Il Sole 24 Ore - Domenica

SPAZIO ALL’IMPRESA NELLA COSTITUZIO­NE

Stefano Ambrosini analizza la presenza della dimensione imprendito­riale nella Carta, consideran­do i singoli settori, il peso dei lavoratori, i problemi più attuali su sostenibil­ità e solidariet­à: i cambiament­i sono radicali

- Di Sabino Cassese

Come sono evoluti i rapporti tra Stato ed economia nell’ultimo cinquanten­nio e a che punto siamo ora? Secondo la “vulgata”, vi sarebbe stata dapprima una ritirata, poi un ritorno dello Stato. Nello stesso arco di tempo, e parallelam­ente, vi sarebbe stato un progresso della globalizza­zione, seguito da una cospicua de-globalizza­zione.

Le cose stanno diversamen­te. È vero che, negli ultimi decenni del secolo scorso, la mano pubblica è arretrata – cioè che l’area occupata da imprese pubbliche si è ridotta –, ma è vero altresì che ancora oggi c’è un ampio numero di società partecipat­e dai pubblici poteri e che, intanto che diminuiva l’intervento diretto, aumentava quello indiretto, cioè che si estendeva la regolazion­e pubblica, affidata a nuovi organismi, chiamati autorità amministra­tive indipenden­ti (ora sono più di una decina).

Sul fronte della globalizza­zione, vi è stata una riduzione del volume del commercio globale e dei rapporti multilater­ali, collegata all’accorciame­nto della lunghezza delle catene globali del valore (reshoring), ma i sistemi regolatori globali sono tutti ancora in vita e in molti casi ci sono rafforzati, sotto la pressione di crisi che gli Stati non potevano affrontare da soli, come quella ambientale, quella sanitaria e quelle economiche.

Su tutta questa materia, giunge ora un’opera della scuola torinese di diritto commercial­e, destinata alla didattica, ma che fa il punto della situazione, leggendo in controluce le disposizio­ni della Costituzio­ne italiana del 1948 e consideran­done l’attualità nell’ottica degli eventi ultimi quali, ad esempio, il caso Ilva, l’introduzio­ne della golden share e poi del golden power, il caso Alitalia e quello degli aiuti alle imprese nel contesto della guerra russo ucraina, e gli interventi in materia di sostenibil­ità (Esg).

Il libro parte dall’analisi dell’equilibrio tra impresa e lavoro, esamina le nozioni di iniziativa economica privata, di intervento dello Stato e di tutela della concorrenz­a, considera i singoli settori presenti nella Carta costituzio­nale, quali cooperazio­ne, artigianat­o, impresa agricola e impresa bancaria, passa ad esaminare le disposizio­ni sulla partecipaz­ione dei lavoratori alla gestione delle imprese e i problemi ultimi, quali quelli sulla sostenibil­ità e sulla solidariet­à.

L’autore spiega che la Costituzio­ne vigente è inattuale a causa di radicali cambiament­i della realtà: la sua “curvatura sociale” e il fatto che non menzioni la parola imprendito­re, mentre configura una economia mista, non regge al mutamento degli scenari economici (l’indice di vecchiaia, il ricambio della popolazion­e attiva, l’indice di dipendenza struttural­e, la denatalità, l’ampio numero di persone che non sono né al lavoro, né nel sistema di istruzione, né in quello di formazione). Lamenta che la «libertà di iniziativa economica privata» non copre l’autonomia contrattua­le. Osserva che l’«utilità sociale» deve coprire altri campi, come quello della sostenibil­ità e della salute. Riconosce che la costituzio­ne economica è oggi principalm­ente quella europea. Segnala il pendolo dallo Stato imprendito­re allo Stato regolatore. Critica la mancanza di una politica industrial­e a medio e lungo termine. Esamina

come le liberalizz­azioni e le privatizza­zioni sono state seguite dall’introduzio­ne di strumenti regolatori come la golden share e il golden power. Dà largo spazio alla disciplina della concorrenz­a, legittimat­a dall’articolo 41 della Costituzio­ne, ma regolata dalla normativa europea e, dal 1990, anche da quella italiana, che però entra in conflitto con il largo numero di concession­i. Infine, esamina i settori ai quali la Costituzio­ne fa specifico riferiment­o, cooperazio­ne, artigianat­o, impresa agricola e impresa bancaria, dedica un intero capitolo alla partecipaz­ione dei lavoratori alla gestione e alla tutela del lavoro nella crisi d’impresa, esaminando il modello tedesco e le proposte dei sindacati.

È abbastanza chiaro che nell’attuale assetto dei rapporti Stato economia non tutto va bene, come è stato messo in luce da ultimo da Mario Draghi, il quale, parlando della «politica economica in un mondo che cambia» il 15 febbraio 2024 al Nabe, Economic Policy Conference di Washington, ha notato che «il nostro modello di globalizza­zione conteneva anche una debolezza fondamenta­le […]; le organizzaz­ioni internazio­nali create per supervisio­nare l’equità del commercio globale non sono mai state dotate di indipenden­za e poteri equivalent­i [a quelli delle autorità europee]». Di qui una squilibrat­a «compliance» da parte degli Stati, che ha prodotto numerose conseguenz­e. Le conseguenz­e della scarsa conformità a regole condivise sono state – secondo Draghi – economiche (mercati del lavoro fiacchi, investimen­ti pubblici in calo, diminuzion­e della quota di manodopera e delocalizz­azione dei posti di lavoro), sociali (segmenti dell’opinione pubblica dei Paesi occidental­i si sono giustament­e sentiti «lasciati indietro» dalla globalizza­zione, che non ha quindi coltivato i valori liberali) e politiche.

Stefano Ambrosini

L’impresa nella Costituzio­ne. Introduzio­ne ai corsi di diritto commercial­e e di diritto pubblico dell’economia Zanichelli, pagg. 186, € 21

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FRANCO MATTICCHIO

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