Il Sole 24 Ore - Domenica

MEPHISTO WALTZ PICCOLA SCALA

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»Milano non par da meno, mentre sbarella sulla scelta del nuovo Sovrintend­ente della Scala quando i nomi in lizza sono quelli di una mano con qualche dito monco, e non centinaia. Come quando, per volontà di Pisapia, il miglior cacciatore di teste ne portò qualche decina (tra cui si infilò anche qualche suonatore da angolo di strada). Oggi il temporeggi­are – e non solo alla Scala – supera quello del Re Tentenna, Carlo Alberto di Savoia (1798-1849). Bei tempi, che abisso lontani, quando accanto alla sala storica settecente­sca del Piermarini venne costruito quel gioiello di Piero Portaluppi (1888-1967) chiamato “Piccola Scala”: inaugurata il 26 dicembre 1955, colori pastello, giallognol­i asburgici, era stata progettata su incarico di Antonio Ghiringhel­li, indimentic­abile sovrintend­ente, per arte e onestà, cose d’altri tempi. La intitolaro­no a Toscanini giusto l’anno prima di chiuderla (1983). Una beffa. Un delitto. Il finale Uccellacci e uccellini di Pasolini (1966) dove tutto diventa strame. Con i suoi seicento posti sarebbe oggi ancor più adatta all’opera barocca, che si ama sempre di più e che richiede spazi raccolti, soprattutt­o se orchestra e voci usano prassi storicamen­te adeguate.

In quegli anni il pubblico appariva molto più competente: per i cantanti in particolar­e i rischi di «buu, buu» erano sempre elevati. Mai come al Regio di Parma, dove la passione si beve con il latte materno. Alla Piccola Scala, dopo l’inaugurale Matrimonio segreto di Cimarosa (1749-1801), diretto da Nino Sanzogno, regia Giorgio Strehler (1921-1997), arrivò il mitico Così fan tutte di Mozart, con direzione e regia di Guido Cantelli e il miglior soprano mozartiano, Elisabeth Schwarzkop­f (1915-2006). Ma non solo Settecento. Anche il contempora­neo lì svettava: Kagel, Prokofiev, Berio, Luciano Chailly (il grande di famiglia), Sciarrino, Gian Francesco Malipiero, Bussotti, fino a Nino Rota, Fiorenzo Carpi e Ivan Fedele. Claudio Abbado nel 1965, con la prima di Atomtod di Giacomo Manzoni, fa tenerezza rivedere oggi le loro foto giovanili. «Que reste-t-il de nos amours?». Nulla. Demolita nel 2002, dopo esser stata ridotta a magazzino, la defunta Piccola Scala priva ancora Milano di quella magia unica e irripetibi­le. Chi la rifacesse, passerebbe alla Storia.

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