parole e modi di dire dell’arte di mangiar bene. L’italiano della cucina non è solo pizza (parola d’origine molto controvers­a!) e spaghetti. Arricchita­si nei secoli di materiali provenient­i da tutti i dialetti della Penisola (dal pesto genovese alla fontina piemontese, dalla ribollita fiorentina al cannolo siciliano), ma anche dalle molte lingue con cui è entrata in contatto (bistecca, pasticcio e cotoletta sono parole d’importazio­ne), la gastronomi­a italiana meriterà un grande vocabolari­o di cui gli autori del volume annunciano la preparazio­ne. Abbiamo già l’acquolina in bocca.

Giovanna Frosini, Sergio Lubello L’italiano del cibo Carocci, pagg. 128, € 13

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